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Voto: 7/10 Titolo originale: Terminator: The Sarah Connor Chronicles , uscita: 13-01-2008. Stagioni: 2.

Riflessione | Terminator: The Sarah Connor Chronicles, le cronache di una serie sfrontata

26/03/2020 recensione serie tv di William Maga

Tra il 2008 e il 2009 arrivò sul piccolo schermo uno spin-off con protagonisti Lena Headey, Summer Glau e Thomas Dekker, un prodotto anomalo e dal titolo fuorviante che non raccolse particolare successo. Cerchiamo di capirne i motivi

Lena Headey in Terminator The Sarah Connor Chronicles (2008)

Quando, nella primavera del 2009, giunse improvvisa la notizia che Terminator: Sarah Connor Chronicles era stata terminata da Fox prima del tempo, lo shock fu alto per molti, almeno quanto vedere il sangue sul pavimento di un mattatoio (un po’ come accaduto con Firefly nel 2002). Certo, gli ascolti erano stati piuttosto bassi (o meno alti delle aspettativi) – ed erano via via peraltro peggiorati durante la seconda stagione – ma quando le veementi proteste (via mail e sui forum) dei fan delle serie per far sì che la rete tornasse sui suoi passi cominciarono a montare impetuose, spingendo i dirigenti a domandarsi dove fossero tutte queste persone il venerdì sera (giorno della messa in onda USA), iniziò il classico giro di accuse su chi dovesse ricadere la colpa del fallimento dello show.

Terminator - The Sarah Connor Chronicles posterSarebbe interessante vedere quanti fan hardcore Terminator: The Sarah Connor Chronicles abbia raccolto nel corso della messa in onda, perché è probabile che la maggior parte di questi sia rimasta folgorata dal primo episodio, e da lì l’amore li abbia spinto a non cambiare più canale e seguirla fino alla fine. Se invece vi fosse capitato di imbattervi nella serie in corso d’opera e foste ugualmente riusciti a rimanerne irrimediabilmente affascinati, allora complimenti a voi, perché a quel punto lo show era ampiamente lanciato per la sua strada e completamente disinteressato a questo tipo di spettatore ‘ritardatario’.

I primi tre episodi bastarono a rendere immediatamente evidente che il franchise di Terminator aveva tenuto fede al suo nome infiltrandosi in un network al quale chiaramente non apparteneva.

Terminator: The Sarah Connor Chronicles era un pezzo di televisione meditativo, complesso e per niente populista, finito per qualche ragione su una rete che storicamente badava soltanto ai dati di ascolto. Impossibile quindi che i due soggetti avrebbero mai trovato un punto di incontro, ma va dato atto alla Fox per avergli comunque concesso due stagioni (31 episodi complessivi) per poter dimostrare il suo valore, specialmente dal momento che era ovvio che dopo la prima lo showrunner Josh Friedman non aveva alcuna intenzione di cambiare la formula per ‘aggiustare’ il tiro.

Sinteticamente, la  serie segue i personaggi di Sarah e John Connor (interpretati rispettivamente da Lena Headey e Thomas Dekker) dopo gli eventi di Terminator 2: Il Giorno del Giudizio. Nel pilot, i due vengono trasportati dal 1999 al 2007 da una Terminator di nome Cameron Phillips (Summer Glau), rimandata indietro nel tempo dall’anno 2027 per proteggere John. Un ulteriore aiuto arriva sotto forma di un altro combattente della resistenza che è stato rimandato dal futuro: lo zio di John, Derek Reese (Brian Austin Greene). Da quel momento, lo show racconta i loro tentativi di rintracciare nascenti progetti di Intelligenza Artificiale come il Turk, un computer progettato per il gioco degli scacchi dai quali un giorno nascerà Skynet, che innescherà poi l’olocausto nucleare e dichiarerà guerra all’umanità, come sappiamo.

Partendo dai personaggi creati 30 anni prima da James Cameron e Gale Anne Hurd, lui e i suoi sceneggiatori iniziarono infatti a raccontare una storia terribilmente articolata, con un inizio, una parte centrale e una conclusione chiaramente definiti. Una scelta encomiabile, ma che avrebbe significato anche che chiunque si fosse unito alla visione di Terminator: The Sarah Connor Chronicles dopo il primo episodio (andato in onda il 13 gennaio 2008) si sarebbe ritrovato strangolato tra i file delle sottotrame aperte e schiacciato sotto il peso di relazioni tra i personaggi pesanti come un muro di mattoni.

Si tratta di questioni che andrebbero gestite con attenzione in un serial. Lo show invece non se ne è mai preoccupato. Al di là di un conciso messaggio “come visto la scorsa volta …” non vennero fatte concessioni per aiutare i neofiti, e assolutamente nessun tentativo di placare gli spettatori esistenti scontenti.

Per tutto il tempo in cui è rimasta in onda, Josh Friedman ha mostrato una devozione spietata e risoluta nei confronti della sua storia degna dei suoi luccicanti e implacabili cyborg del futuro. Può funzionare se, come Lost, raccogli davanti allo schermo 16 milioni di spettatori su due piedi o, come Battlestar Galactica, se inganni il tuo pubblico per un’intera serie facendogli credere che si tratti di una space opera con astronavi e alieni, quando invece sei una riflessione filosofica sull’uomo con molti dialoghi che, casualmente, è ambientata nello spazio profondo.

Thomas Dekker, Lena Headey e Summer Glau in Terminator The Sarah Connor Chronicles (2008)È lecito pensare che quel Terminator nel titolo da solo avrebbe dovuto valere 16 milioni di spettatori regolari? Forse, ma in qualche modo, sembrava sempre più un ostacolo che un aiuto. Il nome aveva sicuramente un peso sul budget a disposizione, ma portava con se anche molto aspettative.

La saga di Terminator (il cui terzo capitolo era uscito nel 2003, mentre Salvation sarebbe arrivato nel 2009) suggerirebbe l’inclusione di esplosioni, combattimenti con i T-800 e T-1000 e carneficine non esattamente destinate a un pubblico di minori. Certo, Terminator: The Sarah Connor Chronicles ha offerto tutti questi elementi, ma a malincuore, e abbastanza spesso come il culmine di cinque episodi di semplice introspezione. Questa serie si è crogiolata nelle riflessioni.

Non si tratta di una critica sia chiaro, sebbene sia stato il problema principale che spinse all’abbandono milioni di spettatori già dal secondo episodio (si passò dai 18 del pilot ai 10 di Gnothi Seauton). I meno superficiali, tuttavia, non posso che aver apprezzato questi momenti. Avvolta in un copione rigoroso pieno di dialoghi e osservazioni brillanti, e guarnita di riflessioni filosofiche e psicoanaltiche meravigliosamente recitate da un cast che da questo mezzo fiasco si è allontanato con la consapevolezza di aver raggiunto probabilmente l’apice delle rispettive carriere fino a quel momento.

Il titolo, inoltre, è anche vagamente fuorviante, in quanto quella narrata non è mai stata la storia di Sarah Connor. La serie brilla più intensamente quando inizia a far luce sulla trasformazione di John Connor da adolescente piagnucoloso a leader riluttante. In relazione con John gli altri personaggi hanno un senso. E nonostante il titolo, Sarah Connor non avrebbe meritato davvero un resoconto della sua vita – non è un personaggio così interessante. Le persone ossessionate lo sono molto raramente, specialmente quando è già stata ampiamente chiarita la natura di tale ossessione.

Sarah è ossessionata dalla protezione di suo figlio, perché lui salverà il mondo. Ciò significa che il suo atteggiamento verso tutti è sempre esattamente lo stesso: aggressivo, scontroso e sospettoso. Lei non cambia. È il suo modo di plasmare John a colpire. I suoi tentativi di proteggerlo lo spingono sempre più lontano da lei, trasformandolo nell’uomo che deve diventare, anche se sta cercando un modo per comunicare con lui. Questa viaggio è al centro di Terminator: The Sarah Connor Chronicles: osservare John crescere nel ruolo che non ha mai chiesto. Guardando come gli altri personaggi intorno hanno modellato lui e lui loro. Guardare come nasce una mitologia.

Garret Dillahunt e Leah Pipes in Terminator The Sarah Connor Chronicles (2008)A tal proposito, oltre ai doverosi omaggi ai primi due film, l’universo di Terminator si espande con la comparsa di fazioni rivali del futuro e alcune delle macchine si scopre essere contrarie alla distruzione dell’umanità. Impariamo poi quanto possano essere adattabili – e pratiche – queste unità di infiltrazione cibernetiche quando si ‘scavalca’ il tempo voluto e si finisce negli anni ’20.

Parlando di interpreti, la Cameron di Summer Glau (stella nascente della fantascienza televisiva, reduce da Firefly e The 4400) è un personaggio meraviglioso, parimenti inquietante e amabile, destinata per sempre a fare i conti con la sua stessa natura. Tuttavia, è la sua conoscenza del presente e del futuro John a renderla speciale. Quando osserva che il John del futuro non avrebbe mai fatto ciò che il John del presente ha appena fatto, non risulta mai del tutto chiaro se lo stia lodando oppure rimproverando. Alla fine delle due stagioni, resta la domanda su quale fosse esattamente il suo rapporto con lei, perché l’aveva rimandata indietro nel tempo, cosa c’era tra loro. E soprattutto, John aveva davvero iniziata una relazione di tipo sessuale con un T-800?

Queste sono tra le dozzine di domande rimaste senza risposta, eppure – a ben vedere – la cancellazione di Terminator: Sarah Connor Chronicles non fu del tutto immeritata. Era sì una serie geniale, ma anche volutamente impenetrabile. Estremamente intelligente, ma straordinariamente poco interessata al suo pubblico, uno spin-off di Terminator senza molti di quegli elementi per cui la maggior parte delle persone ha amato la saga creata da James Cameron. Undici anni fa, Josh Friedman disse che sarebbe stata ricordata oggi. Un’affermazione sfrontata, ma non peregrina, visti i disastrosi esiti di Genisys e Destino Oscuro (la recensione).

Di seguito il trailer internazionale di Terminator: The Sarah Connor Chronicles. Incredibilmente, in Italia è stato distribuito in DVD solo il cofanetto della prima stagione, con la seconda tutt’ora inedita.