Voto: 6.5/10 Titolo originale: The Letter for the King , uscita: 20-03-2020. Stagioni: 1.
Lettera al Re | La recensione della serie fantasy che adatta Tonke Dragt (su Netflix)
29/03/2020 recensione serie tv The Letter for the King di William Maga
Amir Wilson e Ruby Ashbourne Serkis sono i giovani protagonisti della trasposizione del romanzo del 1962, un coming-of-age classico ma ben confezionato
Foreste oscure, magnifici castelli, un eroe che dubita di se stesso e della sua missione, uomini cattivissimi a cavallo: questa ricetta fantasy è ben nota e testata. Ingredienti che sono ora sufficientemente utilizzati anche per la miniserie olandese Lettera al Re (The Letter for the King). Tuttavia, si dovrebbe aggiungere che la produzione originale Netflix, diretta da Alex Holmes e Felix Thompson, è basata sull’omonimo romanzo della scrittrice Tonke Dragt del 1962 (pubblicato anche in Italia) e poiché l’adattamento della serie è rivolto soprattutto a un pubblico molto giovane, lo stravolgimento delle arcinote convenzioni del genere non è necessariamente prioritario in questo coming-of-age da sabato pomeriggio.
Se è vero che in almeno certi paesi dell’Europa centrale il testo originale continua a godere di una grande popolarità (già nel 2008 era stato portato al cinema dal regista Pieter Verhoeff nel film De Brief voor de Koning), Netflix ha scelto di lasciare maggiore spazio al creatore William Davies, consentendogli di rimodulare le 360 pagine di partenza in 6 episodi da 45 minuti ciascuno e di modificarle secondo quelli che ha ritenuto potessero essere i cambiamenti necessari per funzionare sul piccolo schermo in forma seriale. Questo per dire che la nuova versione di Lettera al Re ha – con probabile sommo dispiacere dei lettori – una trama solo a grandi linee simile al libro, inserendo svariare deviazioni nel corso dell’avventura.
Tiuri (Amir Wilson) sta per diventare un cavaliere. Non è però bravo come i suoi coetanei a maneggiare la spada, ma c’è una cosa che lo distingue: il suo cuore gentile. È questa necessità di aiutare coloro che sono nei guai che lo porta imbattersi in un cavaliere morente (Ben Chaplin), il quale gli affida una lettera che deve essere consegnata al più presto al re. Il feroce Principe Veridian (Gijs Blom), che ha conquistato il regno meridionale di Eviellan, sta intanto pianificando qualcosa di nefasto e per fermare il suo terribile piano prima che si realizzi, Tiuri dovrà diventare l’indivudo consapevole di sé che è destinato ad essere.
La lettera per il re è, fondamentalmente, il classico esempio del ‘viaggio dell’eroe’. Pertanto, la lotta di Tiuri contro i suoi nemici e i suoi demoni interiori è per lo più abbastanza prevedibile, un aspetto che potrebbe far sì che gli spettatori sopra i 15 anni siano molto presto portati a interrompere la visione senza grossi rimpianti. Inoltre, i duelli con le spade e le scene di combattimento soffrono di una certa pesantezza e l’atmosfera minacciosa, che pur emerge qua e là, si appiattisce troppo presto. Come detto, l’idea generale sembrerebbe esser stata quella di realizzare un prodotto più alla Fantaghirò o alla Hercules che alla The Witcher (la recensione), digeribile quindi in particolare dalla fascia young adult.
Per chi se lo chiedesse, visto il soggetto, l’influenza di Il trono di Spade è anche qui tuttavia inevitabile. Anche il mondo fantastico di Lettera al Re è ricco di intrighi, che, pur non raggiungendo la complessità (o la mancanza di scrupoli) della serie HBO, non vengono troppo addolciti. Fratellanza, lotte di potere, intrallazzi politici e omicidi subdoli non mancano, oltre al marchio di fabbrica ormai indelebilmente impresso nella coscienza popolare dall’adattamento televisivo dei romanzi di George R.R. Martin, ovvero che nessuno è al sicuro e che quindi è bene non affezionarsi troppo.
In questo contesto, Lettere al re offre al suo giovane pubblico anche alcuni messaggi molto intelligenti ed edificanti. Infatti, la storia non si concentra sulla glorificazione dell’orgoglio cavalleresco e della obbedienza cieca, ma pone invece sotto una luce critica tali obsolete ‘virtù’. Tutto ciò che il giovane Tiuri fa, non è per mettersi alla prova, ma perché è l’unica cosa giusta da fare in quel determinato momento. In particolare, da segnalare in tal senso c’è l’incontro tra lui e un monaco, che gli ricorda quale forza si possa trarre dal profondo dolore interiore, se solo si osi guardarlo dritto in faccia. Chiaramente, si tratta di un appello che può essere rivolto indistintamente a tutte le fasce d’età in marcia sul dissestato sentiero della vita.
Bisogna poi dare credito agli sceneggiatori di aver saputo tratteggiare dignitosamente i personaggi di supporto. Mentre il protagonista ricalca con forza un tipo di paladino ben noto, lo sviluppo dei suoi compagni d’armi e degli avversari è a volte ben più emozionante e imprevedibile. In particolare, il ritratto della sua compagna Lavinia (Ruby Ashbourne Serkis, figlia di Andy, anche lui in un cameo), che all’inizio gli si affianca per puro interesse personale, assume col tempo colori sempre più interessanti. Detto questo, va anche sottolineato come il numero esiguo di episodi non consente il pieno e necessario sviluppo delle trame personali di ciascuno (è quasi più un film di 4 ore che uno show in senso stretto). Un motivo che porta necessariamente a concentrarsi su un’avventura piuttosto convenzionale.
In definitiva, Lettera al Re non è un contributo di portata epocale al genere fantasy, ma è comunque intrattenimento solido per un pubblico di ragazzi in cerca di emozioni adeguate alla loro età. E ricordatevi che in Italia Netflix ha prodotto l’oscena Luna Nera (la recensione).
Di seguito trovate il full trailer italiano di Lettera al Re, nel catalogo di Netflix dal 20 marzo:
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