Home » Cinema » Horror & Thriller » #Alive | La recensione del film di zombie di Cho Il-hyung

Voto: 7/10 Titolo originale: #살아있다 , uscita: 24-06-2020. Budget: $6,300,000. Regista: Cho Il.

#Alive | La recensione del film di zombie di Cho Il-hyung

09/09/2020 recensione film di Marco Tedesco

Il regista coreano esordisce dietro alla mdp con un'opera avvincente ma senza particolari guizzi, che vede protagonisti i giovani e agguerriti Yoo Ah-in e Park Shin-hye

#alive film corea netflix zombie 2020

In Corea del Sud, le epidemie di zombi non sono certo una novità. Dall’apprezzatissimo Train To Busan del 2016 (la recensione) fino al suo recentissimo sequel Peninsula (la recensione), passando per il film in costume Rampant del 2018 e la serie Kingdom per Netflix (la recensione della stagione 2), i registi del paese asiatico hanno ultimamente flirtato molto con l’idea di inserire i non morti nei loro progetti, e spesso con successo. Alcune delle migliori produzioni vantano commenti di classe sfumati e raffiche di acuta satira sociale, mentre alcune altre meno impattanti sono inciampate nel ‘già visto’. #Alive (#Saraitda), adattamento diretto da Cho Il-hyung e scritto da Matt Naylor (Alone), distribuito in Italia in esclusiva da Netflix, si colloca da qualche parte nel mezzo.

Sorprendente successo al botteghino domestico (record di biglietti venduti nel post pandemia), a volte vacilla infatti per quanto concerne profondità (elemento non assolutamente necessario in uno zombie movie) e – soprattutto – per la memorabilità (una mancanza già più ‘grave’). Tuttavia, il debutto alla regia di Cho Il-hyung offre dei simpatici protagonisti e una trama che si srotola rapidamente, quindi se state cercando qualcosa che eccella in termini di divertimento a un livello più superficiale, #Alive potrebbe essere il film in streaming per voi.

#Alive film horror poster 2020Intrinsecamente, ruota attorno a Oh Joon-woo (Yoo Ah-in) e Kim Yoo-bin (Park Shin-hye), due sopravvissuti a una misteriosa e letale epidemia ancora in corso che vivono in appartamenti affacciati l’uno verso l’altro. Il primo, Joon-woo, ha corti capelli biondi tinti, indossa abiti casual ed è totalmente dipendente dalla cultura dei videogiochi e dei social media imperante nella moderna società consumistica. Il suo aspetto un po’ paffuto tradisce un languido comfort, ma il giovane appare astutamente cauto quando riceve notizie sull’epidemia virale, vietando l’ingresso alla sua famiglia e organizzando i suoi pasti in modo da poter resistere a lungo. Inoltre, Joon-woo documenta la sua resilienza sui canali social, sperando che possa essere scoperto da chiunque altro condivida il suo stesso non invidiabile destino.

Come detto, c’è un altro sopravvissuto, la già citata Kim Yoo-bin. Scoperta per caso dopo che un puntatore laser è entrato nei confini strettamente serrati della casa di Joon-woo, i due formano una connessione istantanea su beni condivisi, empatia situazionale e, beh, perché non puoi permetterti di essere troppo pignolo ed esigente in una tale circostanza. L’una il completo opposto dell’altro, con la meticolosa pianificazione e l’abilità organizzativa di Yoo-bin che segnano un grande allontanamento dall’abituale temerarietà tipica del protagonista maschile, questa coppia piuttosto improbabile elabora presto uno schema per essere al sicuro dagli zombi sotto di loro, puntando verso l’ottavo piano del complesso residenziale che condividono. Tuttavia, come ci si può aspettare durante un’epidemia di non morti assetati di sangue che vagano per le città della Corea del Sud, le operazioni si dimostrano tutt’altro che lisce, e il duo viene così costretto a trovare la via verso l’eventuale salvezza in molti più modi che il ‘solo’ sopravvivere all’ira funesta del loro inospitale quartiere.

Fondamentale, però, non è la frenesia delle scene d’azione, né la storia stessa che vede #Alive raggiungere il suo clou, ma ancor di più l’elemento psicologico intessuto in tutto. Assistere al prolungato crollo di Joon-woo in una depressione apparentemente inevitabile e al successivo tentativo di suicidio, è molto più avvincente delle frenetiche e disperate evasioni dall’infezione dilagante. Inoltre, consente al regista Cho Ill-hyung di mostrare un lato più ‘credibile’ della storia, permettendogli di sfuggire leggermente agli stereotipi su cui un film afferente a questo sottogenere horror può spesso fare affidamento.

Allo stesso modo, fa piacere vedere i protagonisti caratterizzati in gran parte come individui intelligenti e adattabili. Ad esempio, contro la sua personalità impulsiva, Joon-woo prende l’abitudine di ascoltare le trasmissioni di emergenza, fa volare un drone per verificare la presenza di pericoli e utilizza Internet, ove disponibile, per aumentare le sue possibilità di sopravvivere fino al salvataggio. Allo stesso modo, anche Yoo-bin è lungimirante. Ha predisposto delle trappole per evitare di restare potenzialmente intrappolata in un’irruzione e organizza con cura i tempi in cui lei e il suo compagno di sventura possono riunirsi, aumentando la sicurezza di entrambi. In un genere che spesso opta per un’azione inarrestabile, innumerevoli scelte sbagliate e un ritmo scattante come spina dorsale, è intrigante vedere una storia più lenta e pensata con maggiore attenzione, affiancata da una scarsa dose di azione e resa ampiamente efficace a causa della vera posta in gioco che accompagna i personaggi principali.

#alive film corea 2020 netflix zombieAgendo in modo saggio, #Alive è altamente godibile, offrendo sì poco per quanto riguarda le sfumature, ma, allo stesso tempo, niente balza all’occhio come terribilmente ‘povero’. Yoo Ah-in brilla particolarmente, garantendo espressioni emotive, movimenti e gesti del corpo progressivamente più mesti e abbattuti per rimpolpare il suo personaggio nonostante l’assenza di dialoghi. Inoltre, i cambiamenti evidenti nel suo comportamento, una volta concessa loro una possibilità di sopravvivenza, sono astuti e conferiscono una genuina umanità all’interpretazione.

Allo stesso modo, Park Shin-hye mostra versatilità nella sua recitazione silenziosa, muovendosi con ansia – e notevolmente cauta – nei confronti del mondo che la circonda. Sfortunatamente, al suo personaggio non viene concesso lo stesso livello di sviluppo di quello di Yoo, ma l’attrice riesce comunque a infondere la sua performance di altera docilità.

Tuttavia, #Alive sbanda tecnicamente. Per un’opera che parla di sopravvivenza, gli appartamenti spaziosi dei set usati offrono ben poco per trasmettere tangibilmente questo senso di isolamento, e il direttore della fotografia Son Won-ho raramente cerca di offrire qualcosa che si allontani dall’essere convenzionale e confortevole. Allo stesso modo, il truccatore Hwang Hyo-kyun apporta una qualità piuttosto ‘giovanilistica’ agli zombi, rendendoli leggermente flaccidi invece che veramente minacciosi. A parte questo, il montaggio rapido delle sequenze più action – per gentile concessione di Shin Min-kyeong – garantisce variazioni di ritmo e, necessariamente, accelera le cose a volte, anche se nel complesso #Alive risulta troppo ‘furbo’ per riuscire davvero a distinguersi in un sottogenere molto saturo (tra l’altro, ricorda per certi versi il recente La notte ha divorato il mondo).

In conclusione, il debutto alla regia di Cho Il-hyung manca di una certa plausibilità e di un’assunzione di rischi che avrebbe potuto renderlo un piccolo cult, ma prospera nei momenti di malinconia psicologica. Completato da un cast giovane e solido e da una storia relativamente eccitante, è improbabile che #Alive finisca nella top50 dei migliori zombie movie di sempre, ma resta una visione debitamente avvincente nei suoi 98 minuti.

Di seguito il trailer internazionale di #Alive, nel catalogo di Netflix dall’8 settembre: