Voto: 7.5/10 Titolo originale: The Sandman , uscita: 05-08-2022. Stagioni: 3.
The Sandman, stagione 1: la recensione dei 10 episodi che adattano Neil Gaiman (su Netflix)
06/08/2022 recensione serie tv The Sandman di Gioia Majuna
Tom Sturridge è l'efficace protagonista della riuscita trasposizione della saga dark fantasy a fumetti, un'impresa 'impossibile' che si concretizza grazie a scelte trasversali per una volta accorte
Alla fine, l’adattamento live-action di The Sandman è arrivato sullo schermo. I fan della lodatissima serie di fumetti di stampo fantasy-horror di Neil Gaiman – pubblicata tra il 1989 e il 1996, entrata nella classifica dei best-seller del New York Times negli USA e capace di generare un intero universo di spin-off e sequel disegnati – hanno probabilmente aspettato (con ansia o timore …) questo fatidico momento da qualcosa come tre decenni.
Prima doveva essere infatti un film. Poi ha languito nel più tipico degli ‘stalli’ hollywoodiani mentre veniva superato a destra dalle trasposizioni di altre opere dello scrittore inglese come Coraline, Stardust o addirittura La ragazza del punk innamorato. Dopodiché l’era dello streaming ha portato serie televisive basate su American Gods, Good Omens e persino Lucifer, un personaggio introdotto proprio sulle pagine di The Sandman.
Ma i vari tentativi inerenti il capolavoro riconosciuto di Neil Gaiman hanno continuato a bloccarsi, afflitti da sceneggiature scadenti e da divergenze creative varie.
Ebbene, la prima stagione in 10 episodi della serie di The Sandman è però finalmente giunta sul piccolo schermo nel 2022, a seguito di un accordo del 2019 che ne ha condotto i diritti nella mani di Netflix, sotto la guida attenta dei produttori esecutivi Nail Gaiman, David S. Goyer (La Fondazione) e dello showrunner Allan Heinberg (Wonder Woman).
E, con l’avvertenza che probabilmente non sarà possibile accontentare alcune branche di un fandom molto esigente e rumoroso che ha trascorso decenni in stato di attesa, lo show si rivela – non senza una certa sorpresa – all’altezza del compito.
Dal casting intelligente fino alla scrittura solida, passando per atmosfere squisitamente inquietanti e vicine ai toni dell’horror che fanno un uso accorto degli effetti digitali, ci troviamo di fronte a quello che rientra tra i migliori adattamenti di un fumetto per la televisione mai realizzati fin qui, pur con i compromessi del caso che rendono inevitabilmente il capolavoro di Neil Gaiman un po’ più ‘superficiale’ e frettoloso nel passaggio ad altro medium.
Forse ostico per i neofiti, e in fondo tanto semplice non lo era neppure il materiale di partenza.
Sandman risale alla Golden Age della DC Comics degli anni ’30, ma la versione di Neil Gaiman ne costituì una completa reinvenzione. Conosciuto come Sogno, Morfeo o qualsiasi altro nome di derivazione mitologica, il personaggio del titolo governa sul regno dei sogni, parte di una famiglia di rappresentazioni antropomorfe delle forze naturali che regolano l’universo note come gli Eterni (Desiderio e Disperazione sono due di questi fratelli).
“Quando il mondo della veglia vi lascia desiderosi e stanchi”, racconta Sogno, mentre la mdp attraversa un cimitero di incubi e un palazzo incantato di fantasie, nella sequenza di apertura della serie, “il sonno vi porta qui per trovare libertà e avventure”.
Sia nei fumetti che nella serie TV, incontriamo Sogno (un vulnerabile in modo commovente Tom Sturridge, apparso di recente anche in Irma Vep della HBO) in quello che deve essere il giorno peggiore della sua vita di eternità. È il 1916 e i membri di un ordine occulto si sono riuniti in una tenuta inglese per un rituale che sperano possa evocare Morte, in modo da intrappolarla in una sfera e costringerla a eseguire i loro ordini.
Recatosi suo malgrado nel mondo della veglia per inseguire un “incubo ribelle”, alias il Corinzio (Boyd Holbrook), che si diverte a creare scompiglio tra gli umani, è invece Morfeo l’Eterno che catturano. Trascorre così un secolo di sofferenze nella sua prigione, troppo orgoglioso per comprare la sua libertà acconsentendo alle richieste del suo rapitore mortale (Charles Dance).
Tutto questo è essenzialmente un prologo alla fuga e al ritorno di Sogno nel suo regno, ormai fatiscente e abbandonato. Con l’aiuto del suo più fedele servitore, la bibliotecaria Lucienne (Vivienne Acheampong), e del simpatico compagno corvino Matthew (doppiato da in originale da Patton Oswalt), Sogno deve quindi mettersi in viaggio per recuperare tre oggetti saccheggiati che hanno il potere di ricostruire ogni cosa.
Nei primi sei episodi, che ricalcano abbastanza fedelmente e senza inspiegabili licenze il primo volume della saga, Preludi e Notturni, la ricerca porterà il protagonista sulla Terra e, letteralmente, oltre le porte dell’Inferno. La parte finale della stagione si sposta bruscamente, anche se inevitabilmente, in parallelo al secondo volume, Casa di bambola, stavolta incentrato su Rose Walker (una Vanesu Samunyai in piena forma), una ragazza alla ricerca del fratello minore scomparso da tempo e che, a sua insaputa, ha la capacità latente di scatenare una distruzione di massa.
Più avvincenti di questi archi seriali e dei loro protagonisti – che esistono per la gran parte come nostre guide attraverso l’inquietante reame di The Sandman – sono però le storie episodiche (in stile ‘caso della settimana’), i set unici e i bizzarri personaggi di supporto.
Quello che è forse il miglior episodio di questa prima stagione vede il sempre terrificante David Thewlis, nei panni dello psicotico John Dee (alias il Dottor Destiny della DC), entrare in una tavola calda aperta 24 ore su 24, dove usa il potere del rubino sottratto a Sogno per far interagire onestamente, per una volta nella vita, una manciata di impiegati e di clienti. Ne scaturisce una sinfonia di conflitti, confessioni e violenza, che – esagerando – riesce addirittura a competere con la stessa sequenza della controparte cartacea.
Ci sono eventi e momenti grandiosi e distorti come quello appena citato sparsi un po’ ovunque: una convention per serial killer, un Caino del Regno del Sogno (Sanjeev Baskhar) che uccide ripetutamente un Abele che continua a risorgere (Asim Chaudhry), un uomo a cui è stata concessa l’immortalità nel 1389 che si incontra con Sogno ogni cento anni per una birra e alcune riflessioni sul perché ami ancora essere vivo.
La scelta del cast è da sempre stata fondamentale per un progetto del genere, e The Sandman di Netflix fa sostanzialmente centro (la lingua originale è comunque d’obbligo per apprezzare al meglio ogni prova). Questo non significava necessariamente trovare gli attori che più assomigliassero ai personaggi dei fumetti. Lucifer Astro del Mattino, il biblico angelo caduto che regna sugli inferi, era stato notoriamente disegnato in modo da assomigliare al David Bowie del suo periodo di cantante folk con i capelli cotonati di fine anni ’60.
Nel passaggio in carne e ossa è invece interpretato dalla statuaria Gwendoline Christie di Il Trono di Spade, che incarna l’affascinante disinvoltura di Lucifero pur essendo, come dire, una donna. Kirby Howell-Baptiste offre poi un tocco meravigliosamente saggio e sereno a Morte, che conforta i nuovi defunti e li avvia verso l’aldilà. E chiunque abbia pensato di affidare a John Cameron Mitchell (Hedwig – La diva con qualcosa in più) il ruolo del proprietario di una pensione in Florida e di un cantante di cabaret drag, merita poi un encomio.
Sogno appare allora come una sorta di ‘uomo normale’ in mezzo a tante stranezze, ma Tom Sturridge possiede la giusta combinazione di faccia da ragazzino e di cipiglio adulto. Non c’è da stupirsi che abbia battuto la concorrenza di circa 200 altri attori per il ruolo.
In teoria, è più facile che mai rendere gradevole una serie fanta-horror attraverso il ricorso alla CGI oggi, ma questo non ha impedito a studios ricchi come Marvel e DC di incappare in vistosi scivoloni. Il production designer di The Sandman, Gary Steele (Outlander), utilizza la potenza degli effetti visivi con molta più estrosità artistica. Molti dei paesaggi del regno di Sogno, dell’Inferno e di altri spazi soprannaturali sono chiaramente generati al computer – e per la gran parte questi elementi sembrano essere volutamente animati come fossero versioni estremamente dettagliate delle tavole originali del fumetto. Tuttavia, il mondo della veglia è praticamente identico alla nostra Terra, con una maggiore concentrazione di bar, tavole calde e vicoli bui.
L’immaginario visivo completa una narrazione che rimane fedele alla sensibilità di Neil Gaiman: un mix di stereotipi fantasy, riferimenti letterari e pop-culturali, estetica gotica e archetipi radicati nella mitologia globale che riflette parimenti, a suo modo, su come le persone usino gli eroi onnipotenti e i cattivi che inventiamo attraverso la fiction nel modo in cui faceva Watchmen.
Se si può fare un appunto, a volte la serie sembra troppo desiderosa di far spiegare ai personaggi aspetti del viaggio di Sogno alla luce di una maggiore comprensione dell’esperienza umana, che sono tuttavia già piuttosto evidenti nella narrazione.
Per gli spettatori che non sono particolarmente appassionati del genere e si approccino incautamente, il linguaggio fantastico e artificioso di alcuni personaggi potrebbe suscitare qualche occasionale risatina, ma questo comunque non toglie nulla alla storia intelligente e allo splendido spettacolo visivo offerti da The Sandman, che ci mette forse un po’ a carburare ma che una volta ‘capito’ non si guarda più indietro.
Probabile hit estiva in un momento difficile per Netflix, può facilmente rivaleggiare con qualsiasi prodotto collegato ai supereroi di casa Disney, ma possiede sufficiente personalità da rendere tale paragone completamente inutile. Confidiamo adesso soltanto che la seconda stagione non incappi nei problemi avuti da American Gods …
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di The Sandman, nel catalogo di Netflix dal 5 agosto:
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