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Titolo originale: 염력 , uscita: 31-01-2018. Regista: Yeon Sang-ho.

Recensione | Psychokinesis di Yeon Sang-ho

07/05/2018 recensione film di William Maga

Netflix produce e distribuisce in esclusiva il nuovo film del regista di 'Train to Busan', che riporta il genere dei supereroi a dinamiche più intime e famigliari

Psychokinesis di Yeon Sang-ho 2018

Un tempo si realizzava un piccolo film ben fatto che incassava molto più di quanto messo in preventivo e, prima o poi, un grande studio avrebbe finito per chiamarne il regista, offrendogli una certa quantità di possibili saghe a cui mettere mano come suo successivo progetto e, qualora avesse accettato, riempirgli le mani di dollari. Tra i numerosi esempi basti pensare ai fratelli Russo, a Ryan Coogler o a Taika Waititi. Tuttavia, il coreano Psychokinesis (Yeom-lyeok) potrebbe ora rappresentate uno dei primissimi esempi di filmmaker balzato alla ribalta internazionale con un titolo di successo – in questo caso, il fenomenale Train to Busan – che, invece di passare subito a un set Marvel, viene messo sotto contratto da Netflix. Il colosso delle streaming ormai è – che ci crediate o no – assimilabile a una qualsiasi major hollywoodiana ‘tradizionale’ e, prescindendo dalle continue polemiche circa la sua prolifica produzione e sul controverso modello di distribuzione, dà effettivamente spazio a pellicole che altrove non riescono più ad avere visibilità. Così, se lo scorso anno ha regalato in esclusiva Okja ai fan di Bong Joon-ho, quest’anno ha deciso di accontentare quelli del suo compatriota Yeon Sang-ho.

Si, perchè quello che Train to Busan è stato per il cinema di zombie, Psychokinesis lo è per i film dei supereroi. Non si tratta di qualcosa di ‘sovversivo’ alla Kick-Ass o alla Deadpool o alla Suicide Squad, ma di una vera celebrazione di un genere che, nonostante il gracidio dei puristi, è riuscito a sostenere – e addirittura incrementare – la sua popolarità per oltre un decennio. Se proprio si deve pensare a un paragone quindi, il più vicino a cui si può pensare diventa allora Chronicle, che, per inciso, è un grande esempio della politica di Hollywood sopra menzionata. Dopo il sorprendente clamore della pellicola del 2012 infatti, il regista Josh Trank fu immediatamente assunto per dirigere il reboot dei Fantastici Quattro, che finì per essere una delle più sanguinose debacle al botteghino a memoria recente. Yeon Sang-ho non deve però preoccuparsi di questo. Psychokinesis è più simile a Chronicle – sia nella sua natura ‘indipendente’ che nell’esplorazione di una dimensione maggiormente personale – rispetto a quel pasticcio gonfio di CGI che era Fantastic 4. E, come Train to Busan, è anche una storia di padri e figlie e sulla differenza tra classi sociali (quest’ultimo elemento presente fin da The King of Pigs, memorabile debutto animato del regista del 2011).

La figlia in questione è Roo-mi (Eun-kyung Shim). È giovane, forte e autosufficiente, essendo stata abbandonata da suo padre oltre 10 anni prima. Gestisce un noto ristorante specializzato in pollo fritto situato all’interno di una galleria commerciale con l’aiuto di sua madre. Una notte, la mafia della zona – il braccio armato assoldato da una società immobiliare corrotta – distrugge il locale, che intralcia il progetto di ‘bonifica’ dell’area in vista della costruzione di un gigantesco mall. Roo-mi lotta per respingere gli scagnozzi, che la bloccano mentre abbattono le pareti del suo ristorante. Nei tafferugli che seguono, la madre di Roo-mi cade e sbatte la testa contro il marciapiede e, proprio mentre gli altri negozianti accorrono sul posto, la donna muore tra le sue braccia. Il giorno dopo, la ragazza chiama suo padre, che non vede da anni. Seok-hyeon (Seung-ryong Ryu) ha lavorato come guardia di sicurezza in una banca, vivendo da solo e adoperandosi in piccoli furti per tenersi occupato. Con un mal di stomaco causato dall’ingestione di acqua di sorgente contaminata, e più imbarazzato di quello che può nascondere, si reca comunque al funerale.

Nel corso di quella spiacevole situazione, né padre né figlia sanno che l’acqua di sorgente gli ha causato – oltre alla diarrea – la nascita di poteri telecinetici. Tali nuove capacità non possono naturalmente rimanere nascoste per sempre, ed è qui che Yeon Sang-ho decide di deviare da quanto fatto da Josh Trank per Chronicle e da M. Night Shyamalan per Unbreakable – offrendo a Seok-hyeon diverse scene in cui gioca con i suoi superpoteri, spaventando spettatori ignari e persino presentandosi a un colloquio per un posto da mago. Presto però, come ogni vero eroe impara, comprende le responsabilità che derivano da questi poteri e che non ci sia modo migliore di impiegarli che respingere i malviventi (attenzione, non esiste un super villain qui) che minacciano la sicurezza di sua figlia.

Psychokinesis rappresenta un cambiamento di scala parimenti destabilizzante e rinvigorente rispetto all’affollatissimo e ‘cosmico’ Avengers: Infinity War, proprio in questi giorni nei cinema: la terza fatica del regista coreano è fondamentalmente ambientata in una sola strada, con la notevole eccezione di una sequenza action girata in maniera non sorprendentemente raffinata verso la fine dei suoi 100′ di durata. E come il blockbuster Marvel/Disney, al di là del suo aspetto appariscente, anche questo è un film che parla di una non semplice relazione genitore-figlio. È in parte racconto di redenzione (vale la pena sottolineare che il personaggio interpretato da Seung-ryong Ryu, oltre ad avere 50 anni e la pancia, è soprattutto un furfantello patetico ed egoista, non certo un esempio di virtù classico …), in parte storia delle origini di un supereroe e – in quella resa dei conti conclusiva, parzialmente un western. In definitiva, Yeon Sang-ho mette in archivio un altro titolo di indubbio interesse, confermandosi come una delle voci più stimolanti del cinema coreano contemporaneo.

Di seguito il trailer originale (con sottotitoli) di Psychokinesis, che in Italia vedremo quasi sicuramente distribuito direttamente su Netflix: