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Voto: 7/10 Titolo originale: Piedone - Uno sbirro a Napoli , uscita: 02-12-2024. Regista: Alessio Maria Federici. Stagioni: 1.

Piedone – Uno Sbirro a Napoli, la recensione dei 4 episodi della miniserie con Salvatore Esposito (su Sky e Now)

02/12/2024 recensione serie tv di Francesco Chello

Ispirata all’omonima saga cult con Bud Spencer, si presenta come un’operazione più che riuscita, gestita con gusto, garbo, intelligenza e competenza. Ottima scrittura e cast all’altezza. Non un remake, ma un seguito spirituale che si svolge all’interno dell’universo del commissario Rizzo e che ne coglie l’ispirazione (e la benedizione) per poi vivere di vita propria, evitando l’approccio imitativo in modo da prendere una strada identitaria e compatibile coi tempi moderni. Facendo tesoro degli stilemi originali ed avendo la capacità di attualizzarli e contestualizzarli all’oggi

piedone uno sbirro a napoli serie esposito

Se siete tra quei pochi che quando leggono un articolo buttano un occhio al nome dell’autore allora saprete già che, per quanto mi riguarda, sostenere un BUON prodotto di cinema di genere italiano è praticamente un dovere morale, oltre che una soddisfazione naturalmente.

Che, sia chiaro, non vuol dire farsi piacere e parlare positivamente di qualsiasi cosa provenga dal nostro paese, quello sarebbe del semplice patriottismo che non fa per niente bene al movimento o al film stesso. Anzi, proprio per evitare questo errore bisogna far sì che lo spirito critico sia quanto più oggettivo possibile – e non a caso in apertura ho inserito una specifica in maiuscolo. Ma che quando ti ritrovi un qualcosa di finalmente valido a quel punto puoi (e devi) davvero sostenerlo con entusiasmo.

Ovvero quello che intendo fare oggi nel parlarvi di Piedone – Uno Sbirro a Napoli, la nuova serie Sky Original che sarà disponibile in esclusiva a partire da lunedì 2 dicembre su Sky ed in streaming su NOW. E che ho avuto il privilegio di gustare per intero in anteprima, motivo per cui ritengo sia giusto tranquillizzarvi sul fatto che non inserirò alcun tipo di spoiler che già di base sono contrari alla mia religione, figuriamoci al cospetto di un prodotto seriale che sarà proposto al pubblico in maniera graduale.

Lo dico subito. In realtà l’ho già detto. Ho apprezzato molto Piedone – Uno Sbirro a Napoli, è stata proprio una gradita sorpresa. Se dovessi utilizzare un solo aggettivo direi che l’ho trovata una serie confortevole. E’ questa la prima parola che mi è venuta spontaneamente in mente.

Che per il mio modo di vedere vuole essere un grande complimento, perché non è da tutti creare un prodotto che sappia costruire (in maniera anche repentina) una tale area di comfort in cui metterti a tuo agio per argomentazioni, sviluppo e stile narrativo, costruzione (ed evoluzione) e caratterizzazione dei personaggi.

Piedone - Uno sbirro a Napoli (2024) serieAvessi potuto avrei fatto binge watching, ci sono comunque andato vicino completando la visione nell’arco di 24 ore. Magari qualcuno dirà che ‘confortevole’ non è un termine squisitamente tecnico. Il fatto è che io, anche per una questione di percorso probabilmente meno canonico, mi sento un po’ nu redattore e mmiez ‘a via, parafrasando l’ispettore Vincenzo Palmieri, che della serie è il protagonista.

Le stesse ragioni che mi hanno spinto a buttare giù una recensione comoda, un approfondimento che cavalchi quello stesso mood. Passando per antefatti, aneddoti e contestualizzazioni. E raccontarvi che Piedone – Uno Sbirro a Napoli non soltanto è una visione confortevole, ma è anche tanto altro.

A dirla tutta, non era nemmeno previsto che scrivessi una recensione, l’ho chiesto io al nostro Direttore Supremo dopo aver avuto la possibilità di partecipare ad una interessante e piacevolissima conferenza stampa di presentazione (di cui vi racconterò tra una riga e l’altra) – tenutasi a Napoli, lo scorso 27 novembre – e dopo aver completato la visione.

Per entusiasmo sì, ma anche per una questione di giustizia. Nei mesi scorsi mi è capitato di scandagliare più o meno volontariamente le pagine social ed intorno alla nuova incarnazione di Piedone ho avvertito (non da parte di tutti, per fortuna) una sorta di scetticismo, ironia, persino un odio immotivato da chi si sentiva ‘offeso’ dall’utilizzo di un brand a suo modo iconico.

Si è detto e scritto (e farneticato) di una produzione cattivona intenzionata a sfruttare a suo vantaggio il peso di un nome come quello di Piedone magari alla stregua di quanto fatto in precedenza da altra gente (realmente) irresponsabile con altri cult nostrani. Quando poi, se proprio vogliamo ragionarci su, a maneggiare una property così riconoscibile è molto più alto il rischio di fallire, per cui al limite io la vedo come una scelta audace e non come la mossa di chi vuole vincere facile.

Quindi meglio rispondere subito a queste rimostranze, fin dai primi paragrafi. No, assolutamente no, Piedone – Uno Sbirro a Napoli non si colloca neanche di striscio in quella categoria fortemente opinabile a cui possono appartenere titoli come Il Ritorno del Monnezza o Amici Miei – Come tutto ebbe Inizio, per fare un paio di esempi tra quelli spesso citati nei commenti livorosi di cui sopra.

A cui aggiungerei il remake di Altrimenti ci Arrabbiamo, che ad oggi non ho ancora avuto il coraggio di vedere ma propendo a fidarmi di Giuseppe Pedersoli, figlio di quel Carlo meglio conosciuto come Bud Spencer, che nel corso della presentazione ci aveva parlato di progetto (il rifacimento del 2022) non particolarmente apprezzato dalla sua famiglia, confortando così quelle che erano le mie sensazioni a riguardo.

La nuova incarnazione di Piedone è un’operazione completamente diversa, oltre che qualitativamente superiore, ma questo è quasi superfluo dirlo. Un’operazione gestita con gusto, garbo, intelligenza e competenza. Partiamo subito col dire che non si tratta di un remake, siamo dalle parti di un sequel, di un reboot o persino di uno spin-off, insomma di una storia indipendente che si svolge all’interno dell’universo del commissario Rizzo (il Piedone originale), che ne coglie l’ispirazione (e la benedizione, in qualche modo) per poi vivere di vita propria, prendere una strada identitaria e compatibile coi tempi moderni.

Fare tesoro degli stilemi originali ed avere la capacità di attualizzarli, contestualizzarli all’oggi. Adattarli a quel pubblico che evolve nel tempo insieme al gusto collettivo. La saggezza di evitare un approccio imitativo, non scimmiottare un qualcosa di non replicabile. Abbandonare per forza di cose quella propensione della rissa comica vicina allo slapstick che poteva funzionare all’epoca ma che difficilmente avrebbe lo stesso successo oggi, omaggiata sagacemente nella nuova trasposizione attraverso l’inserimento dell’elemento wrestling, sport in cui il nuovo protagonista combatte sotto mentite spoglie – quelle di Flatfoot, nickname ispirato al titolo internazionale con cui i film di Piedone venivano distribuiti all’estero.

piedone uno sbirro a napoli serie conferenzaUna serie di concetti confermati e sviscerati anche da Peppe Fiore, creatore della serie oltre che autore del soggetto insieme al già citato Giuseppe Pedersoli (che partecipa anche come produttore esecutivo), Salvatore Esposito, Laura Grimaldi, Paolo Piccirillo e Jacopo Sonnino e della successiva sceneggiatura ancora con Grimaldi, Piccirillo e Sonnino.

E mi fa specie ritrovarmi testate – che erano presenti alla stessa conferenza a cui ho partecipato io – scrivere il giorno dopo di ‘Salvatore Esposito nel ruolo che fu di Bud Spencer’ che due sono le cose: o eri distratto o sei in malafede e a caccia di clickbait.

Esposito interpreta il già citato Ispettore Vincenzo Palmieri – e se ve lo state chiedendo, non viene mai chiamato Piedone – poliziotto svezzato e formato da Rizzo che per lui rappresenta una figura di secondo padre. Un Rizzo racchiuso in un ricordo che aleggia sullo sfondo con delicatezza, quasi fosse uno spirito guida silente ma fermamente presente; qualche menzione qua e là, piccole citazioni ed omaggi da cogliere ed un flashback tanto sobrio quanto opportunamente e suggestivamente nostalgico.

I due uomini hanno evidentemente dei tratti in comune, dalla fisicità imponente ai modi bruschi (per così dire) ed il fare impulsivo che fanno il paio col cuore d’oro, con la capacità di comunicare col popolo, con le persone che vivono ai margini della società. Sbirri tosti, ostinati, che mettono la giustizia (nell’accezione più ampia del termine, di riflesso anche la legge ma non necessariamente) davanti a tutto.

Si parte pertanto da più punti condivisi per giungere a caratterizzazioni comunque sia differenti. Palmieri ha un lato oscuro, non nel senso di negatività (anzi, tutt’altro) quanto di un vissuto di sofferenza che gli ha lasciato ferite che stentano a guarire. Un velo di malinconia (più precisamente, appucundria) costante. Un lutto infantile, trauma che per età ed estrazione sociale per Palmieri ha tutta la valenza di un bivio che solo grazie a Rizzo porta alla retta via (e ad incanalare quel dolore per fare del bene) anziché la strada sbagliata, come sottolineato dallo stesso Esposito, che ricorda come il suo Vincenzo senza il suo mentore ‘sarebbe potuto diventare altro, forse il protagonista di un’altra serie’ (chiaro riferimento a Gomorra ed al suo Genny Savastano).

Sofferenza che nel tempo diventa rabbia, rancore e che talvolta incide sul suo impeto, sulle sue scelte professionali, sulle relazioni personali, che alimenta un sentimento di vendetta che non accenna a placarsi. Ragion per cui se pensiamo alla fonte originale, possiamo constatare una vera e propria deviazione di scrittura che coinvolge i due personaggi e che fa parte di un discorso che si estende alla serie tutta, evidentemente diversa dal prototipo. Una scelta che mi sento di condividere, l’intelligenza degli autori è stata proprio quella di non voler rifare un modello non riproponibile, quanto piuttosto di assorbirne l’aura ed adattarla ad un contesto sociale e narrativo contemporaneo.

Uno Sbirro a Napoli è sostanzialmente un crime procedural, con momenti d’azione e frangenti di tono leggero che non sconfinano mai nel comico puro. Un poliziesco attuale come lo era l’originale all’epoca, per quanto stilisticamente dissimile. Indagini elaborate quanto basta e sostanzialmente credibili, che permettono di esplorare le contraddizioni di una città in piena mutazione. Un prodotto di qualità che non a caso in apertura ho annesso al macromondo cinematografico. A cui si avvicina anche per durata ed impostazione.

piedone lo sbirro bud filmI 4 episodi rientrano in un range di circa 85/95 minuti a testa, veri e propri lungometraggi. Ognuno dei quali si muove su doppio filo, il primo è quello del caso di turno e di un’indagine autoconclusiva, il secondo è quello conduttore che porta a una trama orizzontale propria della serialità e che si sviluppa nel corso dei quattro appuntamenti, per arrivare ad un climax sufficientemente teso e coinvolgente e un finale apertissimo (sulle appropriate note di Iron Sky di Paolo Nutini), che legittima nello spettatore il pensiero di una seconda stagione non solo fortemente auspicabile ma che sembrerebbe (quasi) certa – almeno stando alle dichiarazioni di Nils Hartmann, executive vice-president Sky Studios per l’Italia anche lui presente all’evento di introduzione alla stampa tenutosi a Napoli.

Insomma, alla base di Piedone – Uno Sbirro a Napoli c’è un lavoro di scrittura brillante. Che sfiora vari generi per poi dare un colore unico alla propria storia. Che sa stuzzicare lo spettatore sotto l’aspetto del poliziesco attraverso indagini sufficientemente articolate (depistaggi inclusi).

Proponendo casi ancorati alla realtà, ispirati a reali fatti di cronaca e vicini ad argomenti delicatamente attuali ed importanti come l’immigrazione, le difficoltà di inserimento e l’approfittarsi della disperazione dei migranti, e ancora il cyberbullismo, il revenge porn ed una società il cui lo smartphone uccide più delle pistole, lo sfruttamento del lavoro clandestino, per arrivare al traffico di Fentanyl e la diffusione di un certo tipo di droghe sintetiche tra giovani annoiati in cerca di emozioni sempre superiori.

Mediante un impianto procedurale realistico che mostra una dettagliata rete di metodi e procedure delle forze di Polizia sintomo di ricerca e consulenza. Una sceneggiatura che tra i propri meriti include quello di proporre una giusta caratterizzazione per ogni personaggio che non resta fermo ad un tratteggio bidimensionale ma evolve in corso d’opera sia per quanto riguarda il profilo personale che nelle relazioni con altri characters.

Che non manca di far maturare i rapporti, che include un accenno romance funzionale e per niente stucchevole. Che ricorre ad inserti comedy sempre garbati, puntuali e mai fuori luogo. Uno script che sa concedersi momenti di tenerezza. Di commozione ed intensità emotiva (veicolata da un lutto). Senza dimenticare un twist piuttosto riuscito.

Per capire l’importanza della legacy credo sia opportuno spendere altre due parole su quel Piedone lo Sbirro uscito nel 1973 per la regia di Steno. Fondamentalmente il modo di Bud Spencer di irrompere nel poliziottesco. Entrare in un filone a modo suo, contaminarne i canoni e le caratteristiche col suo tratto distintivo. A suon di sganassoni, ma non solo.

Non mancano indagini e consuetudini del sottogenere, così come una confezione riconoscibile. Contesto giustamente serioso per argomenti trattati, in cui inserire una punta d’ironia. Un commissario dalle mani pesanti (non usa mai la pistola, meglio menare), la testa dura ed il cuore d’oro. Ma anche un modo per manifestare l’amore per la sua Napoli, quel microcosmo così particolare fatto di regole e abitudini proprie.

piedone uno sbirro a napoli serie 2024Un film che in locandina proponeva una delle tagline più azzeccate (e veritiere) di sempre: “Un turbine di cazzotti e sentimenti”. E che segna la nascita di un personaggio iconico, che rinforzerà la sua reputazione con tre sequel che alla formula aggiungono un tocco d’esotismo: Piedone a Hong Kong (1975), Piedone l’Africano (1978) e Piedone d’Egitto (1980), sempre diretti da Steno.

Inutile dire che ho approfittato dell’occasione per spararmi un rewatch completo del poker classico. Una saga amata dai fan ma anche dallo stesso Spencer, come sottolineato dal figlio Giuseppe che ci ha raccontato di quanto suo padre fosse fiero di quel personaggio che, tra le altre cose, dal secondo capitolo lo vedrà recitare con la propria voce ed il proprio accento (e non col consueto doppiaggio del pur sempre bravo Glauco Onorato).

Orgoglio pure della Titanus che vanta la presenza di Piedone nel proprio portfolio e che sale a bordo del progetto restart producendo Uno Sbirro a Napoli insieme a Sky Studios e Wildside per quello che, come ricordato dal CEO Maria Grazia Saccà, si spera possa essere il primo di progetti simili.

Salvatore Esposito ha parlato di Bud Spencer e del suo Piedone alla stregua di una primordiale figura supereroistica per i ragazzi della sua generazione. E di come quello di Piedone possa essere visto – quanto meno nelle speranze del team creativo – come un costume da indossare nuovamente, cogliendone lo spirito per rimodularlo sulle frequenze dei nostri tempi.

Una generazione, quella di Esposito, a cui appartengo pure io che di Bud Spencer conservo un ricordo affettuoso sia per le preziose scorribande filmiche che per un aneddoto del tutto personale che corrisponde al ricordo nostalgico di mia nonna Giulia che amava raccontarmi spesso di Carlo Pedersoli (adoravo che lo chiamasse ancora così in un momento storico in cui l’alter ego Bud Spencer era al picco del mainstream), gigante buono campione di nuoto che lei incontrava a Santa Lucia, nella latteria del mio bisnonno dove lui andava dopo gli allenamenti per un immancabile bicchiere di latte.

E posso immaginare l’emozione di Salvatore nel raccogliere quel testimone, perché saranno anche attori professionisti ma i ricordi ed i sogni di un bambino ti restano per sempre nel cuore.

Tra i pregi della saga originale c’era quello di puntare forte sull’ambientazione napoletana, fatta di vicoletti, di usanze e popolazione locale. Nel terzo film Piedone sostiene di non essere italiano ma napoletano, dichiarazione che Spencer ha ribadito più volte nel corso degli anni parlando di sé stesso. Inutile dire che, fin dal titolo, il capoluogo campano e la napoletaneità ricoprono un’importanza focale anche nel nuovo Piedone – Uno Sbirro a Napoli.

D’altronde Sky aveva puntato su Napoli prima di altri e torna a farlo attraverso una produzione dal sapore local, ancorata al territorio, pur non perdendo di vista quell’internazionalità che ti permette di giungere con merito su mercati esteri. Una funzione orgogliosa ma mai ostentata, sicuramente coerente e funzionale al soggetto.

E qui colgo il gancio per smontare preventivamente quella che mi aspetto possa essere un’altra critica prevenuta e non oggettiva. Perché sono sicuro che spunterà qualcuno che tirerà in ballo Gomorra per la semplice associazione di elementi come ambientazione, dialetto, criminalità. E lo dico da grande fan di Gomorra (la bellissima serie, ovviamente, non il film), sebbene mi renda conto dell’unica controindicazione fortuita dell’overbooking di prodotti ad ambientazione napoletana che tentano in qualche modo di sfruttarne la corrente con esiti non sempre incoraggianti – ogni riferimento a qualche soap opera carceraria è da ritenersi non del tutto casuale.

piedone uno sbirro a napoli serie wrestlingChe se durante la visione qualche criminale dovesse darvi quel sapore gomorriano è solamente perché entrambe le serie propongono una versione credibile delle attuali figure delinquenziali partenopee. Quando semmai è l’esatto contrario, non c’è un parallelo con Gomorra, quanto la forte esigenza di mostrare l’altro lato della medaglia, della città, della sua gente.

C’è una voglia di raccontare Napoli, ma non in maniera faziosamente propagandistica, di farlo esponendone pregi e difetti. Di parlare non della Napoli bene ma della Napoli per bene, di quelle persone che scelgono la legalità pur dovendo convivere con contesti deviati dalla malavita, di quei tanti ragazzi che pur vivendo al limite scelgono coraggiosamente una strada onesta, pulita, che trovano la propria dignità attraverso il valore della propria coscienza.

Basti pensare alla palestra di Carmine (il miglior amico di Vincenzo), specchio metaforico di questi concetti. Citando gli autori, l’intenzione del nuovo Piedone è proprio quella di creare uno stacco rispetto al gran numero di narrazioni che hanno rappresentato Napoli al cinema ed in televisione.

Si vuole raccontare di una città assediata dal turismo, nel nome del souvenir e di Instagram, dei finti panni stesi sui balconi dei vicoli, della pizza fritta, quella dei localini e del divertimento giovanile, degli onnipresenti set cinematografici (frecciatina volutamente non velata), della tradizione e dell’arte dell’arrangiarsi adattata ad un’epoca all’insegna dei social.

Salvatore Esposito cita Pino Daniele quando parla dei mille culure ‘e Napule, di una città che ha due anime che scelgono ogni giorno da che parte stare, in cui a volte i compromessi sono il male minore. In cui convivono forza e vulnerabilità proprio come nel personaggio di Palmieri. Ogni episodio si apre con una didascalia che spiega un termine in dialetto napoletano (che colora anche i dialoghi) che si rivelerà pertinente al plot di turno.

O’ muschillo, pereta, pezzotto, cazzimma. Lascio a voi il piacere di scoprirne il significato. Ma anche i titoli degli stessi episodi (per l’occasione, capitoli) ricorrono al napoletano in tre circostanze su quattro, dal capitolo 1: Appucundria al 2: Scuorno, fino al 4: Anema e Core, l’unico a sfuggire a questa regola è il Capitolo 3: Oltre il Confine, vista la trasferta ad Amburgo che insieme al prologo a Stoccarda fornisce quel retrogusto di internazionalità che in qualche modo riporta alla quadrilogia spenceriana.

Tra i fautori del progetto (e dopo averne co-firmato il soggetto), Salvatore Esposito ha la responsabilità di interpretare il personaggio chiave della serie, compito assolto con successo da un protagonista che sembra abbia i panni del proprio personaggio cuciti addosso. Trovo che Esposito sia un attore capace di migliorare costantemente nel tempo, in Piedone – Uno Sbirro a Napoli dimostra anche a quella fetta di pubblico più diffidente di poter cambiare registro e risultare credibile in ruoli diametralmente opposti.

Il suo Vincenzo Palmieri è grintoso, determinato, testardo, coraggioso, incosciente, onesto. Ma anche fragile, sofferente, emotivamente convalescente. Esposito dimostra bravura nelle varie sfaccettature dalla caparbietà alla sicurezza, dalla battuta pronta a momenti di intensità, umanità e persino lacrime.

piedone uno sbirro a napoli serie balsamoHo avuto modo di complimentarmi con lui quando in un paio di minuti di chiacchierata fugace gli anche ho chiesto conferma di quella che era stata una mia impressione durante la visione, ovvero che fosse lui a realizzare i propri stunt.

Ad (ovvia) eccezione delle sequenze di wrestling è Salvatore ad interpretare le sequenze d’azione e le colluttazioni che prevedono prese plastiche, cazzotti e calci in pieno petto, senza dimenticare colpi a braccio teso (che fanno un po’ Bud Spencer) e la stretta alla spalla sulla cui efficacia bisognerebbe chiedere informazioni a Noviello; sono tra quelli che ha un occhio di riguardo per il comparto action e trovo che sia un merito per un attore mettersi alla prova realizzando in prima persona determinate scene più fisiche senza l’ausilio della controfigura – cosa che Esposito cerca di fare abitualmente nel corso delle sue esperienze lavorative.

Aggiungo che sono contento e curioso di vederlo nel prossimo Den of Thieves 2 nei panni di Slavko (Nella Tana dei Lupi 2 – in uscita ad inizio 2025, avevo già gradito il primo), le esperienze internazionali impreziosiscono background e curriculum, col plus del regista Christian Gudegast che di recente lo ha definito interprete follemente brillante e persona meravigliosa.

Non l’unico ad avere parole al miele per l’attore napoletano, considerando che Giuseppe Pedersoli ha ricordato il gradimento di suo padre che al tempo lo aveva notato e definito un interprete gagliardo. Ah, a proposito della questione wrestling è proprio di Esposito l’idea di inserire questo elemento nel concept, sport che si era visto di sfuggita in Piedone l’Africano (praticato da alcuni sgherri) e che ha l’aria di poter essere un omaggio ad Anche gli Angeli Mangiano Fagioli; nota a margine, non ho pensato a chiedergli (ma avrei voluto farlo) della paternità dell’inserimento delle mitiche action figures (nello specifico customizzate) anni ’90 della Hasbro che si vedono in più momenti nel corso della serie.

Mentre per gli incontri sul ring mi risulta siano stati coinvolti alcuni lottatori italiani (del Lazio e affini), quasi fosse un omaggio alla presenza di svariati ex-lottatori italiani tra gli stuntman dell’epoca d’oro del nostro cinema di genere.

Silvia D’Amico è il commissario Sonia Ascarelli, diretto superiore di Palmieri con cui condivide quello che gli autori definiscono un sottofondo blues che poi si estende alla serie intera. Nonché colei che prova a tenerlo a bada, con cui vive i maggiori momenti di scontro, di incontro, di confronto. Scanditi da un ‘coglione’ destinato al suo sottoposto così ingombrante almeno una volta per ogni episodio, non sempre con lo stesso tono.

Come fosse parte della testimonianza che il suo è il character che nel corso dei quattro episodi completa la parabola evolutiva più ampia, capace di cambiamenti propedeutici alla causa, di mostrare lati di sé che sembravano nascosti. Una donna ambiziosa e con le palle che percorre la direzione attuale (in ambito di tematiche e relativo attivismo) in maniera naturale, decisa ma discreta, senza forzature, mai sbandierata.

A Fabio Balsamo la parte di Noviello, ereditando idealmente il ruolo di spalla comica (e di subalterno bonariamente ‘maltrattato’ dal massiccio protagonista) che al tempo era toccato ad Enzo Cannavale, per certi versi il compito più delicato perché, come dicevo in apertura, la serie mantiene sempre una sua compostezza, un clima realistico ed equilibrato in cui cadenzare con gusto inserti di tono leggero, di comedy a suo modo elegante, una roba non facile se pensiamo a quante volte abbiamo visto in situazioni analoghe comici sbrodolare completamente sovrastando il resto e risultare fuori luogo.

Un aspetto in cui invece Balsamo si dimostra bravissimo, entrare in scena in maniera collaterale, quasi in punta di piedi con tempi comici perfetti per piazzare la battuta (ma anche un’espressione, una mimica) al momento giusto senza mai sfociare nel ridicolo o nel demenziale – e sono diverse le battute andate a segno, credo di aver riso un giorno intero per un “aprite, polizia!” assolutamente esilarante che lui mi ha confessato essere una citazione da scovare.

Ironia ma anche sensibilità del suo Noviello che viene fuori specialmente nel rapporto con Cecile. E che appartiene allo stesso componente dei The Jackal che nel raccontare il lavoro di caratterizzazione (generale, non solo del singolo) ha parlato del ruolo ricoperto dalla tenerezza, dall’autocompassione, dal contrasto interiore di personaggi che allo stesso tempo vivono e sopravvivono.

piedone uno sbirro a napoli serie stuntMa bene anche i cosiddetti ruoli di contorno che contribuiscono a costruire l’ecosistema di Piedone – Uno Sbirro a Napoli, penso a Massimiliano Rossi e l’apparente saggezza del vicequestore Ruotolo (ed i consigli sulla giusta distanza dal dolore degli altri), alla rassicurante esperienza della Valentina di Susy Del Giudice, alla dolcezza esotica di Gaia Scodellaro e la sua Cecile o alla resilienza di Carmine affidato al volto di Antonio Di Matteo.

La regia di Alessio Maria Federici passa per un approccio dinamico, uno stile visivo vivace, una confezione curata che include una indovinata colonna sonora che abbina un theme riconoscibile a brani internazionali – a riconferma di quanto la direzione scelta sia distante anche esteticamente da un prodotto come Gomorra.

Cinque mesi di riprese coordinate con padronanza e professionalità, inquadrature mirate a sottolineare tanto la complessità dei personaggi quanto quella di una città che viene portata sullo schermo con concretezza e pertinenza nelle sue sfumature complicate. Le scene d’azione (e le scazzottate) rispecchiano la personalità di Palmieri, con la scelta di ricorrere con buona frequenza all’utilizzo del ralenti per enfatizzare ogni colpo poderosamente assestato dall’allievo di Piedone.

Vabbè, credo di essere andato anche oltre lo spazio d’ordinanza. Si potrebbe dire che aggie parlat assaje. Che non è detto sia abbastanza. Come il buon Vincenzo Palmieri ho agito di pancia, oltre che di mente. Ed entrambe mi dicevano di consigliarvi la visione del nuovo Piedone – Uno Sbirro a Napoli. Stateme a sentì!

Di seguito trovate il trailer di Piedone – Uno sbirro a Napoli, dal 2 dicembre in esclusiva su Sky Cinema:

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