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Voto: 7.5/10 Titolo originale: 버닝 , uscita: 17-05-2018. Budget: $7,280,000. Regista: Lee Chang-dong.

Burning – L’amore brucia: la recensione del film incendiario di Lee Chang-dong

20/09/2019 recensione film di William Maga

Dopo 8 anni di silenzio, il regista coreano torna sulle scene con un'opera ineffabile e devastante, che riflette sul presente senza speranza dell'umanità

Burning – L’amore brucia (Beoning) non può lasciare lo spettatore tranquillo all’uscita dal cinema. Se a distanza di giorni si può considerare quello diretto da Lee Chang-dong un film enorme, durante la visione si è molto lontani da questa certezza. Il primo lavoro del regista coreano in otto anni, presentato al Festival di Cannes lo scorso anno, può infatti diventare spesso e ambiguo, fino al disagio. L’opacità sembra voler prevalere sull’empatia, e questo non è un meccanismo comune all’interno del cinema del 65enne di Taegu. Allo stesso tempo, però, c’è qualcosa che brucia silenziosamente in quest’opera sfuggente.

Qualcosa che ci spinge a ritornare a tutti quei momenti splendenti di puro enigma rimasti attaccati agli occhi e al corpo come invisibili braci. Passano i giorni e lo smarrimento originale diventa fascino deciso. Un fascino colmo di tristezza, perché si tratta di un film concepito dal pessimismo più assoluto per lo stato in cui si trova l’umanità.

BURNING - L'AMORE BRUCIA film posterLee Jongsu (Ah-in Yoo) incontra Shin Haemi (Jong-seo Jun) nelle frenetiche strade di Seoul. In realtà, i due ragazzi si conoscevano già, perché erano stati vicini di casa, ma lui ora non la riconosce perché lei si è operata al volto, in seguito alle derisioni subite per il suo aspetto (senza sottolinearlo troppo, Burning – L’amore brucia comincia a porre l’accento su una serie di brutture del presente, come il bullismo, il terrorismo e altro ancora). Haemi dice poi al ragazzo che presto farà un viaggio in Africa e che ha bisogno che qualcuno si occupi del suo gatto.

Jongsu accetta di farle questo favore. Lui è chiaramente un adolescente introverso, che non sa bene come gestire il rapporto con la ragazza, ma si prende una cotta. Qualcosa ha cominciato a cambiare in lui da quando si frequentano, anche se è difficile leggerlo sul suo volto impenetrabile. Il ragazzo vive da solo in una casa con fattoria vicino al confine con la Corea del Nord. Sua madre l’ha abbandonato e suo padre è in prigione. Non secondario, Jongsu vuole diventare uno scrittore.

Burning – L’amore brucia presenta almeno tre livelli di analisi. Per primo abbiamo la favola stessa, sorretta dal curioso triangolo amoroso formato dalla protagonista, d Jong-su e da un altro misterioso ragazzo che entra in scena più tardi, Ben (Steven Yeun). La storia colloca lo spettatore in uno spazio e in un tempo molto specifici: un notiziario televisivo riporta infatti che il livello della disoccupazione giovanile sta crescendo in Corea del Sud e che Donald Trump sta cercando di rafforzare le sue politiche anti-immigrazione. La violenza è ovunque e tutti possono identificare chiaramente questo paesaggio.

Ma la narrazione diventa via via via più rarefatta, e quello che era iniziato come un dramma con tinte sociologiche si sposta verso una sorta di thriller ineffabile affogato nello straniamento. Ci sono aree della storia distorte dalla soggettività del protagonista? Qui abbiamo un altro livello di lettura, quello metafisico. Come nel precedente Poetry, Burning – L’amore brucia pone al centro un personaggio che aspira a trovare un po’ di consolazione nell’arte, forse l’ultima risorsa per filtrare una realtà che lo schiaccia. Come detto, Jongsu sta cercando di scrivere un romanzo. La sua perplessità è quella dello stesso Lee Chang-dong, anch’egli artista, anch’egli sconfitto e angosciato da un mondo che non capisce. In varie interviste, il regista ha detto di voler raccontare la ‘rabbia’.

La rabbia e l’impotenza che le persone, specialmente i giovani, provano oggi. Basato liberamente su una storia breve dello scrittore giapponese Haruki Murakami (Granai incendiati), Burning – L’amore brucia si ispira anche a William Faulkner, aggiungendovi le proprie paure, col risultato di un film atipico popolato da immagini intriganti che van ben oltre il quadro del tipico “ritratto generazionale”. Perché Hae-mi studia la pantomima? Perché Jongsu si ferma sempre a quella finestra che lo attira come una calamita? Perché Ben sbadiglia così tanto? Cosa c’è di sbagliato in lui? Possibile che il Male si annoi?

Questa intuizione potrebbe suonare pretenziosa e banale, ma Burning – L’amore brucia metta a disposizione dello spettatore diversi indizi che puntino verso un’analisi allegorica. La fine cesellatura dei personaggi, le situazioni nebulose, le epifanie circospette, tutto ci spinge a decifrare le idee latenti in numerosi simboli disseminati nel film, che non si prestano a una interpretazione univoca.

BURNING - L'AMORE BRUCIA filmEd è questo il bello, quella sensazione di trovarsi di fronte a unì’opera aperta al futuro, un film con una potenza ancora inespressa, in cui segni e giochi testuali hanno appena cominciato a dischiudersi davanti all’occhio della mdp. Se osiamo parlare del Male con la lettera maiuscola come uno dei tanti possibili temi di Burning – L’amore brucia, è perché Lee Chang-dong lo aveva già affrontato in altri lungometraggi. Nel suo impressionante film del 1999, Peppermint Candy, aveva cercato di capire il carattere iper-violento e autodistruttivo del protagonista come prodotto della storia della Corea.

Tuttavia, gli atti di perversione narrati in Secret Sunshine (2007) e in Poetry (2010) sembrerebbero ascrivibili a un altro ordine, più minaccioso e bestiale. Sì, esistono soggetti che fanno del male senza sentirsi in colpa, e questi soggetti fanno parte del genere umano. Il Male non sempre trova una spiegazione. Il regista coreano espone, accompagna le vittime, ma non riesce a comprendere. Ecco perché i suoi ultimi film sono così devastanti, e da questo punto di vista Burning – L’amore brucia è il più estremo. Non c’è via d’uscita. Nemmeno una piccola luce.

Ma c’è disperazione. Questo è ciò che brucia, ciò che piange. In mezzo a una moltitudine di titoli imperturbabili rispetto alla situazione dell’umanità, questo film si innalza nella padronanza del ricordarcela e dell’abbracciarla con tutto il suo dolore. In una delle prime scene, la giovane Haemi racconta a Jongsu che i popoli Bushman, nel deserto del Kalahari, interpretano la parola “fame” in due modi. “Piccola fame” è una persona fisicamente affamata, e “molto affamata” è colui che ha fame del significato della vita.

Lee Chang-dong intende quel dialogo come un manifesto artistico, una filosofia che si può anche applicare come parametro per differenziare quali sono i film minori e quali invece sono quelli davvero importanti. Il regista potrebbe anche non avere alcuna speranza, ma evidentemente non sceglie né di isolarsi dal mondo né tanto meno di tacere.

Di seguito il trailer italiano di Burning – L’amore brucia, nei nostri cinema dal 19 settembre: