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Titolo originale: Hollow Man , uscita: 04-08-2000. Budget: $95,000,000. Regista: Paul Verhoeven.

Dossier | L’uomo senza ombra di Paul Verhoeven: una rivisitazione morbosa e rinnegata

08/05/2020 recensione film di Sabrina Crivelli

Nel 2000, il regista olandese rileggeva il classico di H. G. Wells aggiornandolo al presente, conferendo al protagonista Kevin Bacon caratteristiche predatorie inedite e avvalendosi di effetti speciali innovativi

l'uomo senza ombra film 2000 kevin bacon

Nel 2000 il Paul Verhoeven, regista di capolavori come Il quarto uomo (1983)RoboCop (1987, il nostro dossier parte 1 & parte 2) e Atto di forza (1990), portava nei cinema L’uomo senza ombra (Hollow Man). In teoria, il regista olandese desiderava girare, dopo Starship Troopers del 1997, qualcosa di commercialmente ‘accattivante’.

Successe però tutto il contrario: L’uomo senza ombra non ebbe il seguito che sperava – soprattutto negli USA – (su Rotten Tomatoes prende uno scarsissimo 27% di recensioni favorevoli) e la sua esperienza sul set è stata tanto tragica da determinare una spaccatura netta tra l’irriverente filmmaker e Hollywood. Paul Verhoeven ne fu tanto deluso da arrivare persino a non sentirlo nemmeno come un proprio film, accusando la superficialità a livello narrativo della sceneggiatura scritta da Andrew W. Marlowe (Giorni contati), in cui spicca il banale quanto abbozzato triangolo amoroso tra i personaggi di Sebastian, Linda e Matt.

Parlandone in un’intervista del 2016 con l’Hollywood Reporter, ha addirittura dichiarato: “Posso difendere Showgirls, ma non L’uomo senza ombra“. Il film, secondo lui, era da un lato troppo impersonale, dall’altro afflitto da un eccesso di semplificazione nell’approcciare un dilemma etico così complesso. Inoltre, il protagonista, uno scienziato affetto da superomismo (e un po’ faustiano) avrebbe sofferto dello stesso ‘mal di copione’.

L'uomo senza ombra - Paul Verhoeven locandinaEppure, un giudizio così tranciante tende a trascurare diversi aspetti piuttosto riusciti. In primo luogo ci sono gli effetti speciali, notevoli per l’epoca (come approfondiremo in seguito). Poi, soprattutto negli ultimi 30 minuti, il film si trasforma in una caccia senza sosta dominata da un killer invisibile e sanguinario, che elimina uno ad uno i membri del suo team. Qui, la suspense monta e il ritmo diventa incalzante. Forse, l’elemento più interessante – e sottovalutato di tutti – è però proprio il personaggio incarnato da Kevin Bacon, ossia il prototipo dello scienziato geniale con un’anima oscura.

Tutt’altro che inedito, per tale affascinante figura L’uomo senza ombra si ispira evidentemente al racconto L’uomo invisibile scritto da H.G. Wells sul finire dell’Ottocento, ma senza esserne un fedele – o passivo – adattamento. All’opposto, quella di Paul Verhoeven è una versione modernizzata del classico della letteratura di fantascienza e ci regala una reinterpretazione del protagonista del romanzo aggiornata ai giorni nostri addirittura più ‘immorale’ dell’originale.

Vale la pena anche notare che, nonostante il regista abbia rinnegato successivamente più volte la sua opera, la sua mano si vede, eccome; quantomeno nella morbosità proprio del personaggio centrale. Li’irriverenza è una marca di fabbrica di Paul Verhoeven, e traspare non solo nelle derive sempre più perverse di Sebastian, ma anche nelle scene erotiche che coinvolgono Linda e Matt. Senza parlare del voyeurismo della camera da presa, che porta lo spettatore a immedesimarsi con lo sguardo depravato dei Sebastian.

Insomma, un punto di vista tutt’altro che convenzionale. Infine, quello che inizialmente ci viene presentato come un brillante anticonformista, un pioniere a volte incompreso, si tramuta di colpo in un criminale privo di morale, solo perché può esserlo. Una prospettiva decisamente sovversiva, tipica del cinema di Paul Verhoeven, che ‘distrugge’ l’eroe hollywoodiano tipo trasformando nel villan.

Per questi e altri motivi, vale la pena quindi riconsiderare attentamente L’uomo senza ombra, analizzando nel dettaglio la psicologia del suo antieroe, nonché il modo in cui il regista ha saputo renderne la sfuggente fisicità

L'uomo senza ombra - Paul Verhoeven 1L’uomo invisibile di H.G. Wells e i suoi ‘figli cinematografici’

Prima di soffermarci con più attenzione su L’uomo senza ombra di Paul Verhoeven è utile aprire una celere parentesi sul suo predecessore letterarioL’uomo invisibile. Siamo nel pieno del Positivismo che vige tra ‘800 e ‘900. In questo periodo storico, le mirabolanti scoperte in ogni settore dello scibile umano alimentano la fantasia del cittadino comune, come del letterato. Ai loro occhi, le possibilità della scienza sembrano non avere limiti. In questa intemperie culturale si generano anche i primi germogli della fantascienza, non ancora strutturata in una tipologia letteraria dai caratteri ben definiti (ovvero quella che noi conosciamo), ma in una serie di geniali intuizioni su futuri possibili a partire dal progresso tecnologico radicato nel presente degli autori.

Nella fattispecie siamo nel 1881. H.G. Wells, uno dei padri indiscussi del suddetto genere, immagina in un romanzo che sta scrivendo (e che sarà pubblicato solo nel 1897) un siero che dona l’invisibilità a chi ne fa uso e lo intitola – per l’appunto – L’uomo invisibile. Il suo libro ha come protagonista il misterioso dottor Griffin, un eminente fisico che inventa la formula che permette di ‘smaterializzare allo sguardo’ oggetti e persone. Tuttavia, l’incredibile potere che discende dal non essere più percettibili agli occhi, lo conduceva su un cammino tutt’altro che virtuoso. La possibilità di compiere ogni azione, anche l’omicidio, impunemente, può indurre anche il più nobile degli animi in tentazione. Onnipotenza, senso di colpa e idea del castigo, oltre che all’intuizione visionaria erano quindi alla base dello scritto del grande romanziere britannico.

Il concept e le sue implicazioni morali non potevano non destare l’interesse del cinema e dei suoi protagonisti, sin da un’epoca piuttosto remota. Molteplici sono infatti le pellicole che si  hanno tratto spunto più o meno liberamente da L’uomo invisibile di H.G. Wells. Ad inaugurare la serie furono diversi titoli della serie dei celebri mostri della Universal (il nostro dossier parte 1parte 2).  Tra queste ricordiamo l’omonimo capostipite diretto da James Whale del 1933, il sequel Il ritorno dell’uomo invisibile (1940) di Joe May, La donna invisibile (1940) di A. Edward Sutherland, La rivincita dell’uomo invisibile (1944) di Ford Beebe e la parodia Gianni e Pinotto contro l’uomo invisibile (1951) di Charles Lamont.

Seguirono numerose versioni della pietra miliare di Wells, tra cui la commedia horror del nostrano Antonio Margheriti (girata sotto lo pseudonimo di Anthony M. Dawson) dal titolo L’inafferrabile, invincibile mr. Invisibile (1973), o le Avventure di un uomo invisibile (1991) di John Carpenter, fino ad arrivare ai giorni nostri con il recentissimo L’uomo invisibile di Leigh Whannell (la nostra recensione) . Tra queste un posto speciale è ricoperto dal sottovalutato – almeno in patria – L’uomo senza ombra di Paul Verhoeven, di seguito ve ne spieghiamo il perché.

L'uomo senza ombra - Paul Verhoeven 2L’uomo senza ombra di Paul Verhoeven: un moderno scienziato affetto da superomismo

Come detto, lo scrittore britannico ha ispirato una longeva e varia filmografia, lungo cui il suo romanzo è stato tradotto su pellicola (o in video) nelle più svariate maniere. A volte, come nell’originale, il protagonista è uno straniero sinistro, il cui capo è completamente avvolto da bende, altre la sua caratterizzazione è assai differente. Questo è il caso di L’uomo senza ombra di Paul Verhoeven, rilettura moderna e originale del personaggio, riuscendo così a tradurre (come anticipato) con un’estetica e una psicologia più adatte agli anni Duemila il fisico ottocentesco.

L’attualizzazione dell’originale parte anzitutto dal contesto. Non più un solitario e singolare viandante che arriva in una notte gelida in una locanda, L’uomo senza ombra si apre con il dottor Sebastian Caine (Bacon), un promettente scienziato che nel mezzo della notte sta lavorando a un progetto. Un’inquadratura ci mostra il suo computer. Al centro dello schermo vediamo l’immagine di una molecola in formazione, viene brevemente testata da un algoritmo, ma dopo pochi secondi appare la scritta ‘instabile’. Lui reagisce spazientito, si distrae spiando la bella vicina che rientra a casa e si spoglia, quando d’improvviso sembra aver ritrovato l’ispirazione. E poi, eureka! Questa volta la configurazione molecolare dà un risultato positivo: il geniale biologo ha trovato la formula dell’invisibilità. L’obiettivo? “Mettere in transizione di fase un essere umano fuori dalla sincronia quantica dell’universo visibile e farlo tornare indietro intatto e senza effetti tardivi”.

Infatti, Sebastian è alla guida di un programma di ricerca segreto per sviluppare un siero dell’invisibilità reversibile destinato ad uso militare. Insomma, nulla di idealistico. D’altra parte, nemmeno le motivazioni del suo predecessore libresco, Griffin, erano particolarmente nobili, visto che voleva ottenere fama e rispetto presso i suoi colleghi e ingenti somme di denaro dalla sua scoperta. Anche più di lui, Sebastian è dipinto come un genio dall’etica piuttosto dubbia. Sin da principio, prima lo vediamo all’apice del suo potenziale, mentre lavora alla sua grande scoperta, e una manciata di fotogrammi dopo intento a un inopportuno slancio di voyeurismo. Tipico maschio alfa, sfreccia sulla sua Porsche verso il laboratorio, è avvezzo a trasgredire le regole e decisamente poco empatico verso le cavie del suo laboratorio, che è pronto a sacrificare all’occorrenza senza pensarci due volte.

Così quando Isabel, il gorilla su cui è stata testata la molecola, viene rianimato con successo, afferma “fissiamo la vivisezione per lunedì, voglio controllare il sistema neuropatico”. Alla risposta indignata della veterinaria dell’equipe (Kim Dickens), che afferma: “l’hai appena riportata indietro e adesso vuoi farle a fette il cervello!?” replica in modo parecchio violento: “io non dirigo uno zoo di m**da!” La situazione viene salvata in corner suggerendo che stesse scherzando – fatto palesemente non vero-, ma rivela un altro un mix di aggressività e carenza di sensibilità.

L'uomo senza ombra - Paul Verhoeven 3Questo è solo un assaggio  del suo smodato egocentrismo. Prima di iniziare la proceduta su Isabelle, si definisce addirittura “Dio”; certo, lo fa con il riso sulle labbra, ma l’dea che ha di sé è tutto tranne che umile. La ricerca stessa della formula per l’invisibilità è tesa a confermare il suo ego. Una volta trovato un modo per invertire il processo, lui e due colleghi, Linda McKay (Elisabeth Shue) – sua ex-fidanzata – e Matt Kensington (Josh Brolin), devono fare rapporto al Pentagono.

Interrogato da una commissione, il protagonista mente (rivelando un altro lato oscuro della propria personalità) affermando che non sono ancora arrivati a stabilizzare il processo. Perché mai non comunica i propri successi? Ovvio, perché vuole essere il primo e ha paura che i militari gli tolgano il progetto senza che sia lui a portato a compimento. Dunque, torna in laboratorio, e mentendo di nuovo convince la sua squadra a testare su di lui la molecola.

Giunti a questo punto di L’uomo senza ombra, possiamo forse affermare di aver di fronte un individuo integerrimo? Sicuramente no. Sebastian manipola, dissimula e ha decisamente poco rispetto per tutto ciò che non sia lui stesso. L’immagine sicura e affascinante che dà agli altri di sé è decisamente migliore di quanto sia realmente, come sottolinea la sua ex e collega Linda, quando interrogata dal nuovo amante, Matt, replica: “voglio confidarti un segreto, il concetto di Sebastian è molto più attraente di Sebastian in persona”.

L’egocentrismo, però, non è decisamente il peggio a cui può arrivare, come scopriamo dopo a circa un terzo del minutaggio. Difatti, quando il protagonista viene ‘smaterializzato’, qualcosa cambia, o emerge in lui. La sua bussola morale sembra andare del tutto in tilt. Quindi, da simpatico presuntuoso, egoista e un po’ megalomane, si trasforma in un abbietto criminale. Proprio qui risiede l’interrogativo centrale – e un po’ dostoievskiano – di L’uomo senza ombra: se completamente libero di agire senza alcuna conseguenza o punizione, l’uomo dà sfogo alle proprie peggiori pulsioni?

Basandoci sulla condotta di Sebastian la risposta è decisamente affermativa. Una volta superata la “transizione di fase bioquantica” sembra trasformarsi in un’altra, e decisamente più abietta persona. La forma è mutata – ora che non riesce più a guardarsi allo specchio-, ma cosa succede alla personalità, alla sostanza? Un indizio viene dal gorilla Elisabeth, docile bestiola nella norma, violenta e iper-aggressiva quando è trasparente. Il siero avrà lo stesso effetto su Sebastian? È possibile.

O forse, visto la sua natura di guardone suggerita già dalle prime sequenze, ora che nessuno lo può scoprire lo induce a dar libero sfogo ai suoi più turpi desideri, in un crescendo di perversione. Anzitutto, la notte stessa della mutazione, spoglia per metà e palpeggia una collega di guardia. Passano una manciata di ore e fa avance decisamente spinte, con tanto di mani addosso a Linda.

L'uomo senza ombra - Paul Verhoeven 4Trascorrono dieci giorni e, stufo di rimanere serrato nel laboratorio, Sebastian si avventura nel mondo esterno. Tornato a casa a recuperare libri e musica per intrattenersi nella lunga reclusione, d’un tratto vede la vicina che come al solito si spoglia. “Non pensarci nemmeno!” si dice inizialmente, ma dopo qualche secondo si risponde da solo: “Tanto chi lo saprà?”. Allora si guarda allo specchio, e si decide ad agire. Suona al campanello della bella sconosciuta che poco avvedutamente apre la porta, entra nel suo appartamento e, forte della sua impunità, la violenta. Insomma, una scena in puro stile Entity di Sidney J Furie…

A partire da questo momento in poi tutto degenera. Da stupratore ad assassino seriale il passo è assai breve. Prima uccide un cagnolino scagliandolo contro la parente metallica della sua gabbia perché abbaiava troppo. Poi, quando i colleghi avvisano il capo della commissione dell’esperimento su una cavia umana andato male, per evitare che dirami l’allarme, elimina pure lui. Il resto è carneficina… Ormai fuori controllo e terrorizzato di essere scoperto, isola nella struttura segreta i propri colleghi, deciso a eliminare chiunque sappia della propria esistenza. A questo punto da biologo si tramuta in un killer invisibile alla Predator che uccide una ad una le sue prede e poi scompare. Chi viene strangolato con una flebo, chi a mani nude, chi trafitto con con un piede di porco e chi lasciato in una stanza refrigerante a congelare…

Il motivo ultimo per cui un brillante scienziato si sia tramutato in uno spietato assassino e maniaco sessuale non è mai del tutto chiarito nel film. Una certa predisposizione però esiste, come sottolinea una collega quando afferma: “C’è la natura umana e poi c’è quella di Sebastian. Dice sempre che lui è Dio, immagina che cosa farebbe se fosse senza freni …” Tuttavia, una tale, drammatica degenerazione morale giunge parecchio inaspettata, nonostante qualche indizio qua e là nel corso del film. Quindi, non possiamo che porci la medesima domanda che Matt fa a Sebastian mentre è braccato: “È il siero che ti ha fottuto il cervello o il potere?” Lasciamo la risposta alla vostra interpretazione.

Il volto sfuggente dell’uomo invisibile

Non potremmo concludere il nostro discorso su di L’uomo senza ombra, senza prima prendere in esame un ultimo essenziale aspetto. Se problematica è la rappresentazione della psicologia dello scienziato invisibile, ancor più lo è quella materiale. D’altronde, il nucleo stesso della narrazione, ossia l’invisibilità del protagonista, è intrinsecamente anti-cinematografico; renderlo in maniera efficace attraverso l’occhio della camera non è affatto scontato.

Eppure, Paul Verhoeven trova modi vari ed ingegnosi per visualizzare ciò che sfugge allo sguardo. Un ruolo fondamentale è giocato dai notevoli straordinari effetti speciali di Scott E. Anderson, Craig Hayes, Scott Stokdyk e Stan Park, che giustamente si guadagnarono una nomination all’Oscar nel 2001. Li possiamo analizzare su due livelli: la motivazione narrativa e la realizzazione pratica.

Anzitutto, all’interno della narrazione si susseguono una serie di escamotage che ne giustifichino la messa in scena. Come rendere percettibile la fisicità di Kevin Bacon, nonostante fosse trasparente? C’è la graduale materializzazione (o smaterializzazione) dei tessuti lungo la procedura quantica, in cui vediamo il corpo che si svuota della pelle, delle vene, degli organi interni e dello scheletro osseo, finché non rimane più nulla. Inoltre, al posto delle più rudimentali bende ‘letterarie’, per dargli forma, Sebastian viene ‘rivestito’ di una maschera di lattice color carne. Sul finale, poi, quando la suspense s’accresce, ci sono trucchi più inventivi. Da sacche di sangue gettate a mo’ di vernice al getto dell’estintore, dal vapore acqueo dai tubi fino all’epiderma ustionato, diversi sono i trucchi per una messa in scena ad effetto della silhouette del protagonista, per mostrarci che incombe sulle sue future vittime.

l'uomo senza ombra film 2000 Elisabeth ShueInteressante è notare anche che alcune idee sono state tratte da celebri predecessori. Un esempio? Le termocamere ricordano molto a livello visivo proprio il Predator di John McTiernan. Tuttavia, al contrario del fanta-horror del 1987, questa volta a portare il visore non è il cacciatore, ma le sue prede…

Inoltre, c’è una scena che ricorda incredibilmente Alien di Ridley Scott (1879, il nostro speciale). Siamo nei corridoi bui e claustrofobici di una struttura sotterranea (che di poco si discostano nell’estetica da quelli dell’astronave raffineria Nostromo). Matt e Carter (un altro membro dell’equipe, incarnato da Greg Grunberg) sono partiti alla ricerca di Sebastian, guidati da Linda, la quale dalla sala di controllo centrale sta localizzando il loro avversario grazie a un rilevatore di movimento.

I due non riescono a vedere il collega ormai impazzito; uno sento un rumore, spara (con una pistola che lancia siringhe di anestetico), ma non è nulla. Intanto, l’altro d’improvviso viene attaccato alle spalle dall’aggressore. Intanto, Linda guida Mat sulla posizione del nemico che, prima è esattamente sopra di lui, poi davanti; nonostante le direttive di lei, lui non riesce a vederlo, a localizzarlo. Vi ricorda qualcosa? Successivamente, la letale “mosca cieca” prende una diversa direzione rispetto ad Alien, e continua con Sebastian che riempie una stanza di vapore in modo da neutralizzare gli occhiali termici per poi assalire sua preda indisturbato. Tuttavia, le somiglianze sono abbastanza palesi.

l'uomo senza ombra film 2000 kevinDescritto cosa avviene nella finzione filmica, non ci resta che esplorarne la realizzazione tecnica. In primis, Kevin Bacon era realmente presente sul set durante ciascun ciak, in modo da poter interagire con il resto del cast e gli oggetti. Come, allora, renderlo invisibile e visibile allo stesso tempo? La sua immagine doveva per forza essere cancellata dalla pellicola.

Per riuscirci, nelle scene in cui doveva essere invisibile, l’attore era interamente vestito e truccato di un colore solo (in base alle necessità verde, nero o blu). In sede di post produzione, la porzione che doveva risultare trasparente veniva cancellata grazie ad una tecnica chiamata chroma key.

Tuttavia, rimanevano dei ‘buchi’ nel girato. Di conseguenza era necessario rigirare esattamente la stessa sequenza, ma senza l’attore e gli altri attori. Più precisamente, ogni ciak buono, alla camera venivano fatti compiere gli stessi identici movimenti (che erano stati prima appositamente registrati da un computer), così da avere poter completare l’immagine. Infine, è stato necessario riprodurre digitalmente l’anatomia completa dell’attore protagonista, necessaria per quelle sequenze in cui diventava invisibile progressivamente. Per far ciò, è stata fatta una scansione digitale che tenesse conto delle contrazioni dei muscoli in movimento, mentre per lo scheletro è bastata una ‘semplice’ scansione 3D generica.

Costato ben 95 milioni di dollari, L’uomo senza ombra ne raccolse globalmente ‘solo’ 190, deludendo le aspettative dello studio e costringendo Paul Verhoeven a lasciare Hollywood e ritornare in Europa, dove solamente dopo sei lunghi anni sarebbe tornato alla regia, per Black Book.

Di seguito una movimentata scena di L’uomo senza ombra: