Home » Cinema » Horror & Thriller » Recensione | What Still Remains di Josh Mendoza

Titolo originale: What Still Remains , uscita: 14-08-2018. Regista: Josh Mendoza.

Recensione | What Still Remains di Josh Mendoza

18/08/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Lulu Antariksa e Colin O'Donoghue sono i protagonisti dell'ennesimo prodotto indie-survivalista tutto cliché e con gore ai minimi che lascia confusi anche i pochi spunti interessanti

Prodotto piuttosto prevedibile nell’ottica di un sottogenere trito, What Still Remains dell’esordiente Josh Mendoza – che lo ha anche sceneggiato – ripropone l’usuale repertorio proprio del filone post-apocalittico da disastro batteriologico, in cui uno o più personaggi centrali sopravvive alla catastrofe e si trova, per cause varie, ad abbandonare il tranquillo rifugio per errabondare in terre desolate e dense di pericoli. Il tutto ammantato da una buona dose di cliché e frasi fatte, nonché da una protagonista piuttosto fastidiosa e diaun finale con un solenne fermo immagine caricato di tale posticcia solennità da risultare solamente ridicolo.

Certo, quando esplori la fine del mondo, che sia a causa di infetti o appestati, le combinazioni possibili di situazioni tipo sono ormai state tutte esplorate. L’eroe o gli eroi di turno replicano uno schema fisso e poco fantasioso. Lasciata la loro magione, decidono per motivi vari (attacchi, solitudine, nuovi incontri, scarsità di provviste, idealistiche mete vagheggiate da qualche genitore morente …) di intraprendere un pericoloso cammino verso un’indefinita meta, che rappresenta la salvezza. Su per giù a metà strada (o stagione, in caso di una serie come la recente The Rain di Netflix) il protagonista/i protagonisti della vicenda incrociano una comunità sicura, ma prontamente la schifano perché ritenuta eticamente abbietta, essendo loro dotati di una bussola morale assai superiore alla media (e a volte hanno anche ragione). In altri casi, si trovano a scappare perché la loro nuova casa si rivela una pericolosa prigione, o perché viene messa a ferro e fuoco da un qualche invasore.

A volte le precedenti opzioni sono addirittura combinate insieme. Comunque sia, alla fine ancor meno sono i reduci, sovente è uno solo, che cercano altrove maggior fortuna in un finale spesso aperto. Nei casi più pessimisti, invece, è un’ecatombe con scarse vie di fuga. In generale, semplificando, non c’è nulla in tale filmografia che i fan più fedeli di The Walking Dead, per fare un nome a caso, non abbiano già visto (al massimo bisogna sostituire i non morti con gli appestati) lungo le sue 8 interminabili stagioni. I pochi pregi possibili rimangono allora una buona dose di gore, effetti pratici e sgozzamenti, e dei dialoghi che non facciano venire il latte alle ginocchia.

Ebbene, What Still Remains, purtroppo, non possiede nessuna delle suddette virtù … L’originalità poi è un lontano miraggio. La trama, con le dovute declinazioni, è perfettamente inseribile nello schema soprastante, con due fastidiose specificazioni, una vaga aurea cattolicheggiante che però viene trattata con estrema superficialità, divenendo così solo una suggestiva caratterizzazione senza alcuna profondità e una protagonista particolarmente irritante. Anna (Lulu Antariksa) è rimasta sola al mondo dopo la morte della madre e la scomparsa del fratello, quando si imbatte in un affascinante viaggiatore, Peter (Colin O’Donoghue), che si dichiara membro di un’idillica comunità che abita sulle montagne e che la invita a unirsi a loro. Recalcitrante, la ragazza decide di abbandonare la propria casa e partire con lui, ma il percorso è disseminato d’insidie, i temibili Berserker popolano i boschi della zona e stermino coloro che incontrano e il nuovo compagno di viaggio potrebbe celare un lato oscuro.

Meglio è, partendo da un canovaccio palesemente derivativo, lasciar perdere un’analisi puntuale dei risvolti e dei colpi di scena di What Still Remains, poiché sono tanto ovvi che perfino un bambino potrebbe prevedere l’evoluzione del film (lasciamo al pubblico la gioia di scoprirne la scontatezza). Eppure, anche rimanendo piuttosto vaghi, impossibile è non notare i molti dettagli della sceneggiatura e delle psicologie dei personaggi abbozzati a caso, che lasciano anche gli spettatori meno attenti decisamente perplessi. Anzitutto Anna vive con il fucile in mano, la vediamo uccidere tranquillamente in caso di necessità (e non pare avere particolari rimorsi), ma quando Peter elimina due aggressori che volevano uccidere lui e tenere lei prigioniera, ne sembra sconvolta e interdetta. Un secondo battesimo poi sembra causa sufficiente per abbandonare un rifugio sicuro abitato da gente che, vista in fondo la situazione, non sembra poi così male.

In generale, la ragazza è particolarmente spocchiosa e sgarbata, nonostante sia la nuova arrivata e benché tutti siano gentili con lei, ha costantemente l’atteggiamento della superiore e diffidente. Dalla sua, Peter, predicatore che crede ancora nella bontà dell’umanità e che pare errare rischiando la propria vita per le lande circostanti a salvare i sopravvissuti all’epidemia, ad un certo punto si tramuta completamente e le sue velleità di bravo cristiano svaniscono di colpo col calare delle tenebre (un po’ come con i lupi mannari con la luna piena …). Oscura è invece la filosofia dei Berserker, le loro decisioni e il timing delle “strategie belliche” … Sembrano solo il necessario spauracchio / antagonista che non può mancare in un survival distopico e che, caso vuole, costituisce un escamotage per procedere con il racconto e per ricordarci che il genere umano merita l’estinzione.

La frase leitmotiv pare presa poi dai Baci Perugina: “Se non ci rimana la speranza, qual è il punto di [continuare a] vivere?”. E il resto dei dialoghi non è molto meglio. Il tutto è aggravato dalla scarsità di sangue e di violenza, con l’assalto più interessante lasciato completamente fuori campo, e dalla mancanza di veri infetti. Vediamo infatti solo dei mezzi-infetti, per il cui make-up servono poche elementari accortezze (il budget è ovviamente quel che è). In ultimo, l’azione in generale scarseggia a parte pochi momenti, dove è comunque non particolarmente esaltante.

In conclusione, se potrebbe accontentare un neofita in cerca di un intrattenimento non particolarmente denso di suspense e votato a una lata e contorta romance (a senso unico), What Still Remains difficilmente rappresenterà però una lieta entrata per quelli più avvezzi a questo tipo di cinematografia indiesurvivalista che continua a basarsi su presupposti e sviluppi fin troppo convenzionali.

Di seguito trovate il trailer: