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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Hammamet , uscita: 09-01-2020. Regista: Gianni Amelio.

Hammamet: la recensione del film di Gianni Amelio su Bettino Craxi

14/01/2020 recensione film di Giovanni Mottola

Un'opera incerta, che non trova buon amalgama tra realtà e fantasia. L'interpretazione da Oscar di Pierfrancesco Favino è però sufficiente da sola a riscattarlo, restituendo la statura non solo al 'Presidente', ma di un'intera classe politica molto superiore a quella attuale.

Dopo aver visto Hammamet, i due figli di Bettino Craxi, Stefania e Bobo, hanno espresso giudizi opposti. Per lei si tratta finalmente di un ricordo non fazioso o preconcetto, che ha messo in luce l’umanità di suo padre. Per lui, invece, dal film non emerge veramente la figura del padre. Hanno ragione entrambi, non soltanto perché sono le due persone il cui parere non può essere sindacato.

Hanno ragione perché essi, vicino al padre quando era in vita e in nome suo da quando non c’è più, hanno concentrato su aspetti diversi, anche in coerenza con i rispettivi caratteri, la loro battaglia per la figura di Bettino Craxi. La sanguigna Stefania si batte da sempre perché al padre sia restituita principalmente la dignità umana e morale che gli ritiene da allora negata; il figlio Bobo si è dedicato prevalentemente a non farne dimenticare il ruolo politico-intellettuale.

hammamet film amelio 2020 posterNormale quindi che Hammamet possa aver offerto maggiore soddisfazione a Stefania che a Bobo, e non è un caso che la prima abbia un’ampia parte nel film mentre il secondo sia del tutto marginale, perché lontano a cercare invano aiuti da una classe politica che non ha intenzione di riaccogliere Craxi. Gianni Amelio, come si può capire fin dal titolo, racconta gli ultimi momenti della vita di Bettino, soffermandosi su rimpianti, rimorsi, malanni e rapporti familiari.

Tra le scene più riuscite vi sono quelle che mostrano il suo rapporto col nipotino (il figlio di Stefania); quelle che raccontano la sua disponibilità ad aiutare le famiglie povere e bisognose di cure mediche di Hammamet; quella, struggente, in cui un Craxi malato arriva all’aeroporto dove dovrebbe imbarcarsi per raggiungere l’Italia e farsi curare ma decide di non scendere dall’auto, lasciando che la figlia esprima la sua disperazione battendo a vuoto sul vetro sigillato della macchina. Fin qui le ragioni di Stefania.

Quelle di Bobo si ritrovano non nelle scene presenti – nonostante una delle più toccanti veda proprio lui protagonista, nell’atto di suonare la chitarra e cantare (benissimo) “Piazza Grande” di Lucio Dalla durante la festa di Pasqua ad Hammamet, commuovendo il duro padre – ma in quelle assenti. Il giudizio scettico del figlio è corretto, perché il film trascura il ruolo politico che ebbe una persona i cui pensieri, a detta di coloro che gli furono vicini, furono sempre rivolti alla politica, anche una volta emarginato dalla stessa.

Per Gianni Amelio non era certo impresa facile conciliare questi due aspetti dell’ ‘uomo Craxi’, e forse non si era nemmeno reso conto della difficoltà. Leggenda vuole infatti che il produttore Agostino Saccà gli avesse proposto un film del tutto diverso, sul rapporto tra Cavour e la figlia, e di fronte a questa proposta il regista abbia ribattuto, senza neppure troppa convinzione, che per evitare di andare così indietro nel tempo sarebbe allora stato meglio ricorrere alla figura di Craxi per raccontare una storia di tal genere.

Forse è solo una storiella, ma vale comunque la pena di credervi perché spiega bene quel senso di estemporaneità e d’incertezza di stile che fa assomigliare quest’opera a quelle nate da uno schizzo buttato giù distrattamente da un artista che non aveva un’idea precisa su come svilupparle. Il regista si è così ritrovato per le mani una patata bollente senza aver chiaro se raccontare una storia pubblica o privata, di realtà o di fantasia, ma al tempo stesso capendo che non sarebbe stato possibile non mescolare le due cose. La prima scena mostra un bambino che rompe un vetro con una fionda, la seconda il capo del Partito Socialista Italiano nel suo momento più fulgido (il Congresso nazionale del 1989), la terza un uomo anziano e malandato nella sua villa di Hammamet, che da lì in poi sarà il protagonista del film.

È evidente che si sta parlando di Bettino Craxi, con l’intenzione di raccontarne anche e soprattutto l’aspetto umano. Eppure Gianni Amelio ne omette il nome (viene sempre definito “Il Presidente”), così come fa con tutti gli altri personaggi, sia quelli che compaiono sia quelli soltanto evocati. Alla figlia addirittura lo cambia, Anita anziché Stefania, in omaggio alla figura di Giuseppe Garibaldi che Bettino venerava. A precisa richiesta sul motivo, Gianni Amelio ha risposto da un lato di aver adottato questo espediente perché i nomi veri sono ben noti a tutti, dall’altro rivendicando il diritto di chiamare come vuole i personaggi di un suo film. Ecco dunque provato da questa risposta che persino a film concluso nella mente del regista 74enne non si è ancora risolto quel contrasto tra realtà e fantasia che connota in negativo il film, in particolare nel plurimo e pasticciato finale.

hammamet film 2020Chiaro è allora che l’obiettivo non fosse un’opera biografica o un arido documentario. Il suo modello sembra essere un film francese del 2005, piuttosto dimenticato, Le passeggiate al Campo di Marte di Robert Guediguian, dove un giovane giornalista incontra ripetutamente il vecchio e malato François Mitterand per raccoglierne i ricordi e le riflessioni. Allo steso modo in Hammamet diventa centrale la figura di un ragazzo non identificabile, figlio di un vecchio amico al quale il Presidente aveva fatto fare strada nel partito.

Il ragazzo lo raggiunge ad Hammamet per consegnargli una lettera del padre, morto suicida in preda a paure e sensi di colpa che aveva manifestato al capo proprio al momento del trionfo al Congresso Socialista, suonando allora come una stecca nel coro ma ora forse come un lucido profeta. Il padrone di casa ospita il giovane a casa sua, nella villa che abita insieme alla moglie e alla figlia, la quale non gradisce affatto questa presenza estranea. Il ragazzo non si limita a mantenere il film su un piano di parziale fantasia: con la sua aria quasi eterea svolge anche il ruolo della coscienza di Bettino Craxi, incalzandolo sulle sue presunte colpe fino al punto di tenerlo sotto costante scacco di una pistola.

Anche se questa rimane sempre nascosta nello zaino, il Presidente sa che la possiede e che dunque con lui non può fare scherzi. È forse perché ne intuisce questo ruolo inquisitorio che la figlia Anita detesta il ragazzo, dedita com’è a proteggere il padre e a battersi con lui e per lui, a differenza della moglie che sembra più distaccata, intenta a occuparsi della casa e a guardare vecchi film western. In ogni caso, per quanto i personaggi che ruotano intorno al Presidente siano marginali e tratteggiati in modo superficiale, con la loro sola presenza impediscono al film di essere soltanto un generico spaccato delle ultime fasi della vita di un uomo che è stato potente e ora non lo è più.

Essi sono stati i suoi interlocutori reali, ai quali il Presidente di Amelio rivolge le frasi che pronunciava il Bettino Craxi vero. Come potranno i giovani – che a scuola non studiano la Prima Repubblica né tanto meno si dimostrano particolarmente interessati ad approfondire da soli la storia recente – riconoscere l’episodio di Sigonella, così importante nell’agire politico del leader socialista, nel gioco da spiaggia descritto in maniera infantile dal nipotino al suo interlocutore? Come potranno comprendere appieno l’incontro del Presidente con il Renato Carpentieri “Democristiano per eccellenza” (non è identificabile: in lui vengono infusi tratti di svariati pezzi grossi del partito)?

hammamet film amelio 2020Pur opera di parziale fantasia, Hammamet può quindi assumere un significato preciso solo conoscendo la vera biografia di Craxi e quel che egli ha rappresentato nella storia d’Italia. Non è possibile rendere appieno il leader socialista senza addentrarsi nella sua specifica e particolarissima vicenda personale e politica, della quale il film ricostruisce però soltanto la parte finale, fornendo qua e là vaghe allusioni a fatti concreti. La scelta di Amelio però va compresa.

A impedirgli l’approfondimento in questo senso, oltre alle ragioni di sintesi, è stato il fatto che impostare Hammamet sugli aspetti politici sarebbe equivalso a camminare scalzi su un terreno lastricato di vetri rotti. La sola notizia dell’imminente realizzazione del film, unita alla lettura di brandelli di sceneggiatura, aveva indotto Il Fatto Quotidiano a qualificarlo come film “contro Mani Pulite”.

Gianni Amelio se n’è adirato nel corso della conferenza stampa di presentazione, accusando il giornale di essere prevenuto per aver così parlato prima ancora di vedere il film, e precisando che le frasi che il protagonista pronuncia a proposito dei magistrati non esprimono il pensiero del regista, ma quello di Bettino Craxi stesso, ripreso appositamente in formato 4/3 anziché in quello canonico in 16/9 per darne quasi la sensazione di un “virgolettato”.

Il regista non mostra né di condividere né di dissociarsi, dimostrando una serenità di giudizio maggiore di alcuni commentatori, per i quali evidentemente il solo fatto di fare di Craxi il protagonista di un film costituisce di per sé uno scandalo (quando se ne fanno persino su Adolf Hitler senza che nessuno protesti). Probabilmente queste sterili polemiche non sarebbero sorte se Gianni Amelio avesse deciso di destrutturare il personaggio e farne una macchietta, come fece Paolo Sorrentino con Giulio Andreotti, del quale offrì un ritratto cubista ricostruendo e amplificando, più ancora che la sua personalità, l’immagine che noi spettatori avevamo di lui.

In quel caso la potenza visiva dell’opera era di certo molto maggiore, ma a Gianni Amelio non interessava un film di quel genere, avendo egli un’inclinazione al racconto più intime. Egli ha avuto il coraggio di tentare di scandagliare nel profondo l’anima di Bettino Craxi, potendo in questo senso avvalersi di uno straordinario Pierfrancesco Favino, che ha qui sublimato il metodo di mimesi appreso in gioventù alla scuola teatrale di Orazio Costa. Egli non imita il leader socialista: al di là della differenza in altezza (i suoi 180 cm contro i 193 di Craxi lo rendono meno allampanato e più schiacciato), è diventato lui. Stessa voce, stesso respiro affannoso, stessa postura, stessi gesti (la mano destra a sistemare gli occhiali, la rotazione della testa durante i discorsi), stessa camminata un po’ strascicata. Perfetta anche la resa del suo carattere, capace di alternare l’arroganza alla burbera tenerezza.

hammamet film 2020 favinoTutto in Hammamet ruota attorno a lui proprio come nella vita di Craxi, si suppone, tutto ruotava intorno alla sua persona. Se noi italiani non fossimo vittime di esterofilia e provincialismo, diremmo che la sua performance è anche superiore a quella che a Joaquin Phoenix varrà con ogni probabilità l’Oscar per Joker (la recensione), non foss’altro che per la difficoltà di ridare vita senza scimmiottarlo a un personaggio realmente esistito e ancora fresco nel ricordo dei non giovanissimi.

Pierfrancesco Favino addirittura riesce da solo a far comprendere Bettino Craxi a chi non lo conosce più di quanto consentirebbe la sceneggiatura, restituendogli quello spessore che apparteneva non solo a lui ma a tutta la classe dirigente di quella generazione, indipendentemente dal colore. L’attore – che pure ha dichiarato di non aver mai provato per Craxi una particolare simpatia – ricorda l’ammirazione dei suoi genitori per quegli uomini politici, dei quale Bettino Craxi fu in ordine di tempo l’ultimo rappresentante, abituati a esprimere i propri ragionamenti usando il pronome “noi” anziché “io”, avvertendo la responsabilità di essere, per cultura e per competenza, i portabandiera di pensieri e ideali condivisi dalla gente che in loro credeva.

Tornando dunque alle opinioni di Stefania e Bobo, bisogna concludere che se pure dal film non traspaiono le argomentazioni politiche come avrebbe voluto il secondo, Amelio e Favino vi hanno però infuso quella senso del proprio ruolo e quella passione per le proprie idee tipiche dei protagonisti della politica di quell’epoca. Con tutti i suoi difetti, Hammamet ha dunque il pregio di riuscire a mostrare, anche a chi non conosce nel dettaglio la vicenda personale di Craxi, la differenza di qualità tra la classe dirigente di allora, pur certamente non immune da vizi ed errori, e quella attuale, fatta di persone che in nome di una presunta onestà arrivano persino a vantarsi della propria incompetenza e ignorando, tra le altre cose, che un grande intellettuale come Benedetto Croce sosteneva che l’unica forma di onestà politica è costituita proprio dalla capacità politica.

Viene allora spontaneo domandarsi a quale politico attuale potrebbe essere dedicato un film del genere tra trent’anni e altrettanto spontaneo viene da rispondersi: “Nessuno”.

Di seguito il trailer ufficiale di Hammamet, nei cinema dal 9 gennaio: