Voto: 6.5/10 Titolo originale: We Have Always Lived in the Castle , uscita: 17-05-2019. Regista: Stacie Passon.
Mistero al castello Blackwood: la recensione del film con Daddario e Farmiga
23/02/2020 recensione film Mistero al castello di Blackwood di Sabrina Crivelli
C'è anche Sebastian Stan nell'adattamento cinematografico del romanzo di Shirley Jackson, un dramma claustrofobico in cui il vero orrore risiede nel passato e nella psiche
Più drammatico e ansiogeno che terrificante, Mistero al castello Blackwood (We Have Always Lived in the Castle) di Stacie Passon (Concussion) gioca su una storia convenzionale di emarginazione e omicidio pervenendo a un epilogo piuttosto scontato. Tuttavia, nel suo sviluppo è più il senso di tragedia che pesa sui luoghi e sui personaggi rispetto all’originalità della narrazione a rendere questo crepuscolare film particolarmente fascinoso.
Tratto dall’omonimo romanzo di Shirley Jackson (già autrice del noto L’incubo di Hill House), Mistero al castello Blackwood si apre ex abrupto con Merricat (Taissa Farmiga) che sta scrivendo alla scrivania. Si susseguono rapide istantanee di una casa decrepita, ma un tempo molto lussuosa, dove lei vive con la “preziosa” sorella Constance (Alexandra Daddario).
Stacco. In un flashback torniamo indietro nel tempo, a quando ebbero inizio gli eventi che hanno portato alla attuale condizione. Diviso in capitoli che scandiscono il trascorrere dei giorni, siamo quindi a poco più di una settimana prima. La Blackwood Manor è ancora splendente e le due giovani eredi vi abitano con lo zio Julian (Crispin Glover), costretto su una sedia a rotelle per cause a noi ancora ignote.
Le ragazze escono di rado da quello che gli abitanti del luogo (di qui il titolo evocativo Abbiamo sempre vissuto nel castello), invidiosi della fortuna del padre, chiamano il castello. Difatti, dopo un tragico evento vivono da recluse, evitate da tutti, da quando i genitori sono deceduti in circostanze oscure (sono morti avvelenati) e la dolce – e all’apparenza inerme – Constance è stata accusata (ma non condannata) della loro morte.
Solo di tanto in tanto, per fare la spesa, Merricat si reca al villaggio e viene ogni volta schernita. Prima, però, di abbandonare l’amata sorella, seppellisce diversi oggetti appartenuti al padre, monete e inchioda a un albero lungo la loro proprietà un libello, convinta che il rituale magico possa tenere lontano i pericoli, quantomeno fuori dall’alto cancello.
Tuttavia così non è. La tranquilla vita domestica viene sconvolta quando si palesa un lontano cugino, il fascinoso Charles Blackwood (Sebastian Stan), che inizia a cercare di sedurre Constance e a imporre in maniera despota la propria volontà. Non solo, quasi prendendo il posto del padre, si appropria della sua stanza, dei suoi vestiti e così via … Le sue mire di arrampicatore senza scrupoli sono piuttosto palesi, almeno per l’ostile Merricat (e per noi), ma Constance, che dopo il trauma della perdita dei congiunti è piuttosto evanescente, ne è soggiogata.
Il mistero del parricidio e matricidio, come l’obbiettivo ultimo di Charles, o dove porterà il crescendo di rabbia all’interno della proprietà dei Blackwood è scontato in Mistero al castello Blackwood. Il colpo di scena finale è quasi comandato (e addirittura è anticipato nel trailer!!). Allo stesso tempo, però, il climax riesce a comunicare una profonda angoscia a noi che seguiamo la vicenda.
Claustrofobico come un racconto di Edgar Allan Poe, in stile La caduta della casa degli Usher, è la condizione di prigioniere in una gabbia dorata, più che la magione in se, che ricorda il classico letterario (dell’influsso del quale probabilmente risente anche il libro da cui il lungometraggio è stato tratto).
Vagamente affine anche a horror d’atmosfera quali il recente The Lodgers – Non Infrangere le Regole di Brian O’Malley (la nostra recensione), in Mistero al castello Blackwood non c’è nulla di realmente paranormale, se non un sentore strisciante, un’aura che ammanta soprattutto Marricot e le sue pratiche magiche, elemento che aumenta lo sparsamente e punta a confondere lo spettatore e ad ammantare di ulteriore oscurità l’insieme. Diversamente dal regista irlandese, i cui scenari sono ben più fatiscenti, qui si assiste a un dramma da camera senza via di fuga, in cui le dinamiche di un microcosmo maledetto vengono stravolte da un nuovo arrivato, Charles, con un apice tragico.
Sono i protagonisti, le loro dinamiche interiori, i loro atteggiamenti e reazioni a riempire l’intera pellicola di Stacie Passon, lasciando alla paura un ruolo solo marginale. In tal senso la spavalda e altamente aggressiva natura di Charles è resa bene dalla recitazione di Sebastian Stan.
Anche la performance di Alexandra Daddario, la cui sorridente Constance pare sempre essere sull’orlo di una crisi di nervi è convincente, anche se la psicologia del suo personaggio è a tratti poco chiara (l’attaccamento al nuovo arrivato e il mutamento del suo rapporto con la sorella sono faticosamente comprensibili nell’arco di poco più di una settimana).
Interessante è, comunque sia, il rapporto – passato e presente – delle figlie col padre scomparso, il cui spettro aleggia ancora sulla casa e che determina gli atteggiamenti di entrambe. È proprio la sua incombente presenza a dare il via a un pericoloso processo di sostituzione. Ultima, Taissa Farmiga replica il ruolo convenzionale di giovane insicura ed emarginata che ricopriva già in American Horror Story: Murder House. Varia solo l’ambientazione negli anni ’60.
In definitiva, Mistero al castello Blackwood risulta riuscito come diario di una condivisa sociopatia o psicosi, nata dal rifiuto sociale e dall’oppressione di figure maschili (una solo suggerita, l’altra suo doppio mostrata), più che narrazione del terrore, scavando nell’interiorità dei suoi personaggi per far emergere i fantasmi dello spirito.
Di seguito trovate il trailer internazionale del film:
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