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Titolo originale: Calibre , uscita: 22-06-2018. Regista: Matt Palmer.

Recensione | Calibre di Matt Palmer

04/07/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Buon lungometraggio di debutto per il regista britannico, un thriller che punta tutto sulla tensione psicologica ma tralascia un po' il ritmo

Vincitore del Michael Powell Award come miglior film inglese al Edinburgh Film Festival 2018, Calibre, produzione originale Netflix scritta e diretta dal ebuttante Matt Palmer, ripropone il convenzionale attrito tra cittadini in cerca di svago e campagnoli ostili, declinandolo in maniera drammatica, ma perdendo così in tensione.

Thriller piuttosto lineare, Calibre ha per protagonisti una coppia di amici, lo spavaldo Marcus (Martin McCann) e Vaughn (Jack Lowden), che aspetta un figlio dalla consorte. I due partono insieme per qualche giorno alla volta di, Culcurran, un paesino disperso per le Highlands scozzesi, dove intendono dedicarsi a una battuta di caccia e a qualche bevuta insieme. La prima sera, quindi, si recano nel pub della zona, trangugiano una buona dose di birra e subito scatta un’immancabile piccolo tafferuglio con gli autoctoni per un’ammiccante donna locale, ma tutto viene sedato prontamente da Logan McClay (Tony Curran), più amichevole abitante del luogo, che si batte per rilanciare la località che da anni soffre di spopolamento e problemi economici. I protagonisti, quindi, soddisfatti dell’allegra nottata tornano in albergo e la mattina dopo, ancora in preda ai postumi della sbornia, imbracciano il fucile e si inoltrano nei boschi alla ricerca di selvaggina. Tuttavia, dopo aver titubante sparato a un cervo, Vaughn si accorge che ha involontariamente colpito una preda assai diversa, incidente a cui conseguirà un lento degenerare degli eventi fatto di omicidi, inconfessabili segreti e occultamenti notturni…

La storia al centro di Calibre fonde dunque elementi certo non inediti; anzitutto c’è il cliché dello scontro tra stranieri e abitanti di un luogo disperso, che da Un tranquillo week-end di paura (Deliverance) in poi ha segnato l’immaginario collettivo e determinato un’infinità di filiazioni. Poi c’è quell’atmosfera tesa e sinistra, alla The Wicker Man (la nostra recensione), per cui una indefinita, ma impalpabile minaccia colpisce lo sventurato turista che si avventura in una comunità liminale e isolata. Simile è allora la tensione che lenta cresce, da un iniziale ostilità che finisce in rissa, fino a qualcosa di molto più pericoloso. Allo stesso modo del classico del 1973 diretto da Robin Hardy, il film di Matt Palmer mira a creare una sensazione di claustrofobia, mentre i due personaggi principali si trovano sempre più impossibilitati a fuggire da Culcurran e al contempo sono sempre più consapevoli che la situazione per loro diviene ogni ora più pericolosa. Impossibile però è rifiutare gli inviti, dapprima sinceramente cordiali, poi insistenti e più insidiosi. Lo spettatore ha quindi la percezione di incombente oppressione, mancanza di vie di fuga, fino al finale prevedibile che è preparato con un meticoloso e coerente crescendo. Non esistono altresì colpi di scena ad effetto (l’ultimo quarto d’ora però non è per nulla scontato), né il ritmo è particolarmente veloce, non ci sono sequenze o immagini eccessivamente cruente o scioccanti (solo qualche pugno e un paio di colpi di fucile, di cui uno invero repentino e d’impatto) e non si tratta certo di un thriller al cardiopalma fatto di fughe, sparatorie e inseguimenti (eccezion fatta per una manciata di minuti quando ci avviciniamo alla conclusione).

Eppure, seppur con uno sviluppo assai dilatato, in Calibre viene costruita una certa tensione, di tipo psicologico. La componente più riuscita del film è infatti la maniera in cui i due antieroici protagonisti reagiscono agli eventi. In apertura vengono delineati le differenti indoli, il volitivo Marcus e il più insicuro e sensibile Vaughn, ed è poi interessante seguirne l’evoluzione interiore, dopo un’iniziale inaspettata disgrazia. L’uno, la cui morale è del tutto labile, è disposto a sporcarsi sempre più le mani per evitare peggiori punizioni; l’altro è un debole e segue passivamente il volere del primo, benché in parte si opponga e approdi, dopo un iter alquanto accidentato, ad esiti inattesi. La dinamica che vige tra i due, il tentativo di celare i loro misfatti, la sempre più incombente presenza degli abitanti del luogo, tutto concorre a edificare un climax che raggiunge una sanguinaria conclusione.  Si combinano così un insieme di angoscia, senso di colpa e crescente paura di essere scoperti e puniti … Almanaccabile è sin da principio come andrà a finire in senso più generico (la scelta è tra bene o male) per Marcus e Vaughn, resta solo da comprendere quale sarà la declinazione specifica che Matt Palmer vorrà conferire al finale, che comunque sia stupisce.

Più che discreto lungometraggio di debutto, Calibre – inserito nel catalogo di Netflix Italia l’1 luglio – anche con qualche difetto soprattutto in termini di ritmo, compensa con un’apprezzabilissima analisi delle psicologie dei protagonisti, le cui sfumature sono ancor più esaltate dalla lodevole performance di Martin McCann e Jack Lowden. Purtroppo meno approfonditi sono gli altri personaggi, che fungono solo di contrappunto per il loro controverso percorso interiore.

Di seguito trovate il trailer originale: