Voto: 5.5/10 Titolo originale: Emerald City , uscita: 06-01-2017. Stagioni: 1.
Emerald City (stagione 1): la recensione della serie che ci riporta nel magico mondo di Oz
24/04/2020 recensione serie tv Emerald City di Ghismore
Il regista Tarsem Singh e la protagonista Adria Arjona portano sul piccolo schermo una nuova versione della storia raccontata nei romanzi fantastici di L. Frank Baum
Si conclude senza lieto fine l’esperienza sulla piattaforma Amazon Prime Video per Emerald City, serie TV del 2016 prodotta per NBC e firmata Matthew Arnold e Josh Friedman. Si legge tutta l’adrenalina e l’azione voluta proprio da quest’ultimo, sceneggiatore e produttore statunitense che ha sceneggiato tra l’altro opere votate all’action come Terminator: The Sarah Connor Chronicles (la recensione) e il recente Terminator: Destino Oscuro (la recensione) e ha vinto addirittura un premio Pulitzer con un report fotografico sulla fame in alcune popolazioni africane.
Come molti avranno notato, sono stati proprio gli Amazon Studios ad annunciare ai sottoscrittori la rimozione della serie a partire dal 30 di aprile 2020, dopo aver soggiornato sul portale di e-commerce più potente del mondo nella sezione Prime Video per due anni (è entrata a catalogo l’1 maggio 2018). Per capire le ragioni di questa scelta, al di là delle spinte più commerciali, ci sembra quindi doveroso capire come si sia arrivati a questa situazione, analizzando quella che è la trasposizione più recente ispirata alla saga dei romanzi del ‘ciclo di Oz’ e probabilmente una delle meno riuscite.
Tralasciando l’imprinting classico del film del 1939 diretto da Victor Fleming (sì, lo stesso di Via col Vento), Emerald City è effettivamente l’adattamento di uno dei libri pubblicati da L. Frank Baum, uno dei tanti da lui scritti, che però non ha nulla a che vedere con la vecchia pellicola americana.
È uno show in 10 episodi assolutamente godibilissimi nella loro leggerezza, nulla a che vedere con le trame intricate alla Il Trono di Spade (sebbene ne ‘prenda a prestito più di un’idea, specie per i costumi) soprattutto grazie ai tempi brevi (circa 40 minuti di durata), che non la rendono così ‘impegnativa’. Impossibile però iniziarla da un episodio che non sia il primo. Tutto è strettamente collegato, la narrazione è orizzontale e la storia spezzettata nei vari episodi in maniera dosata.
Come accennato, Emerald City è l’adattamento di un libro pubblicato nel 1910 e facente parte della saga del magico Mondo di Oz, ma la storia risulta differente da come ce la immaginiamo, nel senso che non si tratta del ‘solito’ Il Meraviglioso Mondo di Oz che tutti conosciamo, e i ruoli dei personaggi sono spesso invertiti.
Dorothy, interpretata da una versione meno popolare di Jessica Alba (ovvero, Adria Arjona), è un’infermiera e non solo la semplice ragazzina di campagna del Kansas; è già una donna di oltre vent’anni e questo le fa perdere tutta l’innocenza fanciullesca che caratterizzava il suo personaggio nell’immaginario cinematografico. Non ha nemmeno le tipiche scarpette rosse e il sentiero di mattoncini gialli appare piuttosto sbiadito, quasi come se la stessa storia non fosse altro che una semplice e debole allusione a se stessa.
Tuttavia, quello che fa, o non fa, è trattato con un certa sufficienza e questo la fa apparire un personaggio abbastanza piatto, quando invece dovrebbe trascinarci nelle trame che sconvolgono e animano Oz. Oltre che in Emerald City, Adria Arjona è compare anche in un’altra serie dark fantasy degli Amazon Studios, Good Omens (la recensione) e ha ricoperto il ruolo di Emily nella seconda stagione di True Detective, mentre nel 2021 la rivedremo al fianco di Jared Leto nel film Morbius.
Ma torniamo alla storia: Dorothy Gale, originaria di Lucas, Kansas, viene risucchiata da un tornado mentre si trova nella macchina di un poliziotto insieme a un pastore tedesco, qualcosa che ricorda molto sia Io Sono Leggenda che Il Commissario Rex.
Quando Dorothy arriva nel magico mondo di Oz, scopriamo che il veicolo su cui viaggiava ha ucciso apparentemente la Strega dell’Est (Florence Kasumba). In meno di venti minuti, la protagonista giunge a Oz, ammazza una strega, diventa prigioniera della versione fantasy di Ragnar Lothbrok e poi ritrova la libertà.
No, un momento. Tutto questo in soli venti minuti della 1×01?? Sì, dalla prima all’ultima puntata tutto ci viene raccontato attraverso una narrazione rapida orchestrata dal regista Tarsem Singh (The Cell, Immortals), che non permette di calarsi a fondo nel passato dei vari personaggi o di conoscere le diverse sfumature del loro carattere. Sembra piuttosto di assistere una sfilata di ‘maschere’, tipi più che persone, sostanzialmente vuota. Proprio a causa di questa velocità che aggancia Emerald City a un piano abbastanza superficiale, sembra pertanto difficile affezionarsi a qualcuno dei protagonisti, nonostante divertimento e azione non manchino.
Si vede tanto, ma non tutto. Ma non si vedono le cose più importanti. Si vede soprattutto una grande zuppa di streghe che non sono né buone né cattive, tutte al soldo del Mago di Oz (Vincent D’Onofrio), un megalomane che ha forzatamente ‘creato’ il suo ingresso nel regno di Oz auto-nominandosene sovrano.
La candida Strega del Nord, Glinda (Joely Richardson), è in piena menopausa e anche piuttosto irritata per aver perso il suo toy-boy, lo Spaventapasseri (Oliver Jackson-Choen); al suo fianco, la Strega dell’Ovest (Ana Ularu), strega tutta rock e dark assuefatta all’oppio e in perenne crisi di identità, che è esattamente il suo opposto. Di loro si conosce poco o nulla, complice la quasi totale assenza di flashback o flashforward, all’infuori del come il Mago di Oz sia riuscito a giungere in maniera forzata in quel luogo. La storia del Mago è, in sostanza, la rivincita del classico sfigato della classe, quello ignorato da tutti che diventa cattivo e famoso dopo aver scoperto l’acqua calda.
Passiamo però a una breve descrizione di come vengono affrontati quelli che sono i tradizionali protagonisti del Meraviglioso Mondo di Oz (The Wonderful Wizard of Oz), lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta e il Leone Codardo. L’uomo di paglia viene miracolosamente rianimato da Dorothy, che lo incontra crocefisso in un campo; oltre che smemorato, è anche apatico. L’attore che lo interpreta, Oliver Jackson-Cohen (recentemente è comparso in L’uomo invisibile di Leigh Wannell), ha la faccia da buono, ma il suo personaggio resta troppo in bilico fra il bene e il male.
Il secondo, non è un uomo e nemmeno di latta, è piuttosto un ragazzotto in carne ed ossa, bello e leale, che dopo essere morto come umano rinasce, appunto, come ‘uomo di latta’. È interpretato da Gerran Howell, il giovane Dracula nella serie inglese Young Dracula. La sua recitazione fresca e naturale e l’indole bonaria e altruista del suo personaggio disegnano uno dei personaggi più interessanti ed ‘umani’ di tutta Emerald City.
L’ultimo, che per tutta la serie sembra ricoprire un ruolo fino troppo inosservato, è interpretato da Mido Hamada (American Sniper). Al suo personaggio sono affibbiate scene dai toni cupi, che solo in apparenza sembrano volerci far pensare che sia passato al lato oscuro della Forza.
La giovane Ozma (Jordan Loughran, Le Cronache di Evermoor) è invece il vero ‘Mago di Oz’, un ragazzino che – in realtà – è nato femmina: da piccola, in quanto unica erede del trono di Oz, è stata raccolto da una strega che l’ha allevata a suon di pillole per fargli cambiare sesso e nasconderlo meglio al Mago.
Emerald City, da un punto di vista superficiale – quello di chi la guarda con gli occhi (im)puri dello spettatore medio – potrebbe anche funzionare, a patto che non si consideri la scenografia posticcia. Inguardabili in particolare le armature delle guardie del Mago, che non pesano un chilo, e i paesaggi visti e rivisti in gran parte dell’immaginario fantasy passato in televisione negli ultimi anni. Trattandosi di un’opera di genere fantastico lontana in qualche modo dai canoni del fantasy stesso, ci si sarebbe aspettati un po’ più di originalità in termini di scenografie, specie, appunto, nella ricostruzione dei paesaggi di Oz (più che per le città o o i castelli stessi).
Il mix tra ricostruzioni ambientali approssimative e ritmo fin troppo spedito finiscono per essere non del tutto convincenti, e aiutano a collocare Emerald City sullo stesso piano di un’altra serie poco riuscita come The Shannara Chronicles, adattamento della nota saga sword & sorceress scritta da Terry Brooks. Qui si fa apprezzare, tuttavia, una dimensione tutto sommato più giocosa e innocente, che viene direttamente dalla penna di L. Frank Baum e dall’iconografia che accompagna le sue opere.
Niente è mai troppo serioso e grave, e non esistono – nonostante le possibili apparenze – momenti particolarmente truci e violenti ispirati ai lavori per un pubblico adulto di un George R.R. Martin; forse, proprio tutta questa ‘spensieratezza’, a volte quasi forzata, è la chiave per affrontare in modo vincente questa prima (e unica) stagione dello show.
Nonostante la notizia della cancellazione, il finale di Emerald City prometteva bene e dava grandi speranze a chi avesse apprezzato il viaggio fino a lì: rispedita nel nostro mondo dal Mago (ora morto) e da Jane (con l’intento di salvarla), Dorothy viene infatti raggiunta dallo Spaventapasseri, che le comunica la notizia del rapimento della madre ad opera di un mostro chiamato Beast Forever, una misteriosa presenza continuamente citata dall’inizio alla fine della serie, di cui viene preclusa a questo punto la possibilità di comprenderne la vera natura (ci viene mostrata brevemente attraverso la grande ombra di un mostro alato).
Di seguito il trailer internazionale di Emerald City:
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