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Voto: 5.5/10 Titolo originale: The Man Who Killed Hitler and Then the Bigfoot , uscita: 08-02-2019. Regista: Robert D. Krzykowski.

L’Uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot | Recensione del film con Sam Elliott

01/11/2019 recensione film di Francesco Chello

Robert D. Krzykowski esordisce al lungometraggio con un'opera narrativamente affascinante e non semplice, il cui titolo potrebbe fuorviare le aspettative

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L’Uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot (The Man Who Killed Hitler and Then the Bigfoot) è un film scritto, diretto e prodotto da Robert D. Krzykowski, al suo lungometraggio d’esordio dopo un corto di 6 minuti (Elsie Hooper) del 2016. Tra i produttori anche Lucky McKee (May, All Cheerleaders Die) e Douglas Trumbull (la nostra intervista esclusiva). Un titolo che ha avuto una distribuzione un po’ itinerante, girato tra agosto e settembre 2017 in Massachussets (in particolare a Turners Falls e Greenfield), dal 2018 fa il giro di diversi festival a tema – in ordine cronologico Fantasia International, Plaza Classic, FrightFest, Sitges, Boston Underground, Night Vision – per poi avere un breve theatrical release negli States l’8 Febbraio 2019 e, curiosamente, ripetersi nientemeno che in Islanda il successivo 26 luglio.

In Italia, come in altri paesi, arriva direttamente in home video (sia in dvd che combo dvd/bluray) il 26 settembre, per la collana Originals della Eagle, oltre che in streaming considerando che da pochi giorni è entrato a far parte del catalogo nostrano di Amazon Prime Video.

L'uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot (2018) film posterPartirei dal titolo, con una scelta del genere è inevitabile non parlarne. Un titolo che aveva settato le mie aspettative (o quanto meno l’idea che per qualche ragione, evidentemente sbagliata, mi ero fatto sul suo genere di appartenenza) su grindhouse / exploitation / nazisploitation e territori simili. Fuori strada. È un titolo furbetto che chiaramente con la sua singolarità, così esplicita, tenta di accaparrarsi un pubblico differente, salvo poi spostarsi in tutt’altri territori; furbo ma non bugiardo, visto che il protagonista è veramente colui che uccide sia Adolf Hitler che il Bigfoot, su quello non mente e non puoi rimproveraglielo. Insomma, chi si aspetta una sorta di Machete 2.0 rimarrà senz’altro spiazzato, ma non necessariamente deluso dalla realtà dei fatti.

L’Uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot è un film fondamentalmente drammatico, che racconta la terza età di un uomo non banale, che ha avuto una vita sopra la media, che ha vissuto (e risolto) un evento eccezionale, ma che per questo motivo ha dovuto pagare il dazio degli affetti. Di uno in particolare, l’amore della sua vita. Si affronta il rimpianto, la malinconia dei ricordi, delle scelte che avrebbero potuto andare diversamente, un modo per fare un bilancio nel momento in cui credi sia arrivato il tempo di chiudere il cerchio dopo aver perso tutto. La vita che offre un’ultima possibilità, una possibilità che il protagonista sembra non volere, accettare controvoglia, un compito ingrato che potrebbe mettere la parola fine e che, invece, si rivela rigeneratore di voglia e di fiducia, quando ormai sembrava tutto finito.

Quel protagonista ha il volto, i baffoni ed il carisma di un perfetto Sam Elliott. Magnetico, malinconico, l’attore si carica il film sulle spalle e da solo vale almeno la metà della visione. Calvin Barr è un uomo stanco, disilluso, che vive appunto nei ricordi e nel rimpianto. Che cerca di camuffare la sua sofferenza interiore. Ma che nasconde una forza di volontà ancora viva, vivissima. Un fuoco che ancora non accenna a spegnersi, nonostante lui arrivi a desiderarlo. Una schiena dritta, una personalità fatta di princìpi, coerenza e schiettezza. L’uomo che segretamente ha ucciso Hitler e salvato il Mondo, senza riceverne la gloria e gli elogi. Che per questo ha perso la donna che amava.

L'uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot (2018) filmL’introduzione del personaggio è emblematica. Sbronzo e malandato, chiude le sue giornate bevendo whisky scadente in un bar di quartiere, un relitto solamente all’apparenza che alla prima occasione mostra tutto il suo cazzuto potenziale sgominando (e stendendo) quattro rapinatori con la facilità di un ragazzino letale. Un prologo efficace, che definisce immediatamente il personaggio e la sua dimensione. Dimensione che inizia gradualmente ad essere arricchita da una serie di flashback che, specie nella prima metà del film, si alternano con regolarità col piano temporale presente e raccontano il background di quest’uomo – ed il 50% del titolo del film.

Ci viene mostrata la sua controparte giovanile (affidata a un credibile Aidan Turner), sia nelle sue vicende personali (il focus è la storia d’amore ed una proposta di matrimonio che, suo malgrado, non arriverà mai) che in quelle di carriera, con la costruzione e la messa in opera della missione del secolo: uccidere Adolf Hitler, ovviamente.

La seconda parte di L’Uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot è dedicata alla nuova chiamata da parte della patria. Da uomo apparentemente dimenticato da tutti torna ad essere, ancora una volta, l’unica risorsa per la salvezza degli esseri umani. Calvin deve affrontare il Bigfoot – creatura che ha sempre il suo appeal, potenzialità non sfruttate mai abbastanza dal mondo cinema (come il mostro di Loch Ness, ma sto divagando). Ecco così che la storia assume quella connotazione fanta-horror che fino a quel punto non aveva certamente avuto (fantasiosa sì, vedi versione della morte di Hitler, ma non fantastica) – che tra l’altro giustifica la presenza del film in molti di quei festival sopraelencati, visto il macrogenere sicuramente differente dalla maggior parte delle pellicole proiettate nelle stesse circostanze.

Il Bigfoot ha un aspetto accattivante, diverso (per stazza, ma non solo) da come viene raffigurato solitamente; originale anche nella sua pericolosità per l’uomo, che non è dovuta alla preventivabile violenza ma bensì ad un virus (letale per l’essere umano) di cui è portatore. Lo scontro tra i due è crudo, concitato, sanguinolento. L’ambientazione boschiva rende palpabile il clima di pericolo. Calvin agisce con coraggio, impeto, ma anche pietà e pena per una creatura che si trova a dover eliminare per esigenze più grandi di lui.

L'uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot (2018) film adolfIl film di Robert D. Krzykowski, pertanto, ha un potenziale narrativo interessante, anche se a volte pecca nel modo in cui decide di raccontarlo. Il ritmo generale non è quello che si può definire frenetico, il tono è riflessivo, si sofferma molto sugli stati d’animo del suo protagonista. Ritmo che a tratti, specie nel primo tempo, si fa troppo compassato, i tempi eccessivamente dilatati – non escludo che una sfoltita avrebbe potuto giovare alla scorrevolezza. Va meglio nella metà successiva, il Bigfoot porta un po’ di vivacità ma, soprattutto, quel pathos che fino a quel momento era venuto a mancare.

Non si tratta di una visione facile, non tanto per contenuti certamente accessibili (ed interessanti), ma proprio per la scelta dell’impianto narrativo. Un film sofferto, che utilizza il mezzo del cinema fantastico per proporre un’aspra riflessione sulla vecchiaia, la solitudine, la perdita dei cari, il rimpianto, il significato della vita, il senso del dovere. Una tristezza forse eccessiva che si mescola ad una gestione dei tempi troppo flemmatica. Per dire, non è un film che rivedrei facilmente, almeno non a breve. Ma ciononostante non è un titolo che mi sento di bocciare, anzi.

Curato ed elegante, racconta una storia che ha fascino e significato. E che, ripeto, deve molto della sua attrattiva alla personalità ed alla intensa performance di Sam Elliott.

Di seguito il trailer italiano di L’Uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot, in home video dal 26 settembre: