Voto: 5/10 Titolo originale: Wrong Turn , uscita: 26-01-2021. Regista: Mike P. Nelson.
Wrong Turn – The Foundation: la recensione del settimo film della saga, dirige Mike P. Nelson
15/06/2021 recensione film Wrong Turn di William Maga
Il regista prova a reinventare nuovamente la saga dopo sei anni di pausa, ma i buoni propositi sfociano in uno slasher R-Rated estremamente confuso nel messaggio e inutilmente lungo
In un certo senso, il reboot Wrong Turn – The Foundation del 2021 idolatra The Hunt del 2020 (la recensione). Entrambi i film sono infatti sovraccarichi a livello socio-politico, ma dove il feroce attacco trasversale a destra e a sinistra di casa Blumhouse non faceva prigionieri, la reinvenzione targata Mike P. Nelson (di un franchise slasher boschivo che era peraltro già stato ‘riavviato’ …) mescola in modo confuso i suoi messaggi (anti)governativi. Non si tratta più di “rednecks” contro “fighetti di città” e tutti gli stereotipi classisti che ne seguono solitamente.
Lo sceneggiatore Alan McElroy modernizza il concept di Wrong Turn pescando dal ricettario della Guerra Civile e infornando un sciatto stufato di invasioni indigene, esasperazioni millennial e linee di sangue pure che non prende mai posizione contro le azioni di nessuna delle parti sullo schermo.
Condite il piatto con una spruzzata di letargica litania di abusatissimi cliché del genere e la riduzione dei personaggi femminili a mera ‘utilità materna’, e avrete una storia bizzarramente ambigua e sempre così brutale da non premurarsi mai abbastanza di mostrare allo spettatore cosa c’è dietro i discorsi che vuole sollevare.
Jen Shaw (Charlotte Vega) e il suo branco di amichetti della ‘generazione Instagram’ amanti delle gite all’aria aperta iniziano il loro weekend di trekking sugli Appalachi della Virginia come qualsiasi altro (visto su celluloide nella storia del cinema horror …).
Il gradasso di turno, Adam (Dylan McTee), si sente in dovere di insultare un manipolo di locali all’interno di un variopinto bar della zona, il proprietario della locanda mette i ragazzotti di città in guardia dal deviare dai sentieri segnalati, e il fidanzato di Jen, Darius (Adain Bradley) fa perdere tutti quando mentre cerca un forte abbandonato dai tempi della guerra che è, come immaginabile, lontano dai sentieri segnalati.
La leggenda narra che chiunque si aggiri da “quelle parti” senza meta incontrerà “The Foundation”, una comune isolata di consanguinei che vivono secondo codici stabiliti prima che il Nord e il Sud degli Stati Uniti cominciassero a combattere.
Entra così in scena John Venable (Bill Sage), il capo anziano della ‘Fondazione’, che si presenta come una vera minaccia. Una che anche il padre di Jen, Scott (Matthew Modine), si ritrova ad affrontare quando arriva nella zona alla ricerca della figlia, scomparsa ormai da sei settimane.
Concettualmente, Mike P. Nelson e Alan McElroy reinventano la saga – che vantava ad oggi ben sei capitoli – come una caricatura degna dei bei tempi andati del trapper David Crockett di ciò a cui l’America potrebbe assomigliare se non avesse la tecnologia e le ulteriori “distrazioni” che Lord Venable potrebbe etichettare come tali. La Fondazione si impegna infatti a sostenere gli “ideali benedetti dell’America” che hanno definito la sua dichiarazione del 1859, in cui tutti i cittadini lavorano e in cui tutti contribuiscono a una società modellata come fossero una cosa sola.
Senza dubbio, Wrong Turn 7 intende spingere lo spettatore a giustapporre le confuse preservazioni morali dettate dal nostro odio istantaneo per il troll di Reddit, Adam, alla ridefinizione primitiva di un completamente raggiungibile sogno americano. Tuttavia, tale logica fallisce relativamente presto – e molto spesso in seguito – nel giustificare le azioni conflittuali a monte. Che si tratti della scelta di uccidere in modo piuttosto spettacolare la simbolica minoranza queer del cast senza che nemmeno arrivi a pronunciare dieci battute o di una sequenza successiva in cui il background da ingegnere civile di Darius riesce a garantirgli uno scopo ben identificabile. Da notare che, allo stesso tempo, e senza batter ciglio, la protagonista femminile offre il suo corpo come unica ‘qualità’ nonostante abbia due master …
I ‘privilegiati caucasici’ vengono uccisi dai giusti locali ignorandone gli espliciti avvertimenti, mentre i sempliciotti che non conoscono nemmeno il significato delle parole “democratico” e “repubblicano” predicano le virtù di un sistema civile superiore in cui i trasgressori vengono bastonati in faccia a morte. È tutto così contestualizzato pesantemente in Wrong Turn 2021, così esplicitamente tremendo e così incompleto, dato che non sorge mai il desiderio di collegare i puntini insensati del massacro in corso.
Tutto quanto finisce allora per sembra fuori posto, perfino le trame secondarie che si presentano alla porta nell’ultimo atto (quello più addentro ai meccanismi della Fondazione), nelle quasi due ore di Wrong Turn. La crescita – inevitabile – di Jen come final girl, ad esempio, avviene fuori campo con una fretta ai limiti dell’esilarante, mentre il tempo scorre nel lampo di un intertitolo che fa sembrare che qualsiasi disgraziato si sia trovato prigioniero della Fondazione abbia resistito per mesi interi invece che per qualche giorno.
Ciò che alcuni potrebbero considerare “grandi intuizioni” – i discorsi sulla misoginia, i metodi di tortura ciechi della Fondazione, il ribaltamento del solito copione riservato ai villain – finiscono per diventare ridicole, non gradite, introducendo una nuova anima ‘impegnata’ a una saga che mai ne aveva avuto neppure un barlume.
Sarebbe un’intrigante deviazione sostanziale dagli stilemi della serie, almeno sulla carta, comprese le folcloristiche e muschiose divise da caccia e le maschere coi teschi di animali, ma poco comprensibile nel suo tentativo di denigrare l’America moderna. Non è mai chiaro da che parte intenda posizionarsi Wrong Turn, visto che non supporta né potenzia nemmeno quei pochi personaggi a cui lo script offre qualcosa di più di un arco filiforme.
Così, se Wrong Turn è un buffet di opportunità mancate, quel che è peggio sono i reali fallimenti come mero film horror al di là dell’immersione nella superficiale sovversività dell’involucro. Gli effetti speciali creano alcune raccapriccianti sequenze di morte (è pur sempre Rated-R), tra tronchi rotolanti che raggiungono la velocità massima di schiacciamento o crani polverizzati dalla potenza muscolare di un montanaro, ma spesso entrano in azione dopo che il danno è stato inflitto (fuori campo …).
I protagonisti sono invece detestabili all’unanimità, poiché scappano per salvare la propria pelle quando appena il gioco si fa duro, oppure fanno di tutto per guadagnarsi un bel bersaglio sulla schiena, forzando ulteriormente domande sugli eventuali intenti satirici di Wrong Turn, poiché nessuno di loro merita la nostra simpatia come essere umano. Annosa è la questione su come reinventare nel modo giusto una longeva saga arrivato al settimo capitolo, ma – appurato che non provare nemmeno a girare il film non era un’opzione – almeno non affidarsi a dinamiche già viste sarebbe stato apprezzabile.
Un peccato, davvero, perché l’acconciatura immacolata di Bill Sage senza una sola ciocca fuori posto potrebbe valere da sola il prezzo del biglietto, per non parlare del suo ritratto selvaggio di un leader spietato, di icona della moda animalier e di bastardo accigliato dai tratti bestiali. Nessuna possibilità di competizione per il bolso padre di famiglia 62enne Matthew Modine.
In sintesi, Wrong Turn è l’ennesimo horror generico con una pittoresca setta al centro, che pensa di essere più intelligente degli altri soltanto incrociando il suo cammino col violento passato degli Stati Uniti, rinverdendo i suoi anni di gloria orgogliosi e barbarici.
Il regista Mike P. Nelson (già dietro alla mdp per The Domestics) mette in risalto ambiziosi richiami nostalgici in una storia che col concetto primigenio di Wrong Turn ha in comune praticamente solo il titolo, adottando un approccio patriottico-punitivo che finisce per pisciare fuori dal vaso per un’opera di questo tipo. Oltretutto, è inutilmente troppo lungo, con un ritmo sbagliato, specie quando si tratta di mostrare quello per cui il pubblico l’ha probabilmente iniziato.
Il regista avrebbe potuto suscitare risposte più viscerali da una più serrata lotta tra studentelli metropolitani ‘da raddrizzare’ e protettori di antichi valori del suolo americano. Un concept che, al di là dell’esecuzione, avrebbe dovuto instillare connessioni più forti tra paure nostrane e credenze arcaiche. È un peccato che il film faccia un lavoro migliore nel venderci la vita di un’isolata setta dei boschi che nel redimere l’umanità, conducendoci per mano alla considerazione su come Wrong Turn finisca irrimediabilmente per marciare fuori dal tracciato, lasciandoci pensierosi su cosa in effetti volesse comunicarci.
In attesa di capire quando lo vedremo dalle nostre parti, di seguito – sulle note dell’inno nazionale americano – trovate il trailer internazionale di Wrong Turn – The Foundation:
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