Titolo originale: WALL·E , uscita: 22-06-2008. Budget: $180,000,000. Regista: Andrew Stanton.
Dossier | WALL•E di Andrew Stanton: quando il silenzio è d’oro (per un po’ almeno)
29/05/2020 recensione film WALL•E di William Maga
Nel 2008 la Pixar portava nei cinema un film per metà quasi completamente muto, spingendo ogni oltre confine sperimentato prima la narrazione per sole immagini
In un certo senso, è estremamente appropriato che Presto – un brillante cortometraggio di genere slapstick in stile Looney Tunes tra i migliori pre-film della Pixar di sempre – parli di magia, perché “magica” è la parola che viene subito in mente quando si vuole descrivere l’opera animata di fantascienza a cui è stato associato nel 2008, ovvero WALL-E di Andrew Stanton (Alla ricerca di Nemo). O, per essere forse più precisi, per illustrare i suoi primi 35 minuti – perché, un po’ sorprendentemente, ci troviamo in realtà davanti a qualcosa più simile a due mediometraggi ‘incollati’ insieme piuttosto che a uno solo, coerente nell’aspetto e nel tono. È quasi come se lo studio e i suoi realizzatori a un certo punto, esattamente a metà, abbiano avuto paura delle possibili ‘conseguenze’ (leggi accoglienza da parte di critica e pubblico, con conseguente minaccia sui possibili incassi) dell’imprevedibile scommessa narrativa che il film aveva piazzato fino a quel momento, decidendo di ripiegare in territorio più sicuro, più vicini a quelli del precedente Cars – Motori ruggenti (2006).
Il che, a conti fatti, è un peccato, perché quell’azzardo – spendere quasi un’ora di un film con praticamente nessun dialogo, poggiandosi soltanto sugli effetti visivi e i rumori ambientali – avrebbe ripagato profumatamente. Con le uniche interruzioni che concernono alcuni frammenti di filmati di esseri umani (di per sé già una cosa ‘strana’ da vedere in un lavoro della Pixar), assistiamo in apertura a una delicata commedia quasi totalmente silenziosa e assolutamente meravigliosa (forse un omaggio all’epoca del muto di Charlie Chaplin e Buster Keaton). Dal momento in cui incontriamo per la prima volta WALL-E (acronimo per Waste Allocation Load Lifter Earth–Class) – ‘cugino’ di Numero 5 di Cortocircuito e ultimo robot destinato allo smaltimento dei rifiuti rimasto sulla Terra per ripulire la superficie mentre l’intera umanità è migrata nello spazio in attesa che il pianeta diventi di nuovo abitabile – è istantaneamente adorabile coi suoi occhioni espressivi, un trionfo assoluto di quell’animazione costruita intorno al personaggio, sia visivamente che acusticamente.
L’animazione, chiaramente, è l’attributo più importante in mostra sullo schermo – quasi inutile quando si recensisce un film Pixar sottolineare come le tecniche al computer vengano ogni volta spinte ai limiti, ma in questo caso è un fattore ancora più importante del solito, e non solo perché l’onere di gran parte della narrazione pesa su di essa. Siamo davanti a un’ambizione mai vista nei titoli precedenti dello studio – WALL-E ha l’intero pianeta per sé, dopo tutto, quindi lo spettatore è sottoposto a un numero di paesaggi splendidi e vastissimi.
In effetti, la natura estremamente “filmica” dell’aspetto del film è meno sorprendente quando si scopre che della fotografia si è occupato il 13 volte nominato all’Oscar Roger Deakins (e vincitore recentemente con Blade Runner 2049 e 1917). Ma la qualità delle animazioni è ancora più evidente su scala ridotta: sono infatti le scene ravvicinate che mostrano il robottino a “casa” nel rimorchio di un autotreno ad essere le più sorprendenti. In queste sequenze, è davvero difficile credere che si stia guardando qualcosa di creato al computer – WALL-E e ciò che lo circonda sono dotati di un realismo così tangibile che ci si chiede se la Pixar non abbia semplicemente imbrogliato e costruito un vero animatronic.
Nonostante accada poco, questa metà di apertura vola – tra l’altro, onestamente, sarebbe abbastanza facile star lì e ammirare il piccolo WALL-E andarsene semplicemente in giro per ore e ore: immagini stupende e commedia slapstick intrecciate con una partitura musicale adeguatamente squisita, è quasi come vedere lo sperimentale Koyaanisqatsi del 1982, ma diretto da Chuck Jones.
C’è un maniacale livello di attenzione ai dettagli: da grandi quadri come il “cimitero” degli altri modelli WALL-E e i grattacieli costruiti con la spazzatura, a piccoli tocchi come il protagonista che “appende” i suoi cingoli quando arriva a casa, o la costante presenza di un cinguettante scarafaggio che gli ronza intorno. L’arrivo del robot scout EVE, poi, dà il la a una sorta di storia d’amore assolutamente incantevole – ancora una volta, espressa attraverso poco più che la ripetizione robotica del nome di ciascun dei due.
EVE stessa – rimando più o meno evidente alla biblica Eva – è forse il primo aspetto deludente delle animazioni – mentre galleggia in giro luccicante e immacolata, appare all’occhio molto più realizzata in CGI del resto e offusca il realismo delle scene da solo di WALL-E. Detto questo, le scene successive ambientate nella dimora del robottino mostrano un livello altrettanto alto di dettaglio nel suo ritratto, in particolare la natura pixellata dei suoi “occhi” – e la sua presenza si traduce in un momento assolutamente strabiliante in cui un certo numero di petroliere abbandonate si scontrano l’una con l’altra ed esplodono.
Dopo questa commovente e spiazzante prima metà, tuttavia, Wall-E – che è costato 180 milioni di dollari (incassandone oltre 530) – prende improvvisamente una svolta altrettanto inaspettata: il ritmo, lo stile visivo, le regole narrative e la trama stessa cambiano tutti completamente marcia. Almeno inizialmente, la sensazione che questo sia il film più oscuro che la Pixar abbia mai realizzato viene mantenuta attraverso una pungente satira sociale che si affianca al messaggio ecologista – non è certo un’idea particolarmente originale, ma resta una sorpresa in un prodotto teoricamente destinato ai bambini (o, comunque, alle famiglie) vedere un futuro in cui il genere umano è diventato così rammollito e dipendente dalle macchine e dalla tecnologia che tutti quanti ormai si limitano pigramente a fluttuare immersi in comode poltrone mobili, tutte identiche come pure gli abiti che indossano, solo occasionalmente allungando un braccio corpulento per raccogliere una bibita gassata da un droide di passaggio. Il ritratto dell’omogenizzazione del pensiero e della morte della diversità e della curiosità, che ha l’obesità e la pigrizia come risultato evidente. Senza contare che è un essere inanimato a dover ‘insegnare’ il concetto di umanità a un essere vivente.
Ma è anche a questo punto che il film perde un po’ della sua carica. C’è il seme di una buona storia nell’ultimo atto, in particolare con il crescente senso di timore reverenziale con cui il capitano dell’astronave viene a conoscenza della Terra. Ma non ha mai davvero il tempo di svilupparsi come auspicabile, anche perché ogni volta che gli umani sono sullo schermo, desideriamo semplicemente vedere WALL-E. E sebbene ci siano ancora alcune sequenze lodevoli – su tutte la scena che coinvolge un estintore nello spazio – per gran parte del rimanente minutaggio WALL-E ed EVE sono ridotti a rincorrersi in giro per il veicolo spaziale in compagnia di una improbabile banda di robot malfunzionanti.
Per quanto divertenti possano comunque essere questi momenti, assomigliano più a quello che ci si aspetterebbe da un normale titolo Disney / Pixar che al materiale genuinamente innovativo della prima metà. Questa sensazione è accentuata poi dalla natura palesemente in CGI dei passeggeri umani – una spiegazione viene fornita sul motivo per cui sembrano così ‘diversi’ dal Fred Willard molto reale che abbiamo visto in precedenza, ma non è poi così convincente.
Ciononostante, è difficile affermare con spavalderia che il ‘secondo film’ tolga davvero qualche merito al suo ‘gemello’ – solamente sarebbe stato bello che quest’ultimo fosse durato un po’ più a lungo. In ogni caso, veniamo condotti verso una conclusione emotivamente soddisfacente seguita da una sequenza di titoli di coda assolutamente affascinante, entrambi i quali danno al tutto un tocco più vicino a un insieme coeso. E tutte le convenzionali sequenze di stravaganti inseguimenti non possono cambiare il fatto che la Pixax fosse nel 2008 (e poi oltre) tra le poche società veramente interessate a spingersi oltre i confini di ciò che possono fare l’animazione e la narrazione per immagini più in generale. Con WALL-E hanno ribadito – e rilanciato – questa bella tradizione, creando uno dei personaggi più memorabili della storia recente del genere.
Se volete approfondire i significati nascosti del film, vi rimandiamo al nostro speciale.
Di seguito il trailer italiano di WALL•E:
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