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Voto: 6/10 Titolo originale: Weapons , uscita: 06-08-2025. Budget: $38,000,000. Regista: Zach Cregger.

Weapons: la recensione dell’horror psicologico di Zach Cregger

06/08/2025 recensione film di William Maga

Josh Brolin e Julia Garner sono al centro di un film a incastri che parte dalla sparizione collettiva di 17 bambini e si trasforma in un disturbante racconto corale tra paranoia, dolore e violenza sovrannaturale

weapons film garner

Weapons è una di quelle opere che arrivano con il peso di una grande aspettativa e la volontà dichiarata di essere qualcosa di più del semplice horror da multisala. Zach Cregger, dopo il successo di Barbarian del 2023, tenta qui un salto d’ambizione che unisce il thriller corale alla critica sociale, il racconto d’atmosfera al terrore più fisico, la suspense dilatata alla violenza brutale.

Ne viene fuori un film coraggioso, disturbante, stratificato e a tratti profondamente imperfetto, ma sempre capace di evocare immagini, temi e tensioni che si insinuano sotto la pelle e restano lì a fermentare.

La premessa è già di per sé un incubo modernissimo: alle 2:17 del mattino, diciassette bambini della stessa classe di terza elementare si alzano dai loro letti e corrono fuori casa, con le braccia tese come uccelli in volo, per scomparire nel nulla. Nessuna spiegazione, nessun indizio, solo immagini granulate di videocamere di sorveglianza e un’angoscia crescente che si insinua in ogni famiglia del quartiere. L’unico bambino a non scomparire è Alex, taciturno, traumatizzato, e oggetto di mille sospetti e proiezioni.

La maestra Justine, interpretata da una Julia Garner più intensa del solito, diventa ben presto il bersaglio di una comunità isterica, incapace di elaborare la perdita se non cercando un colpevole in carne e ossa. Le scritte di accusa sulla sua auto, le minacce al supermercato, gli sguardi carichi di rabbia sono il primo segnale che Weapons non si limita a raccontare una sparizione inquietante, ma vuole scandagliare le reazioni di una società incapace di accettare il mistero e pronta a bruciare simbolicamente le proprie streghe.

La narrazione, divisa in sei capitoli focalizzati su sei personaggi diversi, costruisce una struttura a puzzle che si completa lentamente, con ogni prospettiva che rivede e rielabora eventi già accaduti. Non è solo un espediente tecnico, ma un modo per spostare continuamente il centro morale della vicenda, rendendo impossibile un punto di vista univoco.

Josh Brolin è un padre devastato e rabbioso, incapace di accettare il vuoto lasciato dal figlio; Alden Ehrenreich un poliziotto disilluso, intrappolato tra la svogliatezza e il fallimento personale; Austin Abrams è lo squallido tossico che si ritrova al centro di un incubo troppo grande; Amy Madigan un’apparizione tra il ridicolo e l’inquietante, grottesca e diabolica, inquietante presenza che segna il punto di rottura con la realtà.

Weapons film 2025Cregger si diverte a destabilizzare, alternando i toni con un gusto dichiaratamente anarchico: un momento è carico di tensione visiva, il successivo virato nella commedia nera; una scena è profondamente umana, la successiva grottesca, esagerata, quasi teatrale. La regia è elegante, lenta, a tratti ipnotica, con carrellate fluide, inquadrature claustrofobiche, composizioni geometriche che amplificano il senso di disagio. Il montaggio è chirurgico nel ritmare le svolte e i twist, mentre la colonna sonora – firmata dallo stesso regista coi fratelli Holladay – pulsa con tonalità opprimenti, eteree, disturbanti.

Ma più che la regia o la costruzione visiva, ciò che davvero rende Weapons un’opera da non accantonare subito dopo la visione è la sua volontà di affrontare, sotto la superficie del genere, temi concreti e attualissimi: il panico collettivo, il senso di colpa genitoriale, il bisogno di spiegazioni razionali di fronte all’irrazionale.

Il film non parla esplicitamente di sparatorie scolastiche, ma lo spettro è lì, presente in ogni scena: nell’aula vuota che riecheggia un trauma collettivo; nel sogno allucinato di un padre che vede un fucile semiautomatico fluttuare nel cielo come una visione divina; nel dolore di una comunità che cerca risposte nel soprannaturale perché le verità terrene fanno troppo male per essere affrontate. Eppure Weapons non è un film ideologico o didascalico: la critica sociale è insinuata, mai predicata, più legata all’atmosfera che al messaggio. È un horror in cui la minaccia reale e quella metafisica si sovrappongono, rendendo impossibile distinguere ciò che è immaginato da ciò che è davvero accaduto.

Quando finalmente arriviamo al terzo atto, Cregger vira con decisione verso il grottesco, alza il volume, svela le carte. La violenza esplode, i corpi si contorcono, le verità vengono svelate, ma non c’è sollievo. Anzi, nel momento in cui il mistero si chiarisce, la tensione cala e la delusione di chi aveva immaginato qualcosa di più profondo può iniziare a farsi sentire.

Non tanto per la qualità della rivelazione – disturbante, originale, quasi folkloristica – quanto per l’effetto che produce: il mistero, in fondo, era più potente della spiegazione. Ma anche qui si può leggere una scelta consapevole. Cregger sembra volerci dire che cercare il perché non serve a esorcizzare il dolore, e che il tentativo di incasellare l’orrore in categorie comprensibili è di per sé fallimentare.

Insomma, Weapons non è un film perfetto. Alcune sue scelte narrative sono ridondanti, certe ripetizioni strutturali appesantiscono il ritmo, e l’ultima parte potrebbe spaccare la platea. Ma è un film che osa, che mette in scena l’horror come linguaggio per parlare del presente, che gioca con la nostra sete di risposte per lasciarci infine in balia del dubbio. È cinema che colpisce allo stomaco ma non rinuncia alla testa, che alterna un’immagine potente a un sorriso beffardo, e che, come un incubo raccontato da un bambino in un angolo del parco giochi, resta addosso anche quando sembra svanito.

Di seguito trovate il full trailer italiano di Weapons, nei cinema dal 6 agosto: