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Voto: 6/10 Titolo originale: The Witcher , uscita: 20-12-2019. Stagioni: 3.

The Witcher (Stagione 1) | Recensione della serie fantasy di Netflix con Henry Cavill

21/12/2019 recensione serie tv di William Maga

Le pagine della fortunata saga di Andrzej Sapkowski prendono vita sul piccolo schermo, in un adattamento dal sapore anni '90 e intriso di cliché del genere, poco adatto a chi non ha familiarità con il materiale originario

the witcher serie netflix henry cavill

Arriviamo subito al punto: se non avete mai letto nessuno dei libri della saga di The Witcher, vi perderete irrimediabilmente nel tentativo di seguire la serie TV appena messa a catalogo da Netflix. E non intendiamo ‘persi’ nel senso di ‘vagamente spaesati’, ma proprio come se ‘sentiste costantemente solamente la metà di una conversazione’. Ci sono momenti in media res, e si ha irrimediabilmente la sensazione di trovarsi nel mezzo di una sconosciuta foresta con in mano una mappa che indica una città che non esiste, che si chiama, appunto, The Witcher.

the witcher poster netflixCercando di dimenticare il tremendo The Shannara Chronicles e facendo seguito alla conclusione dell’amata/odiata Il Trono di Spade lo scorso maggio, era inevitabile che i maggiori servizi di streaming facessero a gara per trovare presto il suo possibile degno erede. E se per la nuova versione de Il Signore degli Anelli degli Amazon Studios ci sarà ancora da aspettare un po’, Netflix ha giocato la carta dell’adattamento della serie fantasy dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski, che ha generato ben sei romanzi, alcuni racconti brevi, fumetti, giochi di ruolo e anche videogiochi, assumendo peraltro il regista Alik Sakharov, già al lavoro su GoT e Marco Polo. Proprio come la ‘cugina’ creata da George R. R. Martin, è una storia epica ambientata in un medioevo fantastico cupo e disperato, infarcito di mostri, magia e intrighi di palazzo, con molte scene di nudo e sangue a fiumi.

Ciò che rende abbastanza unica la trasposizione in 8 episodi per il piccolo schermo di The Witcher è però il suo essere al 95% fanservice. Se non avete quindi già una certa familiarità con i libri, preparatevi a non riuscire a raccapezzarvi su dove o quando i fatti narrati hanno luogo, e a non sapere quasi nulla dei personaggi principali o della mitologia che guida le loro decisioni. Può essere un bene? Mah.

Henry Cavill (L’uomo d’acciaio) è Geralt di Rivia, lo stregone del titolo, che ci viene presentato mentre combatte un mostruoso granchio gigante. Torvo, con lunghi capelli grigi, Geralt sembra la versione affascinante di Vigo di Carpazia. Non è del tutto chiaro cosa sia uno strigo, se non che è un individuo che dà la caccia ai mostri per denaro. Non sappiamo se i witcher siano tali per nascita oppure lo diventino, e comunque nessuno ci rivela perché tutti sembrino odiarli e temerli atavicamente nonostante forniscano alla comunità un servizio piuttosto utile. Prima di entrare in modalità berserker, però, Geralt beve una sostanza che gli fa diventare neri gli occhi. Perché? Bella domanda. Inoltre, nessuno si premura di spiegare quale sia la “mutazione” che tutti continuano a dire che lui manifesti effettivamente. The Witcher richiederebbe dei ‘sottotitoli’ per neofiti che non ci sono, o almeno un personaggio secondario che fornisca qualche piccola annotazione fuori campo ogni tanto.

Così, ci ritroviamo con personaggi che dicono cose del tipo “Lo sai cosa direbbe Vesimir?“. No, non abbiamo idea di cosa direbbe Vesimir, principalmente perché non sappiamo chi diamine sia questo Vesimir!! Nell’episodio due, Quattro Marchi, ci viene presentata Yennefer (Anya Chalotra), una mite contadina che viene presa sotto l’ala protettrice di una potente maga (MyAnna Buring). Nell’episodio successivo, Luna Traditrice, i capelli della ragazza sono diventati considerevolmente più lunghi, cerca di farsi aggressivamente largo come maga di palazzo, e fa sesso di fronte a un consiglio di streghe come se non ci fosse nulla di strano. Ovviamente è passato del tempo dagli eventi raccontati dalla 1×02, ma quanto non è chiaro. Pochi mesi? Un anno? Parecchi anni? Non lo sappiamo, e – evidentemente – per gli sceneggiatori non si tratta di un dettaglio importante.

The Witcher serie Netflix (2)Non è nemmeno una questione di portare pazienza. Ad esempio, non c’è apparente motivo in The Witcher per mantenere segreti per parecchi episodi i motivi legati alla pozione che Geralt deve bere prima di combattere. È un aspetto importante del protagonista, chiaro, ma dopo cinque episodi di ‘mistero’ l’interesse è già ampiamente bell’e che andato. Ci sono semplicemente troppe serie là fuori, tra televisione ‘regolare’ e canali streaming, per perdere del preziosissimo tempo in attesa che uno show distribuisca al suo pubblico anche le più piccole briciole di informazioni come fossero gemme inestimabili.

Ed è oltretutto particolarmente frustrante, perché tutto questo supposto ‘fascino nascosto’ messo sul piatto dalla showrunner Lauren Schmidt Hissrich è al servizio di una trama degna di un’avventura fantasy – con qualche cenno di horror – talmente standard da ricordare (e non è certo un bene visti i milioni di dollari investiti …) quegli ingenui – ma allora gustosi – programmi pomeridiani da metà anni ’90 come Xena – La principessa Guerriera ed Hercules (o, se volete, il nostrano Fantaghirò), con l’aggravante di avere dialoghi ai limiti dell’amatoriale, un montaggio anche peggiore se possibile ed effetti speciali assolutamente altalenanti e indegni di una serie americana del 2019 (il drago dell’episodio 6, Specie Rara, è al di là del bene e del male).

L’accento sul ‘destino’ è più forte che mai. “Non serviamo quella della tua razza qui “, ringhia un barista a Geralt, e più tardi, quando Geralt si ritrova faccia a faccia con una delle creature soprannaturali che è stato ingaggiato per uccidere, gli viene detto: “Noi non siamo così diversi “. Esempi di come The Witcher peschi a piene mani dai cliché più abusati e triti del genere, e tra ‘doverosi’ riferimenti a xenofobia e colonialismo, ci tiene davvero tanto a ribadire che sono gli esseri umani i veri mostri, come ben illustrato (per chi non lo avesse capito tra le righe) quando questi commettono il genocidio degli elfi, oppure quando un contadino vende la figlia sfigurata per meno della metà del costo di uno dei suoi maiali, o ancora quando una donna si riferisce al suo servitore affetto da nanismo come “uno di quelli puliti “, o quando un uomo costringe sua sorella a commettere incesto, e via così, rimarcando l’intento di fondo. Forse è per questo che odiano e temono Geralt, ma, come potreste aver intuito ormai, non è del tutto lapalissiano. Come controversa è la scelta di ‘giocare’ coi piani temporali, confusionaria più che ‘scioccante’.

The Witcher serie Netflix (5)Di buono c’è un’ambientazione tutto somma attraente e, fortunatamente, il sangue e i momenti forti abbondano (oltre ai sopra citati nudi), tutti aspetti evidentemente ritenuti ‘necessari’ dopo il cammino tracciato con successo da David Benioff e D.B. Weiss. La quasi esordiente Anya Chalotra riesce dare una qualche profondità alla sua Yennefer, mentre la giovanissima debuttante Freya Allan nei panni di Ciri, una principessa orfana il cui percorso alla fine si incrocerà inevitabilmente con quello di Geralt di Rivia, emana un certo fascino grezzo, nonostante il suo personaggio sia sostanzialmente definito come il classico ‘maschiaccio’. Alassandra Martines docet.

Infine Henry Cavill, che è tanto apprezzato dal pubblico femminile quanto stoccafisso secondo canoni più ‘tecnici’, opta qui per un’interpretazione alla Aragorn, ovvero taciturna e meditabonda, col risultato di sembrare per lo più infastidito e a disagio, veramente rilassato soltanto quando si toglie la maglietta o prende a pugni o fendenti qualcuno (la parrucca grigia non lo aiuta per nulla sul versante credibilità, altro che ‘effetto Orlando Bloom’ …). Menzione speciale invece per Jodhi May, una deliziosamente schietta Regina Calanthe, e per Joey Batey, elemento comico che aiuta ad alleggerire una serie altrimenti troppo seriosa.

Ricollegandosi a quanto detto in apertura, una serie che intende rivolgersi a un larghissimo pubblico non dovrebbe richiedere alla maggior parte degli spettatori ‘compiti a casa’ aggiuntivi (leggi riempire i buchi di trama andandosi a leggere i romanzi, visto che – a quanto dichiarato apertamente – i videogiochi non sono stati minimamente presi in esame qui). Un adattamento cinematografico o televisivo di una saga letteraria dovrebbe sì farci desiderare di leggerne i libri alla fonte, e non farci sentire in deficit perché non riusciamo a stare al passo con ciò che sta accadendo sullo schermo. Dovrebbe essere un prodotto in grado di stare in piedi con le sue gambe.

The Witcher ha uno strano ritmo, in cui le cose accadono sia troppo velocemente che troppo lentamente, ed è necessario un foglio di calcolo per mantenere a mente tutti i personaggi e il modo in cui si collegano l’uno con l’altro (senza contare quelli che muoiono senza il tempo di affezionasi a loro …). Uno sforzo troppo grande per una ricompensa troppo magra.

Ad ogni modo, Netflix ha già ordinato una seconda stagione, sebbene non arriverà fino al 2021 (i vertici stanno aspettando di capire se il pubblico accoglierà adeguatamente questa). Auguriamoci che The Witcher riesca a capire cosa vuole essere nel frattempo, per evitare che si trasformi solo in un’altra costosa serie da mettere in sottofondo mentre si fa tutt’altro.

Di seguito la clip in cui Henry Cavill racconta in 60 secondi The Witcher, che è disponibile nel catalogo di Netflix dal 20 dicembre: