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Voto: 6/10 Titolo originale: アウトレイジ 最終章 , uscita: 07-10-2017. Regista: Takeshi Kitano.

Outrage Coda | La recensione del film di Takeshi Kitano (Sitges 50)

19/10/2017 recensione film di Sabrina Crivelli

L'ultimo lavoro di Beat Takeshi è un'opera estremamente matura e riflessiva sulla criminalità, che, mancando quasi completamente di azione, potrebbe però risultare troppo statica ai più

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Ultimo capitolo della trilogia degli Outrage (dopo Outrage del 2010 e Beyond Outrage del 2012), Outrage Coda di Takeshi Kitano risulta un intricato film sulla Yakuza che a limitatissime parentesi di azione preferisce lunghe e machiavelliche riflessioni sui meccanismi della criminalità organizzata.

Outrage Coda posterComplessissima è anzitutto la storia, fatta di mille personaggi facenti capo a diversi clan, in particolare un manipolo di uomini che fanno capo a Otomo (Beat Takeshi stesso), il quale si è trasferito in Corea del Sud, a Jeju, al servizio di Mr. Chang, e gli Hanabishi che hanno vinto la precedente guerra con i Sanno, divenendo incredibilmente potenti. I suddetti, tuttavia, stanno affrontando un complesso processo di successione e due fazioni si fanno in segreto lotta tra di loro per decidere se o meno eleggere tra le fila dei boss il giovane e degenere Hanada (Pierre Taki), sostenuto perché capace di apportare grandi profitti alla famiglia da una parte, osteggiato perché del tutto immorale e fuori controllo dall’altra.

Lo schieramento ha l’occasione di ordire segretamente i propri intrighi quando, provvidenziale, Hanada ha un violento incontro con due prostitute al servizio di Hotomo, ma, invece di pagare lo scagnozzo coreano di quest’ultimo, inviato il giorno dopo per riscuotere una cifra quale risarcimento, lo uccide. Così si accende una faida tra la cosca di Mr. Chan e la florida Hanabishi-kai, frangente perfetto per le macchinazioni di Nomura (Ren Osugi), capo assoluto di quest’ultima, che segretamente ordisce per eliminare il suo secondo Nishino (Toshiyuki Nishida), mettendo in scena diversi attentati e cercando di dare la colpa a questi e ai coreani per metterli l’uno contro l’altro. Nel frattempo, Otomo torna in Giappone, per vendicare infine i suoi compagni giustiziati ingiustamente dagli Hanabishi.

Se la trama appare come potrete capire tutt’altro che immediata già nella sua più o meno breve descrizione, ancor più contorta e complicata è la sua messa in scena su pellicola. Siamo assai lontani dai caratteri kitaniani manifestati sin dal suo debutto con Violent Cop nel 1989 (la recensione), univa a uno svolgimento oltremodo violento a una componente altamente drammatica, che lui stesso, quale protagonista/giustiziere, portava in scena con grande pathos. In Outrage Coda gli scontri a fuoco o a fil di spada sono pressoché inesistenti, mentre vigono l’incastro certosino di mille differenti tasselli e personaggi e un’intricata riflessione sui codici d’onore, vigenti o meno, vecchi e nuovi. Ne segue dunque una certa nostalgia, quasi il rimpianto di una criminalità più corretta, più integra, in via di estinzione, rappresentata dal protagonista, con cui in qualche modo non si può che empatizzare.

Ormai stanco e in declino, il vecchio gangster ricorda il più giovane Murakawa di Sonatine (la recensione), sempre incarnato dal regista, il quale ugualmente cercava inutilmente di uscire indenne dalla criminalità organizzata e che allo stesso modo veniva tradito. Nell’ultimo lavoro, Kitano riserva però al suo personaggio ben poco spazio, mentre la diegesi si muove rapida tra i doppi giochi, i complotti e gli infiniti dialoghi tra i molteplici altri membri dello Hanabishi-kai. Anche la polizia, assai corrotta, è peraltro coinvolta nelle lotte di potere.

Outrage Code 2Decisamente politico, sono le concessioni, le contrattazioni e soprattutto i soldi a muovere le azioni dei singoli membri dei clan, tra offese e compensazioni insufficienti e non. Si aprono così infinite e prolisse parentesi, tira e molla verbali, lunghi colloqui formali e infinite trattative, che non aiutano certo il ritmo e anzi danno all’insieme un andamento fin troppo meditativo; si parla moltissimo, negoziando alle spalle e non, si macchina altrettanto, ma si opera molto poco, anzi tutti stanno ad attendere la mossa altrui, o che qualcun’altro faccia il lavoro sporco. D’altro canto l’unico che agisce davvero, l’Otomo di Kitano, scompare per un’estesa parte di Outrage Coda, lasciando spazio a una serie di tentati assassinii che falliscono miseramente – con rare esecuzioni riuscite -, svelando in ultimo il vero mandate. Tuttavia, c’è un’eccezione a tale staticità che rallegrerà chi, meno intellettuale, è alla ricerca di un po’ di sana violenza in puro stile Beat Takeshi: in un assalto armato all’altezza delle migliori – o peggiori – carneficine alla Boiling Point, letteralmente uno sterminio inondato di sangue.

L’approccio riflessivo allo yakuza eiga, rivela in Outrage Coda un’estrema maturità che certo renderà apprezzabile il film di Kitano per il suo meticoloso intreccio e la densa indagine, quasi filosofica, del mondo criminale giapponese e dei suoi meccanismi; coloro però che nel regista nipponico apprezzavano la pirotecnica crudezza di alcune precedenti pellicole, potrebbero risentire del decrescere esponenziale di ritmo e più dell’immediatezza, che lo rendono a tratti un po’ indigesto.

Di seguito il trailer internazionale di Outrage Coda in cui sono concentrate pressoché tutte le sparatorie del film:

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