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Voto: 7/10 Titolo originale: Lost , uscita: 22-09-2004. Stagioni: 7.

Riflessione | Lost (la serie): il viaggio – più importante della meta – verso l’Isola che non c’è (o forse si …)

01/09/2020 recensione serie tv di Marco Tedesco

Un'esperienza unica, nel bene o nel male, e probabilmente irripetibile per chiunque abbia affrontato lo show tra il 2004 e il 2010

lost isola serie abrams

Come dovremmo ricordare la serie Lost, creata nel 2004 da J. J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber? Per come è iniziata: con uno dei migliori episodi TV di tutti i tempi, un pilot elettrizzante e costosissimo che ci ha fatto conoscere una dozzina di personaggi avvincenti bloccati inspiegabilmente su un atollo sperduto sperduto? O forse per come si è conclusa: con uno strano, soave, frustrante finale schiacciato sotto il suo stesso peso, coi misteri dell’Isola ancora (per lo più) senza risposta?

Forse è sbagliato pensare a Lost in termini di inizio e di fine. Sembrano modi terribilmente ‘ordinati’ e lineari per descrivere uno show che non ha mai voluto davvero raccontare le sue storie in modi netti e lineari. Invece, Lost ha zigzagato in lungo e in largo, saltato all’indietro, in avanti e di lato nel tempo, ha teleportato i suoi protagonisti negli anni ’70 in un episodio solo per trasportarli negli anni ’50 in quello successivo.

lost serie tv naufraghiUn’idea ce la siamo fatta. Se l’essenza di Lost non può essere catturata attraverso nessun capitolo della saga – lunga 114 episodi – possiamo ricordare la serie per la sua ambizione. Show probabilmente superiori sono arrivati sul piccolo schermo negli anni successivi, ma è difficile nominarne uno che condivida la stessa ansia di sbeffeggiare le convenzioni narrative, il flirt con il metafisico e l’insistenza sul fatto che, qualunque cosa accada, lo spettatore si sarebbe divertito moltissimo a guardarla.

Il modo in cui la gente ha guardato e ‘capito’ Lost quando è andata in onda a metà degli anni 2000 merita un suo studio a parte. L’era dello streaming era ancora un po’ lontana a quel tempo, ma stavamo davvero vivendo in un’era in cui Internet era in piena espansione. Sia i critici affermati che i dilettanti hanno gareggiato per ricapitolare ogni episodio dopo la sua messa in onda, i fan hanno setacciato i loro schermi alla ricerca dei più piccoli dettagli e indizi da inserire in database esaustivi simili a Wikipedia. Anche gli showrunner si sono trovati coinvolti nelle caotiche discussioni online. Alcune volte hanno risposto in accordo, uccidendo dei personaggi o tagliando trame che erano impopolari sui forum; altre volte no, scrivendo episodi che paragonavano i frequentatori dei siti per fan ai personaggi di Qualcuno volò sul nido del cuculo (OK, solo Aaron Sorkin lo ha fatto).

In ogni caso, scegliendo oggi di rivisitare Lost, ci si rende conto rapidamente che, qualora si volesse sperimentare davvero la grandezza della serie, è necessario guardarla esattamente alla maniera di un decennio fa: coi riassunti, le teorie del complotto dei ‘colleghi commentatori’, Lostpedia, tutto quanto.

E, ironia della sorte, uno show così adatto a quel tipo di visione ossessiva si concludeva comunque con una nota ambigua che ha fatto infuriare quasi tutti coloro che avevano cercato di dargli un senso. Il finale di Lost è una lezione su ciò che accade quando una serie televisiva è così inondata di mistero e di anticipazione che ogni risoluzione non può che sembrare deludente. È un avvertimento su come il guardare un prodotto seriale è come giocare alla “Ruota della fortuna” e che cercare disperatamente la vocale che metterà tutto a posto è, in fondo, un esercizio sterile. A volte non c’è un semplice ‘grandioso piano’. A volte le cose restano inspiegabili / inspiegate. “L’Arte dovrebbe rigirare la domanda su di te”, ha detto una volta Evangeline Lilly, che ha interpretato la testarda fuggitiva Kate. “È la domanda finale che ci viene posta, e non la risposta definitiva che ci viene consegnata.”

lost serie fumo neroFin dall’inizio, Lost ci ha fatto sapere che avrebbe giocato con domande a cui non avremmo avuto risposta. Nella prima stagione ha pianificato lo scontro di potere che avrebbe definito lo show: quello tra l’uomo di scienza e l’uomo di fede. L’empirista, Jack Shephard (Matthew Fox), è un chirurgo spinale che si sforza di comprendere le peculiarità dell’Isola. Il credente, John Locke (Terry O’Quinn), paralizzato dalla vita in giù, può improvvisamente camminare di nuovo quando il volo Oceanic 815 si schianta al suolo dopo una turbolenza. Si innamora subito dei misteri dell’Isola e ne abbraccia i poteri senza metterli in dubbio.

Adesso è un cliché parlare delle trame di film e serie TV dicendo cose come “La città stessa è un personaggio”, ma in Lost l’Isola è davvero un personaggio a sé stante. È intrisa di soprannaturale (il ‘fumo nero’, gli orsi bianchi, la ‘botola’ ecc. ecc. ecc. ecc.), agisce secondo le sue motivazioni e desideri e fa accadere cose inesplicabili. È allo stesso tempo scioccante e del tutto sorprendente per gli spettatori che Jack, anni dopo che lui e pochi altri hanno finalmente fatto ritorno a casa, insista nel finale della terza stagione sul fatto che debbano a ogni costo tornare indietro; l’Isola non lascia andare le persone così facilmente. Gran parte di Lost, specialmente le ultime stagioni, si è concentrata sull’attaccamento degli individui a luoghi, persone e credenze, sia sui legami razionali radicati nelle nostre esperienze vissute, sia quelli intensi e primordiali che sfidano la logica.

È tanto la storia dei personaggi protagonisti di Lost quanto quella dei fan stessi di Lost. Come potremmo venire a patti con il misticismo dell’Isola? Potremmo mai smettere di aggrapparci al nostro desiderio di ragione e ordine? Alla fine, essere un fan di Lost significava doversi accontentare quando la ricerca delle risposte finiva in un vicolo cieco. E se ciò sia stato possibile è dipeso dal nostro credo: eravamo / siamo fan della scienza, oppure della fede?

Tre episodi chiave:

La Caccia / Walkabout, stagione 1, episodio 4

Fino a La Caccia, siamo convinti che John Locke sia una sorta di ex ufficiale militare o esperto di attività outdoor. È lui che guida i superstiti attraverso la foresta alla ricerca di cibo, assumendo rapidamente il ruolo di ‘uomo della frontiera’. Ma poi arriva il flashback che rivela come nella vita a casa, lui lavorava in una fabbrica di scatole ed era – questa la prima grande rivelazione di Lost – in realtà paralizzato, prima di riacquistare sensibilità agli arti inferiori quando l’aereo si è schiantato sull’isola. Il creatore Damon Lindelof aveva capito che l’unico modo per ‘mantenere’ Lost sull’isola sarebbe stato riempirla di personaggi che non avevano alcun desiderio di tornare alle loro vecchie vite, e questo è divenuto un collegamento centrale tra i personaggi dello show: l’isola ha offerto loro la possibilità di ricominciare da capo e reinventarsi.

attraverso lo specchio lost serieAttraverso lo specchio / Through the Looking Glass, stagione 3, episodi 22 e 23

La terza stagione di Lost, inizialmente, affrontò una fase di stanca. Era infatti chiaro che il desiderio degli sceneggiatori della serie fosse in conflitto con la convenzione della rete secondo cui un drama dovesse riempire quasi due dozzine di episodi da un’ora per ogni stagione (il racconto dettagliato di Damon Lindelof sulla questione). Alla fine, però, Lost si rimise ampiamente in carreggiata, tirando fuori dal cilindro innumerevoli altre idee. Attraverso lo specchio fu tutto ciò che un season finale dovrebbe essere: emotivamente soddisfacente, capace di alzare la posta in gioco e commovente e pieno di colpi di scena sbalorditivi, in grado di apparecchiare la tavola per una quarta stagione trionfante.

La costante / The Constant, stagione 4, episodio 5

Spesso citato tra i migliori episodi televisivi del 21° secolo, le ragioni per declamarlo sono svariate. La Costante si concentra sullo sfortunato Desmond (Henry Ian Cusick), bloccato sull’isola già prima dell’incidente dell’Oceanic 815. La sua coscienza inizia a sfrecciare avanti e indietro nel tempo, saltando tra il 1996 e il 2004. Questo segna una delle prime volte (ufficialmente, se non altro) in cui Lost si è occupata direttamente del tempo.

La storica mini sigla di apertura di Lost:

Fonte: MD