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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Possum , uscita: 26-10-2018. Regista: Matthew Holness.

Possum: la recensione del film horror di Matthew Holness

07/11/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Sean Harris è l'instabile protagonista ossessionato da un burattino aracniforme in un'opera enigmatica, in cui realtà e allucinazione si confondono

Possum film 2018

Sovente il cinema britannico produce piccoli oscuri tesori e non gli sono necessari come altrove grandi risorse, perché al budget sostituisce le idee, che certo hanno assai maggior valore se ben concretizzate. L’ultimo esempio è Possum, horror psicologico surreale che rappresenta il debutto alla regia di un lungometraggio del co-creatore e protagonista della serie del terrore parodistica inglese “Garth Merenghi’s Darkplace” Matthew Holness, il quale ne ha scritto anche la sceneggiatura.

Labirintico viaggio mentale, oltre che fisico, seguiamo l’emarginato Philip (Sean Harris), mentre errabonda confuso per le campagne inglesi con una grossa borsa di pelle, che scopriamo contenere un inquietante sorta di manichino, o meglio una testa con attaccati dei rami, quasi a formare le zampe di un ragno. L’uomo, un ex burattinaio, torna ad abitare nella fatiscente casa di famiglia, in cui è cresciuto con un zio e tutore, Maurice (Alun Armstrong), dopo la tragica morte dei genitori. La sua salute mentale è, sin da subito, palesemente instabile.

Persuaso della pericolosità del fantoccio aracniforme che porta sempre con se, cerca più volte di buttarlo, come a liberarsene, per poi essere colto da disperazione e riprenderlo di nuovo con sé. E’ una sorta di ossessione, di ambigua proiezione di un qualche lato del suo inconscio che cerca da un lato di rimuovere, dall’altro di esplorare e quindi conservare. Non solo, ‘liberato’ nei boschi, l’oggetto inanimato a volte prende vita e bracca minaccioso il suo stranito proprietario.

Possum, si struttura certo su una trama decisamente sibillina e non rendono di facile fruizione – almeno per un pubblico non avvezzo -, il minimalismo nello sviluppo della narrazione e l’estrema rarefazione del racconto, in cui pochi sono gli eventi salienti che si succedono e tutti estremamente dilatati. Molti sono poi gli elementi altamente simbolici ed enigmatici a partire dal titolo stesso, che discende da una macabra filastrocca che Philip sovente recita durante il film. La storia è volutamente non chiara.

Allo stesso tempo, difficile è carpire fino alla fine ciò che motiva gli strani atteggiamenti del protagonista, che occupa le sue giornate –  e il minutaggio – gettando e riprendendo il pupazzo, oppure intento in percorsi randomici all’apparenza senza meta, in vaneggiamenti dal senso dubbio o in lunghi dialoghi con Maurice.

Ovvio, il rapporto tra i due è centrale nel film e costruito sull’alternarsi di vessazioni (numerose) e qualche rada forma di tenerezza (solo una volta vediamo il vecchio che concede una caramella al figlio acquisito), in una dinamica che con ogni probabilità lascia intendere un pregresso vissuto da Philip durante la crescita e di cui ancora la sua personalità porta i segni. Eppure difficile è mantenersi comunque vigili per i più che accettabili 85 minuti di durata, che danno la sensazione però di essere molti di più in questa sorta di ibrido tra un dramma da camera ambientato tra una casa fatiscente e il suo circondario, e un thriller allucinato alla Spider di David Cronenberg (che tuttavia risulta ben più lineare).

Per coloro che invece sono affascinati dagli horror intimistici e non particolarmente movimentati, Possum possiede più di una qualità. Nell’horror, per il quale Matthew Holness stesso ha affermato essersi ispirato a cult come Wampyr (Martin) di George A. Romero, A Venezia… un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg o Nero criminale – Le belve sono tra noi di Pete Walker, gli incubi prendono forma in un crescendo che trascina lemme, ma costante, lo spettatore in un baratro di tenebra.

Una pioggia nera di inchiostro annacquato, un ragno di sterpi e di plastica sono ombre suggestive che prendono vita davanti allo sguardo attonito del protagonista. Tutt’intorno, echi inquietanti dal mondo reale, la misteriosa scomparsa di un ragazzo in età scolare – che ci viene rivelato da un repentino dettaglio su un titolo di giornale -, danno la sensazione che la minaccia da immateriale divenga concreta e si espanda tutt’intorno al personaggio principale.

Viene da domandarsi se sia solo un epicentro involontario oppure ne sia l’artefice. Come il lavorio dell’acqua sulla roccia, allora, la verità si scava un passaggio dal non senso delle immagini fino al finale rivelatorio e al contempo lasciato aperto. Un notevole ruolo giocano in questo complesso ingranaggio i due attori centrali, che sostengono pressoché in toto sulle loro spalle l’intera pellicola. Da un lato, Sean Harris (Mission: Impossible – Fallout) è in grado di dare forma in maniera più che convincente a una psicologia malata, instabile; dall’altro, Alun Armstrong incarna con estrema naturalezza l’orco, che sadicamente si scaglia contro il figliastro e, al momento giusto, lo blandisce.

In conclusione, Possum non è certo un horror commerciale e non intratterrà il pubblico che deciderà di avvicinarvisi con i soliti jumpscare e gli effetti speciali pirotecnici; ciò è palese sin dai primi fotogrammi. Eppure, le atmosfere, la messa in scena e la fotografia, alcuni dialoghi dal sapore letterario, poetico, sapranno deliziare i palati più raffinati e in cerca di qualcosa di poco usuale.

Di seguito trovate il trailer ufficiale: