Voto: 7/10 Titolo originale: Watership Down , uscita: 22-12-2018. Stagioni: 1.
La Collina dei Conigli | La recensione della serie BBC / Netflix
09/01/2019 recensione serie tv Watership Down di Sabrina Crivelli
Il nuovo adattamento in 4 parti del fosco romanzo di Richard Adams oscilla tra una narrazione avvincente e piuttosto fedele e un'animazione troppo approssimativa
Visionario, inquietante e con un tocco apocalittico, La Collina dei Conigli (Watership Down), romanzo scritto da Richard Adams, ha certo lasciato un segno nell’immaginazione di intere generazioni di lettori, tanto che non solo ne fu tratto un omonimo film d’animazione già nel 1978 (diretto da Martin Rosen), ma da venir anche esplicitamente citato dal cult Donnie Darko di Richard Kelly (le cose da sapere).
A distanza di diversi decenni dalla pubblicazione – avvenuta nel 1972 nel Regno Unito e nel 1975 in Italia – Netflix e la britannica BBC hanno deciso ora di unire le forze per una nuova miniserie sempre animata (in 4 episodi), scritta da Tom Bidwell (My Mad Fat Diary) e diretta da Noam Murro (300 – L’alba di un impero), che dà un assaggio del materiale originario agli spettatori della piattaforma di streaming, ma che purtroppo risulta non all’altezza del precedente adattamento, né in termini di grafica, né di contenuti.
La storia a grandi linee è sempre la stessa. Un giorno come tutti gli altri, un coniglio più minuto della media, Quintilio, ha un’agghiacciante – e per lui non del tutto chiara – visione: Sandleford, la conigliera in cui lui e i suoi simili abitano, verrà distrutta da una mastodontica e terrificante macchina metallica. Subito, il roditore si reca dal fratello maggiore Moscardo (nella versione originale doppiato da James McAvoy), raccontandogli la funesta premonizione e insieme tentano prima di avvisare il loro capo, poi – inascoltati – di lasciare la loro verde casa per sempre con un piccolo drappello. Così il primo episodio di La collina dei conigli inaugura la lunga epopea dei due piccoli mammiferi che, accompagnati da un gruppetto di coraggiosi amici, tra cui Parruccone, Argento, Dente di Leone, Mirtillo, Nicchio e Smerlotto, cercano un nuovo luogo dove creare un sicuro insediamento. Gli avventurosi erbivori affrontano diversi pericoli, tra cui le trappole disseminate dall’uomo vicino ai campi (episodio 1), la fattoria in cui sono rinchiuse un gruppetto di femmine sorvegliata da un cane e da un infido gatto, fino alla conigliera lager di Èfrafa, in cui un manipolo di membri della Ausla (la casta militare della specie) sotto la direzione del Generale Vulneraria domina con il terrore e la repressione tutti gli altri (episodi 2 e 3). Moscardo e i suoi amici dovranno vincere tutte queste difficoltà per aggiudicarsi le coniglie e poter creare una prolifica colonia a Watership.
Il fatto che i protagonisti siano degli animali parlanti non deve trarre in inganno; nella versione libresca – soprattutto -, ma anche nella serie di Netflix di La Collina dei Conigli, le vicissitudini dei roditori antropomorfizzati celano tematiche tutt’altro che meramente infantili. Il libro, scioccante in più passaggi per dei giovanissimi lettori, conteneva scene di atrocità da parte degli uomini e non solo, con tanto di un equivalente ferino di un regime totalitario con le sue perverse dinamiche (un ribelle viene vessato e fatto sfilare a monito, mentre le femmine di Èfrafa sono costrette alla totale sottomissione con la forza). A ciò si somma un forte messaggio ecologista che mostra dal punto di vista delle creature del bosco l’insensatezza e crudeltà dell’agire dell’uomo, il quale uccide, devasta e terrorizza ogni altro essere vivente, senza nemmeno badarci troppo. Le tematiche tutt’altro che fatue sono poi supportate da uno stile scabro, ma d’effetto anche nel copione della serie. Molte battute scambiate dai selvatici protagonisti a quattro zampe sono assai più vicine a massime sapienziali che a meri dialoghi quotidiani. Alcune frasi sono memorabili e assolute, come quando Pungitopo esclama contro il suo carceriere efrafano: “Tu manchi di vera animalità. Tu sei privo di integrità. Gli animali non sono gli umani. Se devono combattere, combattono. Se devono uccidere uccidono, ma non usano l’ingegno per escogitare modi per ferire le altre creature”. Oppure quando viene professato amaramente: “Suppongo che gli uomini pensino ci voglia grande tecnica a distruggere le cose, mentre è la cosa più semplice del mondo”.
D’altronde – è necessario sottolinearlo – Richard Adams non solo scrisse un bestseller pluripremiato, ma creò un linguaggio inedito, pensato apposta per esprimere la prospettiva della tribù di erbivori, la lingua lapina, che è sottoposta ad altri meccanismi culturali e sociali rispetto ai nostri e che rimanda a una sua mitologia e a un suo folkrore. La Collina dei Conigli è allora sospeso tra mito, poesia e brutalità. L’essenza delle sue pagine è tradotta perfettamente nella narrazione per immagini della genesi della stirpe di roditori (episodio 1). Questa meravigliosa ouverture – animata in modo assai differente dal resto – descrive in stop motion la creazione stessa del primo coniglio, costretto ad affrontare mille nemici, ma dotato di grande agilità, destrezza e mille armi per vincerli. Similmente affascinante è la descrizione della Morte (una misteriosa coniglia nera) e dell’Aldilà. Tali conturbanti leggende si concretizzano naturalmente attraverso parole e fotogrammi negli episodi della serie, traghettandoci in un passaggio fluido tra oralità e fantasia. Se poi alcune delle immagini più caustiche vengono tralasciate (al contrario della più truce pellicola del 1978), prima tra tutti l’evocativa visione di un campo inondato di sangue, in generale la narrazione primigena è seguita con accettabile minuzia nella resa per il piccolo schermo.
La nota più dolente di tutte è invece la tecnica con cui le avventure di Moscardo e dei suoi amici prendono vita in La Collina dei Conigli sotto la supervisione di Pete Dodd (Fantastic Mr. Fox, Frankenweenie) e Hugo Sands insieme allo studio Brown Bag Films. L’animazione in CGI utilizzata è piatta e dà la sensazione d’essere dozzinale (il budget complessivo per i 4 episodi è di 20 milioni di sterline), non solo se paragonata – ingiustamente – alle magnificenti creazioni della Disney•Pixar, ma anche a produzioni indipendenti come quelle della LAIKA. Forse i fondi messi a disposizione non sono stati sufficienti ad ottenere risultati visivamente memorabili, però almeno il character disign dei singoli personaggi avrebbe potuto essere più curato: arduo è distinguere un protagonista dall’altro tanto sono tutti simili, a parte Parruccone che – come il nome denota – ha un folto ciuffo sbarazzino a caratterizzarlo. A ciò si aggiungono sequenze un po’ troppo eccentriche, come il volo in picchiata del gabbiano Kehaar sotto la pioggia in slow motion. In parte a riscattare il risultato complessivo sono però il tono cupo che ammanta molti momenti e grigi scenari (soprattutto nel raffigurare Èfrafa, ma non solo) e gli afflati onirici e surreali delle visioni di Quintilio.
Nonostante qualche pecca, la serie de La Collina dei Conigli ha comunque il pregio di iniziare gli spettatori – in particolare quelli che non hanno familiarità col romanzo o con il primo adattamento cinematografico – a un racconto suggestivo, coinvolgente e ancora oggi potentissimo, che li lascerà con il fiato sospeso fino all’ultimo minuto dell’episodio conclusivo.
Di seguito trovate il trailer ufficiale in italiano della serie, disponibile in streaming su Netflix dal 23 dicembre 2018:
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