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Voto: 6.5/10 Titolo originale: El Conde , uscita: 08-09-2023. Budget: $10,000,000. Regista: Pablo Larraín.

El Conde: la recensione del film biografico vampiresco di Pablo Larraín (su Netflix)

15/09/2023 recensione film di William Maga

Il regista cileno porta in Concorso a Venezia 80 un'opera caustica e bagnata nell'assurdo per fare i conti col capitolo più oscuro della storia del Cile

el conde film 2023 larrain

Negli ultimi anni, Pablo Larraín si è fatto conoscere alle masse per i suoi biopic su alcune famose figure femminili del XX secolo: Jackie (la recensione) e Spencer, col prossimo che sarà Maria, con Angelina Jolie nel ruolo dell’acclamata cantante lirica Maria Callas.

Tuttavia, le sue opere più significative sono quelle che hanno affrontato la vita tumultuosa nel suo paese natale, il Cile, sotto il governo dittatoriale di Augusto Pinochet: Tony Manero (2008), Post Mortem (2010) e No (2012). Come dimostrato anche da El Club del 2015, Pablo Larraín sembra più ‘sicuro’ quando affronta gli effetti corrosivi dei traumi personali e nazionali, ed è questo argomento che rivisita ancora una volta in El Conde – questa volta, con una vena satirica cupa e feroce quanto il mostro di cui parla.

Scritto insieme allo sceneggiatore di El Club e Neruda Guillermo Calderón, El Conde (presentato in anteprima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia prima del debutto su Netflix il 15 settembre) è un’opera ibrida di genere filmata in bianco e nero che immagina una realtà alternativa in cui Pinochet (Jaime Vadell) non è solo un’incarnazione figurativa del Male, ma anche letterale.

Infatti, nell’universo ucronico in cui la storia è ambientata, il dittatore cileno, morto nel 2006, è un vampiro di 250 anni di età che risiede alla periferia estrema di Santiago del Cile.

el conde film poster 2023Tuttavia, essendo ancora vivo (o, almeno, non morto …), ora desidera l’eterno riposo perché il suo Paese gli ha voltato le spalle, dopo quattro decenni di governo, per i suoi crimini e la sua corruzione. Accudito dalla moglie Lucía (Gloria Münchmeyer) e dal suo fidato servitore Fyodor (Alfredo Castro), è ormai un rudere di se stesso, ridotto a vagare tra le stanze della sua spoglia dimora e alle strutture agricole della vasta tenuta, avvilito per il suo stato attuale e per il fatto di non avere la volontà di porvi fine.

El Conde è narrato in lingua originale da una donna dall’accento britannico la cui identità è parte portante del cinico assunto di fondo: cioè che la malvagità è eterna, che rinasce in continuazione sotto diverse spoglie e in varie parti del mondo, per devastare i puri, gli onesti e gli innocenti.

È una visione del mondo desolata come il paesaggio avvolto dalla nebbia in cui abita questo ucronico Augusto Pinochet, che si mantiene in piedi e cosciente nutrendosi della scorta di cuori congelati conservati nei sotterranei del suo covo.

Caratterizzato da austere strutture in legno e da una ghigliottina che Fëdor usa per staccare le teste di cavalli e maiali dai loro corpi, è un domicilio adatto a una creatura della notte. All’inizio del racconto, però, sembra più che altro una prigione per Pinochet, che vola nei cieli notturni con la sua iconica uniforme militare, il mantello che svolazza nel vento come le ali di un pipistrello, per predare gli abitanti della vicina metropoli.

Lì, estirpa i cuori delle vittime con un coltello, li infila in un frullatore e li consuma in bicchieri che, in uno dei punti salienti del film, lascia sulle scene dei suoi crimini, con i lati rigati dai residui arteriosi.

In collaborazione con Edward Lachman, abituale direttore della fotografia di Todd Haynes, Pablo Larraín gira El Conde in sontuose tonalità monocromatiche, privilegiando le silhouette, le panoramiche e le riprese dall’alto che suggeriscono un ‘giudizio celeste’. Le immagini digitali non sono abbastanza granuloso da giustificare il paragone col Nosferatu di Murnau, ma gettano ugualmente intorno un’atmosfera adeguatamente gelida.

Ad aumentare la suggestione c’è una quantità non trascurabile di gore, sia che si tratti di pugnalate fatali e macabre decapitazioni, sia che si tratti di un consumo disordinato di organi e fluidi corporei, il tutto per sottolineare la ‘ghiottoneria’ del protagonista. Dato che si nutre istintivamente di esseri umani, non c’è da stupirsi che il dittatore di Vadell si scrolli di dosso le centinaia (se non migliaia) di omicidi politici da lui ordinati; più preoccupante per lui è essere chiamato ‘ladro’, poiché ciò suggerisce che non aveva diritto alle ricchezze messe a disposizione dalla sua carica presidenziale.

Il complesso in cui vive Augusto Pinochet è accessibile solo attraversando uno specchio d’acqua simile al fiume Stige in una barca chiamata Arca, e la saga di El Conde prevede due ondate di visitatori inaspettati. La prima è costituita dai cinque figli dell’anziano, che conoscono l’empio segreto del padre e ne reclamano a gran voce le ricchezze (presumibilmente contenute nella sua scorta di documenti segreti). La seconda è Carmencita (Paula Luchsinger Escobar), una giovane e devota suora che viene convocata da una figlia di Pinochet nella casa per fingersi contabile e cercare di liberare l’uomo dalla sua ‘possessione demoniaca’.

Seguono rivelazioni contorte e doppi giochi, da flashback che raccontano la scoperta iniziale della ‘condizione’ di Pinochet come soldato anti-rivoluzionario nell’esercito di Re Luigi XVI, a voli danzanti nel cielo perennemente grigio e nuvoloso, fino a una serie di relazioni romantiche e piani nefasti in cui ognuno cerca di mantenere – o di migliorare – la propria posizione in questa decrepita corte.

el conde film 2023Pablo Larraín riconosce che il Pinochet reale era un demonio con pochi eguali storici, e quindi la rappresentazione di El Conde come una bestia simile al conte Dracula risuona inevitabilmente come una gag macabramente divertente.

Il film sembra così un incrocio tra un film horror, Succession e Morto Stalin, se ne fa un altro, con l’immortalità, gli interessi personali e la spietatezza dei personaggi che sono pari solo alla loro idiozia – beh, tutti tranne Augusto Pinochet stesso, che nel corso di questa storia riacquista nuova vita grazie a una relazione inaspettatamente amorosa che complica i complotti in corso contro di lui.

Si può dire che sia un peccato che il regista e Calderón non si spingano un po’ più in là nell’assurdo; il materiale sullo schermo avrebbe infatti occasionalmente bisogno di un’ulteriore scossa di comicità stravagante per aiutare a ‘vendere’ l’idea principale – e, in qualche misura, esile – che ci sta dietro.

Tuttavia, l’accusatoria durezza generale funge essa stessa come forma di amaro umorismo, mai come quando Carmencita intervista i figli di Pinochet cresciuti e ne elogia le atroci malefatte (tra cui i profitti dal terrorismo) con un sarcasmo che a loro, pieni di orgoglio e di diritti, sfugge completamente.

El Conde è allo stesso tempo il tentativo più diretto e fantasioso di Pablo Larraín di affrontare di petto l’eredità di Augusto Pinochet e i disastri che ha provocato il suo operato, aiutato dalle eccellenti interpretazioni dell’87enne Jaime Vadell nel ruolo del senile e banalmente malvagio dittatore e di Paula Luchsinger Escobar in quello della sua avversaria agli antipodi (che, in un ultimo primo piano, assomiglia in modo impressionante alla Giovanna d’Arco incarnata nel 1928 da Renée Falconetti).

In definitiva, El Conde trasmette poco che non sia già stato trattato nei precedenti film del regista sul regno di terrore del dittatore, eppure rimane un ritratto elegantemente pessimista della malvagità di un uomo e, in modo altrettanto pungente, del modo in cui ha contagiato tutti quelli che ha toccato (o, sarebbe meglio dire, morso).

Di seguito trovate il trailer internazionale di El Conde, nel catalogo di Netflix dal 15 settembre: