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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Il primo re , uscita: 31-01-2019. Budget: $8,000,000. Regista: Matteo Rovere.

Il Primo Re: la recensione del film sulla nascita di Roma con Alessandro Borghi

23/10/2019 recensione film di Raffaele Picchio

Quella diretta da Matteo Rovere è un'opera anomala per il cinema italiano, dove a un potentissimo e brutale impatto visivo non corrisponde però una sceneggiatura all'altezza, incapace di creare interesse ed emozionare

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Parlare di film come Il Primo Re è sempre difficilissimo, perchè necessariamente ci si ritrova a fare un doppio discorso in cui la posizione “intermedia”, per quanto giusta, è assai scomoda. Intanto è giusto dire che Matteo Rovere, classe ’82, è uno che produttivamente sa davvero il fatto suo. Dopo gli esordi cinematografici non propriamente felici (Un gioco da ragazze e Gli sfiorati) è riuscito a muoversi con abilità, intelligenza e occhio imprenditoriale prima appoggiando nomi di punta emergenti del web (come i The Pills) e poi arrivando a produrre il divertente e intelligente trittico di Smetto Quando Voglio, un’operazione furba ed efficacissima capace di dare una nuova veste alla commedia italiana con un prodotto tanto produttivamente quanto formalmente azzeccato e “moderno”.

Il suo percorso nel cinema di genere ha fatto poi il salto di qualità con il terzo film da lui diretto Veloce come il vento, dove oltre alle ambizioni alte ha dimostrato come anche qui da noi sia possibile realizzare un prodotto visivamente competitivo e capace di stare con un piede nella pura identità italiana e con l’altro nel cinema internazionale (in quel caso debitore del Rush di Ron Howard).

il primo re film poster rovereVa di fatto che la scommessa azzardata da Matteo Rovere è stata abbracciata da un buon successo di pubblico e di critica, che gli ha permesso di affermarsi ulteriormente e avere un credito sempre più forte con la sua casa di produzione Groenlandia, arrivando ad annunciare così l’intenzione di mettere in piedi questo ambiziosissimo progetto che è appunto Il Primo Re, ovvero la storia di Romolo e Remo prima della fondazione di Roma, completamente demitizzata e trasportata a un livello dove l’epica pomposità del peplum viene sostituita da violenza e brutalità selvaggia.

Interamente recitato in latino arcaico e ambientato in mezzo a selvaggi boschi, il regista prende i suoi personaggi e li descrive come un branco di lupi rabbiosi immersi tra fango e sangue, dove l’unico codice possibile è quello della sopravvivenza e dove il volere degli Dei è tutto. Quello che salta subito all’occhio del film è proprio la splendida resa visiva, che grazie a una fotografia magnifica che si appoggia (quasi) tutta sulle luci naturali a cura di Daniele Ciprì, riesce subito a immergere lo spettatore in qualcosa di veramente anomalo e inedito nel cinema italiano.

Ed è proprio in questi primi minuti che si gettano tutte le carte al tavolo e la bellissima sequenza di apertura che vede l’esondazione del Tevere investire i due fratelli intenti a pascolare bestiame è potentissima e devastante come raramente siamo abituati a vedere. Subito dopo ci ritroviamo immersi nel buio, in un “viaggio” che altro non è che una estenuante lotta alla sopravvivenza tra antichi riti propiziatori e guerre tra tribù, dove le coordinate che Matteo Rovere doveva avere in testa durante la lavorazione si fanno palesi, come se si volesse creare una sorta di ponte tra l’Apocalypto di Mel Gibson e il Valhalla Rising di Nicolas Winding Refn.

il primo re film rovereEd è assolutamente lodevole tanto l’intento quanto tutta la resa visiva generale che, tra maestranze eccezionali (la citata fotografia, ma anche gli effetti speciali, alcuni stunt, i pochissimi interventi di computer grafica) e un gruppo di attori finalmente tutti in parte con volti ruvidi e interessanti, capitanati dai bravi  Alessandro Borghi (Sulla mia pelle) e Alessio Lapice (Gomorra – La serie 2), rispettivamente nei ruoli di Remo e Romolo, che danno veramente anima e corpo a calarsi in atmosfere così anomale e violente per il nostro cinema.

Sembrerebbe un miracolo compiuto, ma come si accennava all’inizio, c’è un grosso fattore che mina seriamente tutta l’esperienza di Il Prim Re, ed è purtroppo riscontrabile in una scrittura inspiegabile e quasi disastrosa (opera del regista insieme a Francesca Manieri e Filippo Gravino). Nelle sue due ore di durata, il film arranca senza mai creare un’emozione, un sussulto, una svolta o un qualcosa che arrivi a creare empatia verso i due fratelli protagonisti o qualunque altra figura appaia in scena.

Non si patisce mai per nessuno, non si soffre mai con gli agonizzati protagonisti e semplicemente si rimane spettatori “disinteressati” al corso degli eventi. La follia cieca di Remo che improvvisamente abbandona gli Dei e diventa un pazzo sanguinario in contrapposizione al fratello arriva da un momento all’altro, senza alcun briciolo di pathos o di crescendo psicologico che porti a capire determinate scelte. Ed è lo stesso per tutti i personaggi che continuamente cambiano opinione e carattere da uno stacco all’altro di inquadratura, in uno schizofrenico caos che porta alla piattezza assoluta, servendo così un confronto finale tanto annunciato e atteso quanto deludente e totalmente anestetizzato.

Alla fine, Il Primo Re nega l’emozione spettacolare che aveva il film di Mel Gibson e non arriva mai a varcare la soglia dell’oscura autorialità che aveva quello di Nicolas Winding Refn, rimanendo in questa ‘terra di nessuno’ in cui si rischia un enorme disinteresse generale. Si nega la spettacolarità della mitologia e si sceglie di immergere le mani nel sangue, ma nello stesso tempo ci si dilunga tra profezie che si compiono e presagi mistici; si sceglie fin dai primi minuti di gettare i personaggi in un perenne stato di minaccia invisibile a ogni angolo e che viene ribadita ogni secondo, che tuttavia a conti fatti non arriva mai, senza far accadere niente di particolarmente eclatante.

Quello che si nota è come se ci fosse una assoluta non esigenza a raccontare la storia che si è scelta e quando arrivano i titoli di coda la sensazione è che Il Primo Re sia un film tanto perfetto e produttivamente necessario al nostro cinema, quanto totalmente senz’anima freddo e realizzato esclusivamente per essere venduto e mostrato nei mercati cinematografici europei.

Perchè poi del botteghino “di casa” il film se ne strafotte completamente: arduo pensare che un’opera così violenta e anti-spettacolare, recitata in proto-latino possa in qualche modo ‘sfondare’ in un pubblico così pigro (ma imprevedibile …) come quello italiano. Il che rende Il Primo Re un lavoro veramente difficile da giudicare, tra la voglia di applaudire per il coraggio, la messa in scena e la capacità produttiva, quanto di fischiarlo sonoramente per una noncuranza così desolante verso la più basilare narrazione. E quindi tutto si racchiude alla domanda delle domande: il cinema è immagine o scrittura? L’assenza di una di queste due rende comunque un film “riuscito”? Ognuno in cuor suo ha la propria insindacabile risposta in cui alla fine risiede il giudizio sul film, ma che questo sia positivo o negativo, vedere che siamo ancora in grado produttivamente di mettere in moto macchine simili non può che lasciar ben sperare nel prossimo futuro.

Di seguito il trailer di Il Primo Re, nei nostri cinema dal 31 gennaio: