Voto: 6/10 Titolo originale: Betaal , uscita: 24-05-2020. Regista: Patrick Graham. Stagioni: 1.
Betaal | La recensione della miniserie horror indiana (su Netflix)
25/05/2020 recensione serie tv Betaal di William Maga
Il regista inglese Patrick Graham (già dietro alla serie Ghoul) e la Blumhouse realizzano un prodotto di genere dal grande potenziale, scegliendo purtroppo la via più semplice e banale per affrontarlo
In una scena involontariamente comica durante un intenso scontro con un’orda di zombi (i Rakshasa), uno dei comandanti della squadra di soldati al centro di Betaal, miniserie originale action-horror indiana di Netflix (con lo zampino della Blumhouse), urla qualcosa del tipo: “Gli inglesi hanno rubato il nostro lavoro, rubato l’oro, rubato la terra e ora ruberanno anche i nostri fantasmi!”. Non si può evitare di sorridere all’esclamazione, considerato che queste creature non morte dovrebbero far parte di un reggimento di giubbe rosse della Compagnia delle Indie Orientali, che hanno ‘conservato’ in naftalina i loro corpi e quello del tenente colonnello John Lynedoch e un arsenale di arcaici proiettili per quelli che ora appaiono più che altro come caricature di cadaveri ambulanti che esseri ultraterreni letali e desiderosi di vendetta (non anticipiamo nulla di più, per non rovinare l’ilare sorpresa di come si comportano, ma certo George A. Romero non l’avrebbe presa molto bene …).
In sostanza, gli inglesi se ne sono andati da anni, ma un tunnel maledetto e i loro ‘sé’ zombificati rimangono ancora bloccati in quel luogo, vestigia di un passato che ritorna – letteralmente. Quando l’avidità corporativa decide di mostrare la sua faccia peggiore in pubblico, abbiamo tra le mani una situazione in cui le povere popolazioni rurali e superstiziose della foresta di Campa vengono spintonate ai margini con la forza bruta, e le loro terre sottratte senza troppi complimenti per soddisfare un ‘bene’ superiore, aka il dio denaro e la politica.
Il potente commento sociopolitico nel primo episodio di Betaal, intitolato non a caso The Tunnel, lascia intendere una continuazione interessante e pregna di significato. Tuttavia, già nel successivo The Barracks tale promessa si sgonfia velocemente, lasciando il posto a uno sviluppo prevedibile e deludente. Il tema dell’usurpazione dei territori tribali, la privazione del diritto di voto dei locali, i sinistri affari stipulati per accusare falsamente chiunque osi opporsi a quanto sta accadendo, come i ribelli maoisti naxaliti o gli antinazionalisti, è un toccante promemoria di ciò che sta effettivamente accadendo da quelle parti negli ultimi anni.
La comandante Tyagi (Suchitra Pillai) prende il comando, mentre ordina al suo superiore, Vikram Sirohi (Vineet Kumar), di dirigere le operazioni del processo di evacuazione e ottenere così la ‘bonifica’ di un tunnel, sigillato per qualche ragione, affinché il progetto di costruzione di una strada possa finalmente procedere. Sirohi è un uomo tormentato, che combatte i propri demoni. I ricordi di una ragazzina che urla continuano a perseguitarlo mentre noi ci chiediamo cosa potrebbe aver lasciato una cicatrice così profonda nella mente del militare.
Coraggioso e coscienzioso, Sirohi esita quando ritiene che gli ordini ricevuti siano un po’ troppo estremi per la situazione che sta affrontando, ma come spesso accade, essendo parimenti un ‘buon soldato’, è tenuto a svolgere tali compiti senza indugi e senza fare troppe domande. Questa angolazione di totale sudditanza verso l’autorità superiore e alla lealtà indiscussa che viene propugnata come la più alta tra le forme possibili di patriottismo e governo è un altro tema – parimente scottante e pungente – che attraversa tutte i 4 episodi (per 3 ore complessive) di Betaal, eppure la sceneggiatura non riesce mai a focalizzarlo adeguatamente, lasciandolo puramente a galleggiare in superficie.
Piuttosto, è la ‘maledizione di Betaal’ a incombere sui nostri schermi. L’inglese Patrick Graham, che ha scritto la miniserie insieme a Suhani Kanwar e si è anche occupato personalmente della regia dello show con Nikhil Mahajan, cerca di imbrigliare e concentrare l’attenzione solo sugli aspetti più facilmente paurosi della vicenda, ricorrendo a una prevedibile dose di gore e ai consueti jumpscare invece che capitalizzare il potenzialmente ben più pregno commento sociale. In effetti, quello che era già accaduto lo scorso anno con Ghoul, altra miniserie ‘from India’ da lui curata (la recensione).
Il tono di Betaal spazia così tra il terrificante / bizzarro e l’involontariamente divertente, con dialoghi che si regolano di conseguenza (ad esempio, “questa sarà una Brexit dura!“. Anche la semplificazione eccessiva della trama è un altro problema. Ogni volta che un personaggio è posseduto da un’energia diabolica, ci viene dato un indizio – da quel personaggio stesso” – della piega che prenderanno le sue azioni. E tutte queste anticipazioni prendono una ulteriore brusca virata comica quando i capelli di qualcuno diventano improvvisamente bianchi dopo un attacco di zombie particolarmente energico, con un altro che commenta: “Deve essere stato uno shock!”. Ah, davvero?
Mentre la storia di Betaal si sposta alla periferia del soprannaturale, il direttore della fotografia Tanay Satam indugia deliberatamente – e giustamente – su elementi folkloristici dell’arte tribale, sugli interni scuri e in decomposizione delle caverne con le porte decorate e le sculture spaventose, ma poiché siamo a malapena coinvolti emotivamente in una vicenda in cui un grosso libro illustrato con elaborati disegni e scritte ci anticipa come reagiranno i non morti che vedremo, l’effetto sorpresa viene ampiamente rovinato, con conseguente privazione di qualsiasi afflato di autentico terrore. In effetti, anche il pur minimo interesse suscitato da un prodotto ‘esotico’ proveniente dall’India viene presto meno, affogato tra scelte di regia banali e dialoghi risibili.
E’ un peccato, perché le musiche di Benedict Taylor e Naren Chandavarkar si impegnano nel restituire adeguatamente uno scenario misticheggiante esoterico, come pure i protagonisti Vineet Kumar, Ahana Kumra, Suchitra Pillai, Jatin Goswami, Manjari Pupala e Jitendra Joshi fanno del loro meglio, impegnandosi per dar vita a personaggi stereotipati e monodimensionali, che non evolvono di un passo.
In definitiva, Betaal lambisce idee impegnate, ma lo fa in modo scadente, scegliendo piuttosto di imboccare la strada meno stimolante per integrarle all’interno di una classica narrazione di zombie.
Di seguito il trailer internazionale di Betaal, nel catalogo di Netflix dal 24 maggio:
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