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Intervista esclusiva | Milo Manara parla del suo docu-film nell’India anni ’80, girato e mai uscito

01/10/2021 news di Alessandro Gamma

Tra misticismo e avventura, era parte di un ambizioso progetto multimediale, troppo avanti per i tempi

milo manara milano 2021

Se ci seguite da un po’ di tempo, probabilmente ricorderete che nel maggio del 2019 avevamo incontrato Milo Manara per parlare un po’ del suo legame con il cinema, ricordando con lui le esperienze sul film ispirato a Il Gioco, ma anche dell’adattamento per il grande schermo di Il Profumo dell’Invisibile e dei suoi incontri con personaggi del calibro di Luc Besson, Roman Polanski e Woody Allen (l’intervista completa).

Ebbene, finalmente, dopo oltre due anni, l’artista originario di Luson è ritornato a Milano per presentare davanti al pubblico accorso alla Feltrinelli di Piazza Piemonte il nuovissimo volume che racchiude due sue storie molto amate, L’Asino d’oro e Gulliveriana, facente parte della collana ‘Biblioteca Manara’ di Feltrinelli Comics, curata da Tito Faraci (pagg. 144, euro 26).

Se durante l’incontro, moderato dalla scrittrice Valeria Parrella, Milo Manara ha naturalmente approfondito la genesi dei due fumetti in questioni, dilungandosi in qualche aneddoto sulla lavorazione e la scelta dei soggetti, noi abbiamo optato per toglierci una curiosità cinematografica scaturita dalla lettura della sua autobiografia A Figura Intera, pubblicata da Feltrinelli lo scorso aprile.

le avventure asiatiche di Giuseppe Bergman manaraNello specifico, Milo Manara a un certo punto accenna a un viaggio fatto nei primi anni ’80 verso la misteriosa e magica India, che era fortemente intenzionato a raccontare attraverso un progetto multimediale che avrebbe compreso un vero e proprio docu-film, che tuttavia mai vide la luce, almeno non così come originariamente immaginato.

Abbiamo quindi chiesto maggiori lumi in merito, questa la risposta di Milo Manara:

La mia idea originaria era proprio quella di realizzare un progetto multimediale, solo che i tempi allora non erano ancora maturi per qualcosa del genere. L’intenzione era di girare un docu-film del mio viaggio verso l’India e insieme di raccontare a fumetti la storia di questo docu-film. Con noi c’era un attore che doveva fingersi il regista del docu-film e girammo delle scene in cui lui ‘interagiva’ con i posti visitati. Ad esempio, a Delhi, lo avevamo messo alla guida di un risciò. A Bombay invece trovammo una nave arenata, adagiata su un fianco, e la inserimmo nel girato. Facemmo molte riprese. Avevamo una cinepresa semi-professionale, molto ingombrante.

Molte di quelle scene si vedono in effetti disegnate nel fumetto Sognare forse … (Le avventure orientali di Giuseppe Bergman, che alla fine effettivamente pubblicai. Le riprese invece convogliarono solamente molti anni dopo in una trasmissione televisiva condotta da Licia Colò, forse ‘Alla Falde del Kilimangiaro’.

Queste riprese furono fatte da lei in prima persona?

Si, per la maggior parte delle riprese fui io il cameraman. Le prime erano inguardabili ovviamente, poi piano pian capii che, ad esempio, non bisogna muovere troppe velocemente la mdp [ride]. Credo che fosse un docu-film interessante, perché mostrava l’India dei primissimi anni ’80 appunto, molto diversa da oggi, quasi medievale. Andammo anche in Pakistan e Nepal, conservo ancora i nastri.

le avventure asiatiche di Giuseppe Bergman manaraCosa andò storto quindi col progetto?

L’idea iniziale era di mettere in commercio il volume a fumetti e la relativa VHS. Il fumetto raccontava di una troupe che era partita per un viaggio mistico dall’Italia, passando per le Meteore in Grecia e le città rupestri della Cappadocia. A un certo punto questa troupe era scomparsa senza dare più segni di sé e tutta la storia parlava della ricerca di questa troupe. La particolarità è che facendo partire i nastri ritrovati con il loro girato non si vedeva nulla, almeno fino al momento in cui non ci si recava fisicamente proprio sul luogo dov’erano avvenute le riprese, e allora tutto appariva d’improvviso sullo schermo. Iniziava così una sorta di inseguimento delle tracce in base agli indizi ‘visualizzati’ di volta in volta. Arrivati in India si aprivano infine tutta una serie di mitologie collegate al misticismo di quei posti.

Ricordi i viaggi degli hippy in India degli anni ’60 e 70? La mia guida di viaggio fu L’Odore dell’India di Pasolini. Ci recammo anche nell’ashram di Rishikesh, dove erano stati anche i Beatles. E poi si arrivava a perdersi alle pendici dell’Hymalia a nord di Katmandu. Mi piaceva l’idea che questo misticismo e questa mitologia fossero anche corredati da immagini reali, perché mettendole solo nei disegni il rischio era quello che la gente lo percepisse come un puro viaggio nella mia fantasia, mentre quello che vedevamo era molto reale. Mia moglie ad esempio girava indossando uno di quei tipici cappelli da esploratore, sembrando a sua volta un personaggio fantastico, ma in realtà ci si agghindava così. Quindi le immagini filmate servivano a mostrare come, in un certo senso, la realtà superasse l’immaginazione e che quello che disegnavo non era frutto della mia mente.

Di seguito potete vedere Milo Manara al lavoro su uno sketch dell’amata Miele:

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