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Voto: 6.5/10 Titolo originale: King Arthur: Legend of the Sword , uscita: 10-05-2017. Budget: $175,000,000. Regista: Guy Ritchie.

King Arthur – Il Potere della Spada: la recensione del film di Guy Ritchie che rilegge il mito

19/03/2020 recensione film di Alessandro Gamma

Il regista rivisita la nota leggenda con il suo stile inconfondibile, con un Charlie Hunnam convincente nei panni del futuro Re d'Inghilterra

Qualche anno fa, quando il progetto venne annunciato, il film avrebbe dovuto intitolarsi Knights Of The Round Table ed essere il capostipite di una potenziale saga con svariati sequel. Per questo si era deciso di puntare su un cast di primo piano comprendente Charlie Hunnam (Artù), Eric Bana (Uther Pendragon) e Jude Law (il malvagio zio Vortigern). Dopo qualche slittamento nelle date di uscita, un restyiling del titolo – divenuto King Arthur – Legend Of The Sword / King Arthur – Il potere della spada (lo speciale con le 40 cose da sapere) – e ben poche notizie sugli eventuali capitoli successivi, non è però chiaro se a Hollywood siano ancora così fiduciosi sul futuro.

Fatto sta che la versione riveduta, corretta e aggiornata della quasi abusata leggenda è sostanzialmente un fantasy ad alto budget (102 milioni di dollari) allineato con le tematiche care al regista inglese e decisamente compatibile con il suo riconoscibilissimo stile. Prendere o lasciare quindi. Chi non ama Guy Ritchie, non lo rivaluterà certo con quest’opera.

king arthur posterIl film si apre con un lungo prologo in cui Camelot, la favolosa residenza del mito, è sotto assedio da parte di un potente Mago che cavalca giganteschi elefanti alla guida di un esercito all’apparenza inarrestabile. La colonna sonora rimbomba, i ponti in CGI tremano e la lotta per il potere diventa palese – Uther Pendragon è il Re, suo fratello Vortigern cerca di aiutarlo ma attende evidentemente un suo passo falso, mentre il suo giovanissimo figlio Artù sarà un giorno costretto a lottare per sconfiggere l’oscurità.

Prima che Uther si sacrifichi, spinge la sua progenie a largo a bordo di una barchetta (impatto biblico garantito). Qui parte un montaggio 100% alla Guy Ritchie, con il giovane Arthur che – ignaro del suo passato – cresce, prende botte, impara a combattere e diventa un boss rispettato, cominciando a proteggere le donne del bordello che lo hanno salvato dalle acque e cresciuto come un figlio in quella che ora conosciamo come Londra, ma che all’epoca era ancora Londinium.

Immaginate questi pochi minuti con una soundtrack più moderna e farete fatica a distinguere la sequenza da uno dei film del regista ambientati ai giorni nostri. È soltanto quando Artù raggiunge l’età adulta, con la comparsa di un Charlie Hunnam scolpito e barbuto, che King Arthur – Il Potere della Spada inizia davvero. Il ragazzo viene arrestato per aver attaccato briga con alcuni vichinghi protetti dal Re e deportato assieme a tutti gli altri coetanei nel luogo dove di trova la spada nella roccia, nel frattempo riemersa opportunamente dalle acque, per cercare di estrarla (Vortigern intende legittimare così il suo regno, mettendo a tacere le voci del popolo che invece aspetta l’erede designato della leggenda).

Naturalmente sappiamo quello che succede quando Artù ci prova: ci riesce, ma viene sopraffatto da un misterioso potere che non riesce a controllare. L’attuale sovrano si altera e ordina così la sua esecuzione, se non che ovviamente il tentativo fallisce. Artù recupera quindi Excalibur e si unisce – in pieno stile Robin Hood – a una banda di fuorilegge appartenenti alla resistenza, di cui fanno parte la Maga (Astrid Bergès-Frisbey), Sir Bedivere (Djimon Hounsou) e Bill ‘Grasso d’Oca’ Wilson (un Aiden Gillen che nonostante il tentativo di ‘mascherarlo’ impregna con la sua presenza l’aria di rimandi a Il Trono di Spade). Insieme dovranno trovare un modo per detronizzare Vortigern e vendicare la famiglia di Arthur.

King Arthur - Il potere della spadaLa trama è grossomodo tutta qui. Guy Ritchie e i suoi co-sceneggiatori Lionel Wigram e Joby Harold, invece di pensare troppo agli impicci di una possibile saga scelgono di indugiare sulle libertà che si sono presi in fase di scrittura, giocando sia con le varie versioni della leggende arturiane che con le aspettative del pubblico che si approccia al genere fantasy nel 2017.

Chi potrebbe lamentarsi che a quei tempi (sarebbe poi interessante capire quali, visto che siamo nel campo fantastico e malleabile della leggenda …) non sarebbero potuti esistere certi abiti/cibi/armi/costruzioni che si vedono e nemmeno campioni di kung-fu (si, Kung-Fu George è il maestro del giovane Artù ed è a capo di una scuola di lotta) non ha davvero capito nulla dello spirito della pellicola. Come si diceva in apertura, stilisticamente King Arthur – Il Potere della Spada è perfettamente – sorprenda oppure no – in linea con i film precedenti del regista inglese.

I suoi marchi di fabbrica sono presenti ovunque, anche perchè al suo fianco ci sono nuovamente il compositore Daniel Pemberton, il montatore James Herbert e il direttore della fotografia John Mathiesondalle scene in cui i personaggi attraversano la città con le telecamere ancorate addosso (RocknRolla), ai cani inferociti che abbaiano in slow motion (Snatch – Lo Strappo), a un’arma magica che tutti vogliono (Lock & Stock – Pazzi scatenati) fino a una sequenza costruita intorno a un furbacchione che racconta una versione della verità che però non si allinea con quanto accaduto davvero (c’è in ogni sua pellicola), tutto concorre alla riconoscibilità della mano di Guy Ritchie.

E’ curioso poi come nel tentativo di ‘doppiare’ la follia al rallentatore tipica dei due Sherlock Holmes, il filmamker introduca qui una sorta di “modalità berserker” ultra-veloce quando Arthur brandisce Excalibur, che sembra ispirata sia al mondo dei videogiochi (Dark Souls?) che al “bullet time” di Matrix. Vale inoltre la pena di notare anche come King Arthur – Il Potere della Spada si sposi perfettamente con tematiche care al regista, come l’ossessione per il significato dell’essere britannici, qui più forte che mai e che va direttamente alle origini della Gran Bretagna stessa.

King Arthur: Legend of the SwordLa vera star del film è comunque Charlie Hunnam, che, dopo parecchie false partenze, sembra essersi finalmente riuscito a ritagliare un ruolo da protagonista credibile. Il suo Artù è un valoroso guerriero con dei saldi princìpi, ma è anche ferito e dubbioso, a disagio con la prospettiva di capeggiare una rivolta e ancora di più di diventare il Re d’Inghilterra. Un compito non facile, che l’attore nato a Newcastle porta a casa in modo convincente, connotando il suo personaggio della giusta spavalderia e realismo (i pettorali da soli non possono fare miracoli d’altra parte).

Non ci si può lamentare nemmeno troppo degli elementi più prettamente fantasy, tra versioni aggiornate dei mastodontici olifanti del Signore degli Anelli, serpenti che in confronto quello che custodiva l’Occhio del serpente in Conan era un cucciolo e creature marine a metà tra le sirene (quelle malvagie però, che chiedono sacrifici di sangue per esaudire un desiderio) e il kraken.

L’unico problema sorge quando King Arthur – Il Potere della Spada prova a ricordarsi di inserire qua e là dei riferimenti all’improbabile franchise di cui vorrebbe essere apripista. Merlino viene menzionato più volte, ma mai mostrato (pare che per la parte fosse stato cercato Idris Elba e forse il suo rifiuto ha portato alla cancellazione del personaggio dal copione) e a dirla tutta che la Bergès-Frisbey sia Ginevra lo si scopre soltanto leggendo il pressbook. Non sono presenti nemmeno il fedele Lancillotto o la fata Morgana e non è affatto intuibile perché non lo siano, viste l’importanza dei due nell’economia della saga arturiana e la durata stessa della pellicola (126′).

Vedendo tuttavia il modo in cui viene presentata la Tavola Rotonda verso la fine (un po’ come la torre degli Avengers nell’omonimo film di Joss Whedon) sembra palese che, almeno in un primo momento, GuyRitchie e i suoi collaboratori siano stati interessati a coinvolgere gli spettatori in un’operazione che si sarebbe dovuta estendere al di là dei titoli di coda di un singolo lungometraggio. Un peccato, perché con un po’ più di accortezza, King Arthur – Il Potere della Spada – che ha comunque il merito di non essere l’ennesimo sequel o reboot, e non è certo poco ultimamente – avrebbe potuto ergersi oltre i limiti del discreto intrattenimento ipercinetico e senza pensieri di una sera.

Di seguito il trailer ufficiale italiano di King Arthur – Il Potere della Spada:

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