Voto: 5/10 Titolo originale: Beetlejuice Beetlejuice , uscita: 04-09-2024. Budget: $100,000,000. Regista: Tim Burton.
Beetlejuice Beetlejuice (2024): la recensione del film di Tim Burton che rievoca lo spiritello porcello
05/09/2024 recensione film Beetlejuice Beetlejuice di William Maga
Il regista cerca di ritrovare la chimica perfetta del cult del 1988, una formula impossibile anche solo da avvicinare
Presentato in anteprima mondiale in apertura della 81ª Mostra del Cinema di Venezia, Beetlejuice Beetlejuice rappresenta il tanto atteso ritorno di Tim Burton (almeno per qualcuno …) a uno dei suoi mondi più iconici.
Il film del 1988 era stato infatti un punto di svolta per il regista, definendo il suo stile inconfondibile fatto di elementi gotici, umorismo nero e personaggi eccentrici. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo suscitato dalla notizia di questo sequel e il lungo periodo di gestazione lungo quasi quattro decenni (se ne era parlato fin dal 1990), il film non riesce (ma guarda un po’ ….) a ricatturare lo spirit(ell)o innovativo e l’energia caotica che avevano reso il primo Beetlejuice un cult assoluto.
La trama riprende la storia di Lydia Deetz, interpretata nuovamente da Winona Ryder, ora adulta e madre della giovane Astrid (Jenna Ortega). La donna, che nel capostipite era una figura ribelle e introversa, è ora più matura ma anche più remissiva, segnata dall’età e dalla perdita del padre.
Questa nuova dimensione del personaggio, pur interessante sulla carta, si scontra con una narrazione che fatica a darle spazio e profondità. Astrid, la figlia adolescente, incarna invece apertamente la nuova generazione di “outsider” ma, sebbene potenzialmente intrigante, non riesce a svilupparsi appieno, intrappolato in una serie di sottotrame che non trovano mai una vera e propria coesione.
Michael Keaton ritorna naturalmente nel ruolo di Beetlejuice, lo spirito burlone e anarchico, ma ciò che un tempo era stata una performance elettrizzante e travolgente, qui appare attenuata da una sceneggiatura (ad opera di Alfred Gough e Miles Millar, già autori della serie Mercoledì) che non riesce a dargli lo stesso spazio di manovra.
Le sue battute, che nel film originale erano taglienti e memorabili, sembrano ora più fiacche, come se il personaggio stesso avesse perso parte del suo smalto.
L’introduzione di nuovi personaggi, come Delores, la prima vendicativa moglie di Beetlejuice ritornata per tormentarlo (una Monica Bellucci versione Sposa Cadavere), prometteva invece di garantire una nuova dinamica, ma il personaggio è poco sviluppato e lascia un’impressione di incompletezza, quasi fosse un’idea appena abbozzata e poi non completamente finalizzata (sparisce per gran parte del minutaggio e torna solo al momento giusto).
Allo stesso modo, le new entry di Willem Dafoe e Danny DeVito sono trattati più come semplici comparse di lusso, senza riuscire a lasciare un’impronta significativa nella trama.
Visivamente, Beetlejuice Beetlejuice mantiene comunque l’estetica ormai distintiva di Tim Burton, con scenografie elaborate, atmosfere sufficientemente gotiche e dettagli surreali che ricordano i suoi lavori migliori.
Tuttavia, anziché sembrare freschi e innovativi, questi elementi appaiono inevitabilmente come una ripetizione di ciò che il regista 66enne ha già esplorato nei suoi lungometraggi precedenti, lambendo il confine della ‘festa a tema’. L’uso degli effetti visivi, sebbene tecnicamente impeccabile, non riesce a mascherare la mancanza di novità, dando a Beetlejuice Beetlejuice un aspetto di déjà-vu che può risultare deludente per chi si aspettava qualcosa di più attuale e sorprendente.
Come accennato, il film nel suo complesso soffre di una narrazione dispersiva, che salta tra diverse sottotrame senza mai riuscire a farle convergere in modo soddisfacente. La sensazione che si ha è quella di assistere a una sequenza di vignette scollegate piuttosto che a una storia coesa. Questo approccio frammentato non solo può confondere lo spettatore, ma riduce anche l’impatto emotivo di Beetlejuice Beetlejuice, lasciando pochissimo spazio per l’empatia verso i personaggi o per un coinvolgimento più profondo nella storia.
Il tono, che cerca di bilanciare umorismo nero, momenti horror e sentimenti nostalgici, finisce allora per essere incoerente. Gli elementi comici, che nel primo film erano perfettamente integrati con l’atmosfera macabra di fondo, qui sembrano spesso forzati e fuori luogo. Le battute e le canzoni riciclate dal capostipite (c’è anche lo zampino di Danny Elfman), anziché evocare nostalgia, appaiono stanche e prive di quel mordente che una volta le aveva rese irresistibili.
Anche l’omaggio al cinema horror italiano e a Mario Bava, sebbene intrigante, appare più come un esercizio stilistico che un elemento narrativo davvero funzionale.
In definitiva, Beetlejuice Beetlejuice è un prodotto che tenta di rivivere la gloria del passato ma finisce per inciampare in una nostalgia che non riesce a tradursi in un racconto fresco e coinvolgente.
Tim Burton, un tempo maestro nell’arte di creare mondi unici e affascinanti, sembra ormai aver perso la strada, offrendoci un’opera che, pur con alcuni momenti di interesse, lascia nel complesso un senso di incompiutezza.
Il film, con la sua trama dispersiva e i suoi personaggi sotto-utilizzati, non riesce a giustificare il lungo tempo di attesa e si rivela più una pallida ombra del suo predecessore che un sequel all’altezza delle aspettative.
Di seguito – sulle note di Tragedy dei Bee Gees – trovate il secondo trailer italiano di Beetlejuice Beetlejuice, nei nostri cinema il 5 settembre:
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