Voto: 7/10 Titolo originale: Green Room , uscita: 15-04-2016. Budget: $5,000,000. Regista: Jeremy Saulnier.
Green Room: la recensione del film diretto da Jeremy Saulnier
09/04/2021 recensione film Green Room di Elisa Pizzato
Nel 2015, Anton Yelchin e Imogen Poots erano i protagonisti di un survival escape movie cruento ispirato a un ricordo del regista
Cosa c’è di peggio di essere intrappolati per 16 ore in una stanza da una banda di naziskin nel bel mezzo alle foreste dell’Oregon? È questa la domanda e il punto centrale di Green Room, il terzo lungometraggio scritto e diretto da Jeremy Saulnier. La storia segue i membri della band hardcore The Ain’t Rights: Pat, Tiger, Reece e Sam. A corto di benzina, soldi ed energia, il gruppo accetta con riluttanza un ultimo concerto. Il problema è che si terrà in un club appartenente alla supremazia bianca situato appena fuori Portland. I musicisti non ne sono entusiasti, ma almeno Pat riconosce l’ironia della loro situazione: quanto spesso una band ha la possibilità di fare una cover della canzone dei Dead Kennedys “Nazi Punks Fuck Off” di fronte a una folla di veri punk nazisti?
Il divertimento, però, non dura molto: pochi minuti dopo la fine del loro set, la band è infatti testimone di un brutale omicidio e si rende conto che le loro probabilità di tornare a casa sono ora diminuite drasticamente. Il proprietario del locale, Darcy (interpretato dall’insolito villain Patrick Stewart), mobilita i suoi compagni più ‘devoti’ per fare in modo che i quattro ragazzi non scappino e denuncino il fatto.
Il gruppo viene così intrappolato nella “green room”, ovvero la “sala d’attesa” che ospita gli artisti in un locale prima e dopo una performance sul palco. I protagonisti, alle prese con quella che sembra essere diventata una vera e propria escape room, penseranno ad ogni stratagemma possibile per provare a scappare da lì e risolvere il rompicapo della loro fuga. Disarmati, sempre più disperati e spaventati a morte, saranno costretti a lottare per un ritorno a casa che sembra impossibile.
Questo terrificante gioco del gatto e del topo è il meccanismo di una folle trama ai limiti dell’horror che sembrerebbe essere nata soltanto dalla mente creativa di Jeremy Saulnier, invece la vicenda di Green Room ha in realtà radici nella realtà più di quanto ci si potrebbe aspettare. Cresciuto a Washington, il regista ha fatto parte in gioventù di una band hardcore punk, quindi l’idea è stata strappata direttamente dalle pagine dei suoi (brutti) ricordi di adolescente.
Un’esperienza è stata particolarmente traumatizzante per il giovane filmmaker. “Ricordo di aver camminato nel sangue“, ha rivelato durante un’intervista. “Ci fu un accoltellamento durante lo show. Interruppero lo show e la gente se ne andò via”, ha continuato. “C’era una grande pozza di sangue per terra. Successe qualcosa del genere. Di sicuro fui spaventato a morte. Una immagine che mi è rimasta impressa.” Ma ciò che lo ha terrorizzato è niente – alla luce di quanto compare sullo schermo – in confronto a ciò che i protagonisti di Green Room devono affrontare.
Jeremy Saulnier si è rifiutato di pubblicizzare la sua opera – costata 5 milioni di dollari – come un horror puro, pur non minimizzando gli orrori presenti nel film. “Non voglio sfruttare a fini commerciali la morte di qualche personaggio, ma quando viene inferta una ferita non mortale, mi troverete lì a farne un bel primo piano.” In effetti, Green Room ricorre a una brutalità così estrema da risultare a tratti quasi nauseante. Quando a un certo punto Pat subisce un colpo alla mano, la sua ferita aperta è effettivamente messa in bella vista a vantaggio dello spettatore e il realismo del make-up usato è così accurato e impeccabile che è impossibile non rimanerne impressionati o sentire direttamente sulla nostra pelle il taglio.
Il film sembra comunque concentrarsi più sulla violenza visiva che su quella psicologica. Jeremy Saulnier non fa affidamento sui retroscena dei personaggi principali per costruire empatia nei loro confronti, anzi, opera interamente dal presupposto che vedere persone comuni che cercano di superare circostanze straordinarie sarà sufficiente a indurre gli spettatori a preoccuparsi se sopravvivranno oppure moriranno provandoci.
Un approccio rischioso e che forse non avrebbe funzionato se non fosse per il cast straordinario di protagonisti. Tra gli attori spicca Imogen Poots (28 settimane dopo) nel ruolo dell’affascinante Amber, insperata ‘alleata’ della band, mentre Pat (il compianto Anton Yelchin) oscilla tra la figura del ragazzo sconfitto e quella del ribelle, diventando la cosa più vicina che il gruppo ha ad un leader. Degni di menzione anche Alia Shawkat (Arrested Development), capace di restituire la freddezza equilibrata di Sam in mezzo al caos che scoppia improvviso, e Macon Blair (già protagonista di Blue Ruin), qui in un ruolo secondario ma di grande efficacia.
I modi realistici – e spesso goffi e stupidi – con cui i protagonisti cercano di superare gli ostacoli ispirano certo empatia, peccato che, dopo che il pubblico ha imparato ad affezionarcisi, alcuni di loro facciano una brutta fine fin troppo velocemente, senza una spiegazione o una parola a riguardo.
I naziskin, d’altro canto, si limitano ad aggrottare le sopracciglia e digrignare i denti, ma non si sente mai una parola su ciò in cui ‘credono’ e, fondamentalmente, sono alla fine soltanto il corrispettivo di spaventosi ‘mostri’ dai quali i nostri eroi devono difendersi e fuggire. Dopo la prima metà questa dinamica inizia a stancare, la tensione cala (forse anche per la mancanza di grossi colpi di scena) e le situazioni diventano prevedibili.
Oltre alla mancanza di simbolismi specifici e di profili psicologici più curati, c’è da dire che Green Room tralascia – un po’ a sorpresa – anche la colonna sonora. In un film con protagonista una band punk rock, la musica avrebbe meritato di essere decisamente più centrale, invece rimane sullo sfondo e fa solo da banale accompagnamento.
In definitiva, Green Room si rivela allora come un escape survival movie carico di black humour, ultra violento e con riusciti momenti d’azione, gravato da una sceneggiatura sbilanciata che privilegia il gusto per lo shock alla bidimensionalità dei personaggi.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Green Room:
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