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Voto: 7/10 Titolo originale: Copenhagen Cowboy , uscita: 05-01-2023. Stagioni: 1.

Copenhagen Cowboy: la recensione della miniserie crime di NW Refn (su Netflix)

05/01/2023 recensione serie tv di William Maga

Il filmmaker danese porta sul piccolo schermo un'opera intrisa della sua poetica, in cui si muove oscura e ammaliante la protagonista Angela Bundalovic

Copenhagen Cowboy serie 2023

Cominciamo col dire che il titolo Copenaghen Cowboy è fuorviante per due motivi. Il primo, è che nella miniserie in 6 episodi appena finita in esclusiva su Netflix dopo la presentazione all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, della capitale danese c’è ben poco. Il secondo, che nessuno se ne va in giro a cavallo con una Colt infilata nel cinturone e gli speroni sferraglianti ai piedi. Siamo però completamente dentro all’universo noir e post-moderno di Nicolas Winding Refn, un’ipnotica storia di cani sciolti figlia bastarda nata dall’unione tra la sensibilità pulp di Quentin Tarantino e quella ermetica di David Lynch.

Questo è il primo lavoro dell’autore danese non in lingua inglese dai tempi della trilogia criminale di Pusher, che lo aveva messo sul radar degli appassionati come nuovo ragazzo prodigio del genere a metà degli anni Novanta. Con NWR si sa bene dove NON si è: non si è vicini al mondo reale dei negozi, dei caffè e dei lavori ‘normali’. Elogiato unanimemente grazie a Drive, la sua opera è sempre stata imbevuta del DNA della violenza e della vendetta archetipiche.

Copenhagen Cowboy serie posterSe avete seguito il percorso artistico di NWR, saprete che non figurano molte donne nelle sue storie di malavitosi spietati e di vigilanti tutti d’un pezzo, o comunque non ce ne sono dotate di un qualche tipo di iniziativa.

Per The Neon Demon, un horror ambientato nel mondo dell’alta moda e della bellezza, aveva così chiesto alla drammaturga britannica Polly Stenham di occuparsi di questo aspetto. Ma tutto cambia con Copenaghen Cowboy, la cui protagonista femminile è una figura androgina e non sessualizzata capace di emanare una potenza enigmatica.

Si comincia, in modo poco promettente, in una porcilaia. Con una colonna sonora composta non dai soliti synth ma da strilli suini, una donna in tacchi a spillo viene lentamente strozzata a mani nude. Non vediamo il suo volto, né quello del suo assassino. Dopo questo terribile approccio – una citazione ammiccante ad ogni altro dramma criminale misogino – tagliamo su un’auto che scivola nella notte rurale.

Sul sedile posteriore c’è una donna dagli occhi enormi, i capelli corti e un’espressione impassibile a cui è meglio abituarsi perché, a parte qualche strano guizzo di sorriso, non cambierà quasi mai negli episodi successivi.

Miu, interpretata da un’ammaliante Angela Bundalovic, sembra essere una sorta di ‘portafortuna’, assunta da una donna serba che ha superato da tempo il suo picco di fertilità per benedire i suoi lombi e ‘metterla’ incinta. La donna senza figli si rivela essere la sorella di un brutale pappone che gestisce un bordello di campagna. Non c’è da stupirsi che non riesca a concepire: il suo grasso e sudicio marito grugnisce letteralmente come un maiale.

Quei versi animali sono il primo segno evidente di molti che Miu non si trova nella stessa Danimarca di Sarah Lund o di Birgitte Nyborg. Nicolas Winding Refn ambienta Copenhagen Cowboy in vaste stanze vuote che potrebbero essere ovunque: un magazzino remoto, un castello baronale, un Mc Drive. Per disorientare ulteriormente lo spettatore, il filmmaker lava ogni interno con i tipici filtri rossi o blu, fa ruotare la macchina da presa in tondo come su una giostra o la immobilizza così a lungo che le sue inquadrature finiscono per assomigliare a fotogrammi della copertina di un album.

La macchina da presa si sofferma più a lungo sullo sguardo fisso di Miu, come se cercasse di scrutare nella sua anima. “Sei una persona strana”, le viene detto. Ma chi è veramente? Mentre la sua storia si dipana in un viaggio picaresco attraverso i gangli della malavita locale (fugge dal bordello alla fine del primo episodio), Miu potrebbe essere qualsiasi cosa: una veggente elfica, un folletto ninja, un vampiro diurno, una donna caduta sulla Terra dallo spazio.

Copenhagen Cowboy serie refn 2022Potrebbe anche essere un cowboy, inviato in città a vendicare il suo genere per i peccati commessi dai maschi. Tutto muscoli e tatuaggi, insulti e minacce, il machismo tossico è messo in mostra in Copenhagen Cowboy in una miriade di forme: un pappone serbo, un boss del crimine cinese, un uomo danese che predica il potere primordiale del pene al suo figlio assassino.

La trama, piuttosto solida nonostante tutto (e che potrebbe essere facilmente esaurita in un’ora), è secondaria rispetto allo stile. La storia delle origini soprannaturali di Miu si consolida solamente nell’episodio finale, quando alcuni spettatori avranno ormai già perso la pazienza per il ritmo glaciale della narrazione e per l’aura di amor proprio emanata da NWR – che si ritaglia anche un cameo muto – che tutto inevitabilmente avvolge.

Se si decide di rimanere in attesa, però, accettando di essere ipnotizzati – e anche sconcertati – dalla narrazione, si arriverà a capire come Copenhagen Cowboy è esattamente come molte altre odissee soprannaturali che si perdono all’interno del loro stesso labirinto. Non ha idea di come arrivare all’uscita, se non facendo spallucce e alzando un unico, indisponente dito in direzione dello spettatore.

Di seguito trovate il full trailer internazionale di Copenhagen Cowboy, nel catalogo di Netflix dal 5 gennaio: