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Voto: 7/10 Titolo originale: Silent Hill , uscita: 21-04-2006. Budget: $50,000,000. Regista: Christophe Gans.

Dossier | Silent Hill di Christophe Gans: quando il film rende onore al videogioco

17/02/2020 recensione film di William Maga

Nel 2006, Radha Mitchell era la protagonista di un adattamento cinematografico tra i più fedeli e riusciti di sempre, capace di replicare splendidamente le atmosfere e i personaggi da incubo della fonte

silent hill 2006 film

Se doveste trovarvi nella situazione di dover stilare una classifica degli adattamenti cinematografici più riusciti di un videogioco, avreste quasi sicuramente solo un paio di certezze: la prima, che la lista di titoli degni di farvi parte sarebbe piuttosto limitata; la seconda, che Silent Hill del 2006 occuperebbe una posizione di rilevo.

All’interno di un panorama di trasposizione ‘dal vero’ desolanti e abomini ben poco fedeli al materiale di partenza, Silent Hill si distingue perché tratta le fonti col dovuto rispetto. Christophe Gans era apertamente un fan del franchise horror della Konami e se ne era accaparrato i diritti personalmente, convincendo poi gli sviluppatori a lasciarlo in sella al progetto dimostrando la sua ampia familiarità con la saga. Il regista francese si era inoltre già fatto un nome in campo internazionale con l’intrigante Il Patto dei Lupi nel 2001, opera capace di conquistare anche il sempre difficilissimo botteghino americano.

silent hill 2006 film posterA dimostrare l’assoluta devozione, anche dopo aver messo le mani sulle licenze necessarie, Cristophe Gans si assicurò che ci fosse una PlayStation nelle vicinanze durante il periodo delle riprese, in modo da poter istruire sia il cast che la troupe su cosa fare.

Il co-sceneggiatore di Pulp Fiction (e giocatore) Roger Avary venne ingaggiato per scrivere il copione del film, che era vagamente basato sul primo capitolo della serie, ma con un grande cambiamento. Il gioco raccontava la storia di un padre che cercava la figlia perduta nella città fantasma di Silent Hill, passando dal mondo reale a una dimensione alternativa da incubo per ritrovarla. Per il lungometraggio, fu però l’australiana Radha Mitchell (Pitch Black) ad essere scelta per il ruolo principale di Rose Da Silva, una madre determinata a scoprire perché questa misteriosa cittadina abbia una tale presa sulla figlia adottiva, Sharon (Jodelle Ferland).

Andando contro la volontà di suo marito, Christopher (Sean Bean), la donna parte così alla volta di Silent Hill da sola, e inconsapevolmente si ritrova bloccata – in compagnia soltanto di una tenace poliziotta, Cybil Bennett (Laurie Holden) – nella città spettrale, avvolta nella cenere che costantemente cade dal cielo plumbeo e dall’oscura maledizione che la sovrasta.

Considerando che popolarissimi videogiochi come Max Payne, Hitman, Tomb Raider e – recentemente – Sonic (la recensione) sono stati passati nel tritacarne degli studi hollywoodiani, venendo risputati come adattamenti piuttosto convenzionali, Silent Hill ha invece opportunamente (per gli appassionati, non per il box office, che lo bocciò con 100 milioni incassati a fronte di 50 di budget …) provato a imitare da vicino le atmosfere da survival horror dei giochi stessi, ricreandone in modo efficace – specie nella prima metà – l’inquietudine, l’isolamento e la nebbia densa di terribili presagi che in origine aveva messo i giocatori a durissima prova nervosa. Sono queste le qualità che contraddistinguono il film, poiché l’attenzione di Christophe Gans era rivolta al tono e all’emulazione diretta dell’esperienza di gioco stesse, invece che limitarsi a ‘rubare’ ai giochi ambientazioni e scenografie.

‘Di Genere’ è davvero una classificazione chiave qui, poiché le radici di Silent Hill nell’horror più surreale e psicologico hanno fornito al regista e a Roger Avary un trampolino di lancio per un tipo molto diverso di ‘videogame movie’, del tipo che combina un gruppetto di persone comuni che trovavano l’orrore nel cuore dell’America – come succede nei romanzi di Stephen King – con la lugubre ed ed angosciante eleganza tipica dei classici del cinema del terrore asiatici di quegli anni come Ringu o Two Sisters. Per quanto concerne la stessa città, lo sceneggiatore ha scelto di ‘abbellire’ il materiale originario rubando dettagli dal mondo reale, plasmando Silent Hill sulle fattezze città minerarie abbandonate che vennero nella storia davvero evacuate dopo che scoppiarono incendi del carbone presente nei tunnel.

Christophe Gans, nel frattempo, si concentrò su aspetti specifici del mondo dei VG, dalle interferenze della radio alla leggera caduta della cinerea neve, creando una prima ora di film che incede secondo il suo ritmo mentre la tensione cresce. Per lunghi tratti dell’esplorazione di Rose tra i sotterranei e i corridoi della deserta Silent Hill, udiamo ben pochi dialoghi, solo silenzio e la minaccia di qualcosa di raccapricciante dietro l’angolo. E quando quella minaccia si rivela, è tutt’altro che familiare.

Presto, il pubblico diventa diffidente nei confronti del suono di una lontana sirena antiaerea, che segnala il passaggio tra l’isolamento malinconico della città deserta e un terrificante ‘Altromondo’ costipato di mostruose creature e abietto terrore. Ogni nuova creatura – che si tratti delle infermiere senza volto, o dell’enorme Pyramid Head con la sua grossa mannaia – è sì presa fedelmente dai VG, ma appare dalla fitta oscurità di Silent Hill come una figura di un incubo, personaggi contorti dal chiaro obiettivo: rovinare il soggiorno forzato di Rose.

Radha Mitchell in Silent Hill (2006) filmLavorando con il direttore della fotografia Dan Laustsen e la scenografa Carol Spier, Christophe Gans predispone scorci e sequenze genuinamente terrificanti. La città avvolta dalla nebbia e fatiscente è già abbastanza sinistra di suo, ma i momenti che preannunciano il passaggio dal buio alla totale oscurità, quando il tessuto della realtà si disintegra per rivelare l’Altromondo infernale e arrugginito, è qualcosa che da soli vale la pena di vedere.

Questo flusso imprevedibile e minaccioso di immagini visivamente potentissime ed evocative si dipana sullo schermo come una allucinazione da incubo, e a volte il regista sembra più intenzionato a creare una sorta di poema sonoro di quanto non stia raccontando una storia. Le sequenze estese e surreali hanno più di qualcosa in comune con il lavoro più oscuro e ineffabile di David Lynch, in particolare i momenti più sconcertanti di INLAND EMPIRE, uscito nei cinema nello stesso anno di Silent Hill.

Se da una parte cerca quindi di emulare determinate immagini, angoli della telecamera e l’aspetto generale dei VG di Silent Hill, il regista sapeva altrettanto bene che c’era un componente fondamentale che avrebbe dovuto in qualche modo provare a replicare: la colonna sonora. La sua soluzione è stata semplice e ispirata, coinvolgendo direttamente il compositore Akira Yamaoka e chiedendogli sostanzialmente di rimaneggiare per il cinema alcuni dei migliori momenti musicali del franchise. Il risultato sono partiture eclettiche, che vanno da dolci melodie al pianoforte a spaventosi rumori industriali, passando dalla bellezza al terrore in un istante.

A conti fatti, la parentela tra il film e il videogioco originale è sorprendente, ed è raro che qualsiasi adattamento – di VG o altro – sia così simile alla sua fonte senza inciampare sul proprio senso di riverenza. Sfortunatamente, però, nonostante tutti i suoi trionfi stilistici e di atmosfere, la fedeltà di Silent Hill è anche la causa principale della sua caduta.

Dopo aver replicato con successo l’emozionale e snervante esperienza sensoriale dei VG mentre Rose si addentra nella città, affrontando l’oscurità con nient’altro che una lucina tremolante, il film annulla sistematicamente quasi tutto il suo duro lavoro, concentrandosi su dialoghi eccessivamente prolissi che ricordano le cutscene dei videogiochi. Una volta che ci viene introdotta la setta che risiede da quelle parti e ci viene raccontato in un lungo flashback della caccia e del rogo rituale di una presunta strega bambina, il film si avventura nel raccontare – invece che mostrare – Silent Hill, spiegando per filo e per segno tutta quanto c’è di inquietante e di misterioso, delle sue molteplici dimensioni e degli orribili abitanti attraverso dettagli crudi e confusi.

silent hill 2006 film infermierePer un certo periodo di tempo, il film era stato sorprendentemente più interessato alle atmosfere e all’aspetto visivo che ai personaggi o alle sottotrame, ma la conclusione, in tutta la sua fretta, lo scaraventa dalle parti del B-Movie più scontato, pieno di leader di sette che citano versetti della Bibbia mentre i loro zelanti seguaci gridano “brucia la strega!”. All’improvviso, si deraglia in direzione di The Wicker Man (la recensione), ma malamente.

Il finale ambiguo, che suggerisce che Rose e Sharon siano ancora bloccate nel grigio mondo di Silent Hill, lasciava intendere che ci sarebbe stato spazio per altre storie da raccontare, ma il sequel fu soggetto a vari ritardi, dopo che Christopher Gans era ormai passato ad altri progetti e la carriera di Roger Avary aveva subìto una brusca frenata a causa della condanna per omicidio colposo involontario dopo un incidente stradale, con Silent Hill: Revelation 3D di Michael J Bassett (Solomon Kane) arrivò nelle sale nel 2012, con modesto riscontro di pubblico e critica.

Tuttavia, è freschissima la notizie che il regista francese starebbe lavorando proprio sul suo grande ritorno alla guida della saga. Non ci resta che aspettare.

Di seguito una clip da Silent Hill: