Dossier: Abarat di Clive Barker, quando la Disney progettò un parco a tema (e i film)
21/04/2020 news di Sabrina Crivelli
Sul finire degli anni '90, lo studio di Topolino acquistò a scatola chiusa i diritti per la saga fantasy, prospettando innumerevoli - e redditizie - possibilità di sviluppo per quell'universo
Clive Barker è indubbiamente uno dei nostri scrittori preferiti. Dal suo romanzo breve del 1986 Schiavi dell’inferno (The Hellbound Heart), è nata Hellraiser, lunga saga cinematografica che qualsiasi cultore dell’horror non può che conoscere e di cui lui stesso ha diretto il primo film del 1987. Il franchise conta ad oggi ben 10 titoli, l’ultimo dei quali, Hellraiser: Judgment di Gary J. Tunnicliffe, è uscito nel 2018 (la nostra recensione); non solo, è già in via di lavorazione un clamoroso reboot che vedrebbe alla regia David Bruckner.
Tuttavia, la serie incentrata sui Cenobiti non è l’unica produzione per il grande schermo che ha visto coinvolto Clive Barker (il nostro approfondimento): non solo un suo libro ha ispirato Candyman (Bernard Rose, 1992), ma lo scrittore ha anche in prima persona diretto Cabal (Nightbreed), dall’omonimo romanzo del 1988, e Il Signore delle Illusioni (Lord of Illusions), tratto dal racconto ‘The last illusion’ contenuto nei suoi Libri di Sangue (Vol. 6). Poi sono venuti il televisivo – e non proprio entusiasmante – Saint Sinner e gli episodi Haeckel’s Tale e Valerie on the Stairs per la serie Masters of Horror, e molto altro. In ultimo, è bene segnalare che sarebbe in via di sviluppo sempre dai Libri di Sangue un adattamento per HULU curato da Brannon Braga (The Orville, Star Trek).
In ogni caso, Clive Barker ha saputo spaziare ben oltre letteratura, cinema e televisione, cimentandosi in pittura e teatro, come nella creazione di fumetti, di action figures e perfino nell’ideazione di videogiochi (tra cui Jericho e Undying). Se infatti dovessimo distinguere un pregio in particolare del poliedrico scrittore e regista, indubbiamente sarebbe la sua notevole duttilità, che gli ha permesso di passare senza problemi da un medium all’altro e di avvalersi di diversi strumenti per dare vita alle sue inquietanti storie del terrore.
Non solo, qualsiasi fosse il mezzo a cui ha deciso di ricorrere nel tempo, è sempre riuscito a mantenere un’estetica unica e riconoscibile. Scorrendo dunque in rassegna le tappe della sua lunga carriera possiamo tranquillamente affermare che non ci sia nessun ambito dell’intrattenimento in cui non si sia avventurato, o almeno non sia stato vicino a farlo…
Di che cosa stiamo parlando? C’è stato un momento in cui il visionario universo creato dal perverso genio barkeriano è quasi passato dal mondo ideale a quello reale. Infatti, per poco non è stato costruita un’area tematica in un parco Disney in stile Clive Barker!
Per comprendere appieno come sia nata la strana collaborazione tra uno dei più cruenti e scioccanti “Masters of Horror” e l’allegra multinazionale mediatica per famiglie è opportuno fare qualche passo indietro. Anzitutto, bisogna sottolineare che, in verità, Clive Barker aveva già avuto rapporti lavorativi con la Disney, per quanto in maniera indiretta, attraverso la Miramax. Dinsey, difatti, nei primi anni novanta era proprietaria di quest’ultima, che a sua volta aveva acquisito i diritti sulla saga di Hellraiser nel 1992 (partendo con la distribuzione negli USA di Hellraiser III: Hell on Earth). Clive Barker, dal canto suo, era stato coinvolto in veste di produttore nel terzo capitolo e, in maniera inferiore, anche nel successivo film, La stirpe maledetta (1996). L’esperienza nefasta con quest’ultimo e il passaggio allo straight-to-video dei successivi sequel, lo avevano indotto però ad abbandonare il progetto.
Nel medesimo periodo, oltre ad allontanarsi progressivamente dal franchise di Hellraiser, Clive Barker iniziò ad abbandonare il mondo dell’horror in generale. Il passaggio aveva avuto principio già alla fine degli anni ’80, gradualmente, quando lo scrittore si era cimentato nel dark fantasy con la pubblicazione di Il mondo in un tappeto (Weaveworld, 1987).
Ciò segnò anche una svolta nella sua carriera letteraria, con la sperimentazione in nuovi e ambiziosi ambiti, che gli permise poi di intraprendere la strada che lo portò a opere magistrali – e decisamente voluminose – quali Apocalypse – Il grande spettacolo segreto (The Great and Secret Show), Everville, Galilee e Imajica.
Negli stessi anni, ha sperimentato con successo anche il romanzo per ragazzi, scrivendo La casa delle vacanze (The Thief of Always). Così, nei primi anni 2000, era diventato uno degli scrittori fantasy più importanti di lingua inglese, con diverse opere di successo alle spalle, tra cui una destinata a un pubblico di età scolare.
Fu proprio allora che, nonostante l’immagine di Clive Barker fosse ancora ampiamente collegata all’horror, la Disney lo contattò per un parco a tema, e la proposta non sembrò nemmeno così assurda. Più nello specifico, il tutto nacque da un’impresa letteraria che il romanziere era in procinto di intraprendere: una saga per ragazzi in 4 volumi (anche se poi il numero è aumentato e ad oggi sono cinque), intitolata Abarat, che non solo voleva scrivere, ma anche illustrare personalmente. Quindi, senza perdere tempo, aveva iniziato a ideare (e disegnare) alcuni dei personaggi e concept art principali.
La serie, per chi non ha familiarità, ruota attorno a venticinque isole immaginarie. Ciascuna di esse è legata a un’ora diversa del giorno, mentre la venticinquesima è legata a una dimensione fuori dal tempo.
Alcuni dirigenti della Disney vennero a sapere del nuovo progetto letterario e se subito se ne interessarono. Così, si recarono a casa di Clive Barker, dove lui li guidò attraverso il mondo magico di Abarat che stava creando, descrivendogli quella che sembrava una storia all’insegna dei sani principi.
Fatto confermato dai disegni completati fino a quel punto, che trasudavano onestà e buoni sentimenti sembravano e che l’autore aveva mostrato loro. Il mondo, la sua allegria, i personaggi e il messaggio colpirono subito gli incaricati dalla Disney che, convinti da quell’incontro, comprarono sulla fiducia i diritti su Abarat per 8 milioni di dollari.
L’accordo riguardava i copyright legati ai libri, agli adattamenti dei film già programmati, ai giocattoli e, cosa ancor più interessante, prevedeva anche un’attrazione tematica ‘minore’ da costruire sia dentro al parco di divertimenti di Disneyland che a Disney World.
Certo, l’affare fu particolarmente avventato sotto più punti di vista. In primo luogo, otto milioni di dollari sono una cifra notevole (non solo venti anni fa, ma anche ai giorni nostri), soprattutto se pensiamo che vennero investiti per acquistare una serie di libri che non era ancora stata scritta!
Certo, i dirigenti della Disney devono essersi innamorati dell’idea a prima vista, avendo subito maturato l’intenzione di costruirci attorno addirittura un piccolo impero tentacolare. E considerando il clima in cui operavano le produzioni cinematografiche nei primi anni 2000, non è poi così strano.
Clive Barker in persona lo ha spiegato nel dettaglio in una intervista su Fangoria (n. 200, marzo 2001):
Quello che hanno fatto è qualcosa che non avevano mai provato prima: hanno comprato un mondo da cima a fondo. Sono arrivati da me e hanno visto una casa piena di dipinti, e mi hanno sentito parlare di quell’universo, dei personaggi e delle loro filosofie, e hanno detto: “Vogliamo sfruttare questo materiale attraverso ogni medium in cui siamo operativi, dal cinema ai parchi a tema, fino ai giocattoli, qualsiasi cosa”. Ed era esattamente il mio sogno. Un matrimonio meraviglioso.
Intanto, nell’autunno del 2001 vennero lanciate nei cinema le saghe cinematografiche di Il signore degli anelli e di Harry Potter. Entrambe erano basati su libri fantasy di ampio successo, furono lanciati a stretto giro giochi e videogiochi di ogni tipo, ed ebbero un enorme successo al botteghino.
Va aggiunto che ambedue erano franchising ‘integrati’, in grado di produrre una nuova uscita all’anno – o poco più – fino all’esaurimento delle rispettive storie.
E anche giunti alla fine (sebbene non fosse stato pianificato da subito), abbiamo visto che tutte e due le saghe hanno trovato il modo di continuare con prequel (la trilogia di Lo Hobbit), spin-off (Animali fantastici e dove trovarli) e così via. Aspetto più rilevante ai fini del nostro discorsi, nessuna delle due apparteneva alla Disney!
Naturalmente, è facile immaginare quanto fosse grande la smania della casa di Topolino di raggiungere i medesimi obiettivi. Ne consegue che, sebbene il genio e l’energia di Clive Barker avessero indubbiamente entusiasmato i dirigenti Disney, il fattore determinante fu il desiderio dello studio di far proprio il ‘nuovo Harry Potter’.
All’incirca in concomitanza con la pubblicazione del primo libro di Abarat, iniziò quindi anche la stesura della relativa sceneggiatura per un film. Allo scopo fu designato John Harrison, che nel 2004 terminò la prima bozza. E sì, stiamo parlando dello stesso John Harrison che aveva composto le colonne sonore di Creepshow e Il giorno degli zombi (Day of the Dead) di George A. Romero, e aveva diretto I delitti del gatto nero (Tales from the Darkside: The Movie), giusto ad aggiungere un’ulteriore nota dark al progetto Disney.
Anche in questo caso, il suo coinvolgimento aveva perfettamente senso, dato che Harrison aveva da poco finito di scrivere Dinosauri (Dinosaur) proprio per lo studio. Comunque, lo studio progettava di rendere Abarat una trilogia, nonostante fossero previsti quattro libri. I primi due volumi avrebbero dovuto costituire la base per il primo lungometraggio. Inoltre, è facile supporre che la Disney abbia pianificato un’uscita all’anno, seguendo una strategia simile a Il Signore degli Anelli e massimizzare i costi di produzione.
Giungiamo quindi al cuore del discorso: che cosa ne fu poi dell’adattamento cinematografico e, soprattutto, del parco di divertimenti? Innanzitutto, la risposta più ovvia è che siamo nel 2020 e la serie di Abarat non è stata ancora completata. Il terzo volume è stato pubblicato nel 2011 (a sei anni dalla pubblicazione del secondo), poi sono passati altri nove anni. Intanto, la vena creativa di Clive Barker non si è mai esaurita e ha lavorato ad altre pubblicazioni, ma la quantità di illustrazioni presenti in ciascun capitolo di Abarat necessita un tempo di realizzazione assai più lungo della media. Inoltre, i problemi di salute che lo hanno afflitto fin dal 2011, hanno reso l’impresa ancor più difficile.
Anche quando la Disney stava attivamente sviluppando la saga, i romanzi non uscivano abbastanza in fretta per stare al passo con lo sviluppo dei film, considerando – in particolare – che il protagonista non sarebbe invecchiato tra un capitolo e l’altro, perciò non aveva senso affrettare la produzione così in anticipo rispetto all’uscita del materiale cartaceo. Se a ciò si aggiungono i consueti passaggi di potere all’interno di una grande società, e i cambi di vision tra un dirigente e il suo successore, la fine del ‘progetto Abarat in casa Disney si spiega facilmente.
Torniamo invece al nostro interesse primario: l’attrazione in stile Clive Barker. Lo scrittore ha rivelato in un’intervista rilasciata nel 2002 al Festival del libro di Los Angeles che sarebbe stato ispirato a Babilonium, un’isola immaginaria in cui sono sempre le sei di sera e dove c’è sempre il carnevale in corso. Inoltre, l’attrazione, che consisteva in un’intera isola e non un singola giostra, seguiva l’esempio di alcuni parchi di divertimento in voga al tempo.
Ad esempio, nel 1999, gli Universal Studios aprirono con notevole successo la Islands of Adventure in Florida. Quivi, si alternavano intere isole ‘monotematiche’ dedicate ai supereroi Marvel (che ancora non erano ‘passati di mano’), a Jurassic Park, al Dr. Seuss, ai personaggi dei fumetti classici e della mitologia greca. Successivamente furono aggiunti anche King Kong, Harry Potter e diversi altri. Non stupisce pertanto che la Disney volesse costruire qualcosa in grado di competere con il magnificente parco della Universal, e Babilonium era perfetta in tal senso.
D’altro canto, il fatto che la Disney tentasse di costruire un parco a tema ideato da Clive Barker per far concorrenza alla Universal ha un risvolto ironico. Come già accennato, prima di lavorare ad Abarat, lo scrittore aveva ottenuto un notevole con La casa delle vacanze. Ebbene, già dai partire dai primi anni ’90 non erano mancati i tentativi di trasporre le sue pagine sia in un live-action che in un film d’animazione. La Universal era uno degli studios più vicini a portare a termine il progetto, e non solo. Secondo l’autore, nei piani c’era anche lo sviluppo di un’attrazione per un parco a tema legata al relativo film; ciò, prima ancora di firmare l’accordo con la Disney per Abarat.
Come Clive Barker ha precisato via AOL nel 1997:
Comunque sia, per quelli di voi che conoscono il libro, la maggior parte dell’azione si svolge in una casa magica in cui ogni cosa è possibile. È una specie di parco giochi, dove i tuoi desideri più arditi diventano realtà. La Universal ha dichiarato che se il film venisse realizzato, vorrebbero ricreare questa casa come attrazione nel loro parco di divertimenti.
Pensateci per un minuto. Non si stava parlando di una tipica Halloween Horror Nights (e comunque sarebbe già notevole se fosse così). I due più grandi parchi a tema legati al cinema negli USA, separatamente e in momenti completamente diversi, hanno preso in considerazione l’incredibile idea di costruire intere attrazioni all’interno dei rispettivi parchi di divertimento basandole su due opere di Clive Barker.
Non sarebbero state ‘giostre di paese’ da smontare dopo un paio di mesi, ma strutture che probabilmente sarebbero rimaste lì per anni; anzi, se l’attrazione dedicata a E.T. l’extraterrestre è indicativa, molto probabilmente sarebbe in piedi ancora oggi, dopo 20 anni. Ed è un grande peccato che non si sia realizzata nessuna delle due.
Certo, a vederla da una diversa prospettiva, è allo stesso modo parecchio singolare che sia la Disney che la Universal avessero seriamente preso in considerazione di riservare un’ala dei loro parchi a qualcosa uscito dalla mente di Clive Barker. Ancor di più, se pensiamo che la prima pagò milioni di dollari ‘sulla fiducia’ per aggiudicarsi i diritti di un’idea.
Comunque sia, nessuno dei due studi hollywoodiani alla fine andò fino in fondo, sicuramente non trovando l’iniziativa remunerativa. E, in mancanza, degli adattamenti cinematografici della saga di Abarat, non ci resta altro da fare che dedicarci alla (ri)lettura dei libri, cercando un po’ di sana evasione tra le loro pagine, navigando in quei mondo magici.
Di seguito un breve documentario sulla creazione dei dipinti di Abarat da parte di Clive Barker:
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Fonte: BD