Voto: 7/10 Titolo originale: Rambo: First Blood Part II , uscita: 21-05-1985. Budget: $44,000,000. Regista: George P. Cosmatos.
Dossier | Rambo Saga: La vendetta cala implacabile nel 1985 (Parte II)
18/09/2019 recensione film Rambo 2 - La vendetta di Francesco Chello
A tre anni dal primo capitolo, Sylvester Stallone torna nei cinema con un film che lo riporta nell'inferno del Vietnam, diretto da un George P. Cosmatos che trasforma il personaggio in un'icona
Rambo 2 – La vendetta (Rambo: First Blood part II ) giunge nelle sale puntuale tre anni dopo il primo capitolo (la nostra analisi), nel 1985, qualche mese prima del quarto Rocky. Ed è qui che arriva la svolta per il veterano del titolo, che si trasforma nell’icona leggendaria riconosciuta ancora oggi. John Rambo diventa un eroe indistruttibile, simbolo di un cinema d’azione che muta insieme al suo personaggio. Rambo 2 ridefinisce il blockbuster d’azione, crea un modello di riferimento su cui verranno modellati decine di film (spesso cloni e imitazioni) negli anni a venire, trasforma il genere action rendendolo muscolare e spettacoloso.
Proprio come Rocky, la serie prende una direzione più ‘popolare’ (da non intendersi in senso negativo) dopo un esordio più profondo e narrativamente più ambizioso. Rambo 2 – La vendetta, pur non disdegnando momenti di emotività più intensa che arricchiscono il background del personaggio, è un film che rispetto al suo predecessore si spoglia di quelle intenzioni più nobili e intimiste, puntando forte su adrenalina, azione e spettacolarizzazione. E se il primo film resta, chiaramente, il migliore della serie proprio per la sua complessità contenutistica, questo sequel viene premiato dalla scelta e si conquista comunque un posto d’onore nel suo (nuovo) genere d’appartenenza.
Un film che più o meno inconsapevolmente si ritrova anche un’aura propagandista: l’allora presidente americano Ronald Reagan (che il cinema lo conosceva bene) cita più volte il personaggio nei suoi discorsi, la svolta di Rambo sembra fatta apposta per la politica interventista di Reagan. Se nel 1982 lo status del personaggio poneva in cattiva luce i risultati della politica del paese del decennio precedente, il ritorno all’eroismo del secondo capitolo rivalutava positivamente il ruolo del soldato che fa il suo dovere per un paese che si suppone stia nel “giusto”.
Divagazioni politiche a parte, l’ambito del cambiamento è questo, la connotazione di storia e personaggio subisce una trasformazione essenziale. John Rambo attraversa una sorta di redenzione, passa da vittima di un sistema ad eroe a tutto tondo, da personaggio fragile e sofferente a macchina da guerra; non ci sono intolleranti persecuzioni di cui vendicarsi, lui ora è il buono a tutti gli effetti, gli vengono forniti nemici in quantità industriale su cui potersi sfogare – tra vietnamiti, russi e serpi in seno al suo schieramento.
Sbiadiscono le sfumature, adesso è tutto o quasi bianco/nero nella più classica delle situazioni dei buoni contro cattivi, con i cattivi che meritano tutti di morire (male, possibilmente). C’è la storia da riscrivere, il Vietnam da ribaltare, John Rambo viene messo al centro del suo elemento, al centro di una guerra, è padrone della situazione e fa quello per cui è stato creato.
Per fortuna, come accennavo in precedenza, seppure in misura minore non manca la voglia di arricchire il background e la personalità del personaggio, di far venire fuori lo spirito che lo contraddistingue. Samuel Trautman si conferma trait d’union, l’unico che può convincerlo a tornare in battaglia, l’unico di cui fidarsi, l’unico a cui interessa la sopravvivenza di Rambo. Richard Crenna si presenta nuovamente con alcune frasi a effetto sul suo pupillo più efficaci delle pallottole, si scontra ancora una volta con ottusità e gioco sporco, stavolta di un viscido burocrate a cui viene dato l’azzeccatissimo volto di Charles Napier, con Martin Kove tra i suoi scagnozzi.
Rambo deve fronteggiare un tradimento da parte della parte sbagliata dell’esercito che mina ulteriormente le sue convinzioni di patria e giustizia – non a caso la chiosa finale cita un paese che dovrebbe amare i suoi patrioti nella stessa maniera in cui viene amato. Emotivamente parlando, c’è spazio per un breve ma intenso momento sentimentale che finisce per essere un ulteriore colpo al cuore di Johnny; la storia d’amore con Co-Bao (interpretata dalla sensuale Julia Nickson, all’esordio cinematografico) muore praticamente sul nascere, quel bacio resterà l’unico love interest di Rambo in tutta la saga.
Ed è proprio a Co-Bao che Rambo/Stallone fa un discorso sull’essere expendable, un termine non casuale su cui costruirà il suo nuovo franchise 25 anni dopo. Il senso di giustizia di Rambo gli impone di sovvertire ordini che ritiene ingiusti, i commilitoni missing in action (altro tema delicato dopo quello dei veterani al rientro) meritano di essere salvati ad ogni costo. Vengono persino aggiunti dettagli al suo vecchio curriculum di guerra (di cui si accenna in First Blood), in cui si parla di 59 uccisioni accertate in Vietnam – surclassate poi dalla bellezza dai 75 nemici ammazzati (sugli 85 totali del film) nel corso del solo Rambo 2 – La vendetta.
Il primo draft della sceneggiatura viene firmato da James Cameron nello stesso periodo in cui era in pre-produzione su Aliens – Scontro Finale. La bozza prevedeva una spalla per John Rambo, non proprio comica ma sicuramente più leggera, ruolo che poteva essere di John Travolta. Ma Sylvester Stallone non è convinto ed ancora una volta ci vede giusto, chiede ed ottiene di poter modificare lo script di cui firma la versione finale che poi arriva sullo schermo.
Quasi superfluo sottolineare con quale entusiasmo e determinazione arrivi Sly a questo progetto. Si presenta tirato a lucido, se nel primo film vantava già una forma invidiabile, in questo sequel alza l’asticella presentandosi in una condizione che diventerà modello di riferimento come il personaggio o il film stesso.
Merito del grande Franco Columbu, scomparso da pochi giorni già trainer della star, che, per l’occasione, chiede al suo allenatore di raggiungere il classico ‘next level’, per il quale saranno necessari otto mesi di allenamenti di almeno quattro ore al giorno, a cui si aggiungono corsi su tecniche di combattimento, corpo a corpo e tiro con l’arco. La sua interpretazione è in linea col percorso del suo personaggio, meno spazio a insicurezza e fragilità, tutta grinta e tenacia, tanto coraggio e un cuore enorme, un eroe tremendamente cazzuto che da solo vale un esercito e si carica sulle spalle una missione apparentemente suicida e la vita di militari abbandonati. Le prove fisiche a cui si sottopone superano, se possibile, le già impegnative fatiche del primo film, Sly sembra quasi felice di sguazzare nel fango e nella melma, si fa torturare, sposta il filo spinato a mani nude, porta uomini moribondi in spalla.
Vengono aggiunte nuove skills, come quella del sopracitato tiro con l’arco, in cui Rambo è praticamente infallibile. Il bodycount è copioso, i corpi cadono uno dietro l’altro in modi diversi, la scena in cui Rambo spunta dalla parete ricoperto di fango (con messa a fuoco sull’occhio che si spalanca) è una chicca di cinema omicida, per non parlare del tocco splatter di George Cheung che salta in mille pezzi colpito in pieno da una freccia esplosiva.
Cambio di registro in cabina di regia, Ted Kotcheff lascia il posto a George Pan Cosmatos. Se l’approccio di Kotcheff era più intellettuale, quello del regista greco è più visivo, viscerale, in linea con le nuove esigenze narrative. Cosmatos esalta l’azione allo stesso modo in cui si sofferma sui muscoli sempre in tensione di Sykvester Stallone (esaltati ad ogni inquadratura, anche perché Rambo è quasi sempre senza maglietta), ne coglie sempre l’intensità cinematografica.
Come mi capita di dire spesso, a mio parere Rambo 2 – La vendetta compone, insieme a Cobra e Tombstone, il ‘triplete’ di George P. Cosmatos. Esplosioni spettacolari, scene d’azione ad ampio respiro coordinate nei minimi dettagli, sparatorie che vedono coinvolte decine di comparse, un bellissimo duello aereo (tra elicotteri) di ispirazione quasi western tra Rambo ed il Tenente Colonnello Podolvskij, russo perfido e glaciale affidato a Steven Berkoff – che l’anno prima aveva preso parte a Beverly Hills Cop, progetto nato per Stallone che lo abbandona spostando lo script su Cobra, in cui lavorerà ancora con Cosmatos.
Tutto cadenzato da ritmo e pathos. Lavoro eccellente del reparto stunt, in cui purtroppo si registra l’unica nota negativa, un incidente che costa la vita allo stuntman Cliff Wenger Jr., alla cui memoria verrà dedicato il film, sui titoli di coda che scorrono sulle note di Peace in Our Life di Frank Stallone, fratello di Sly. Location ancora una volta indovinatissime: dopo aver sondato la Thailandia la produzione sceglie l’insospettabile giungla di Acapulco, che si rivelerà risorsa preziosissima per la riuscita del film, per tipologia, oltre che per i colori, su cui il direttore della fotografia Jack Cardiff farà un ottimo lavoro.
Rambo 2 – La vendetta arriva nelle sale statunitensi il 22 maggio del 1985, mentre in Italia esce (nuovamente) a dicembre dello stesso anno. Il successo è ancora più clamoroso, 300 milioni di dollari incassati in tutti il mondo a fronte dei 44 milioni di budget. John Rambo diventa un’icona, un simbolo. Ma anche un brand, dal merchandising di ogni tipo ai videogames e i cartoni animati – una serie da 65 episodi nel 1986. Rambo è pure un sostantivo, un modo di dire, fare qualcosa “alla Rambo” è un’espressione esplicita già di suo che non necessita di essere spiegata.
Di seguito l’intera scena iniziale in italiano:
© Riproduzione riservata