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Voto: 9/10 Titolo originale: Donnie Darko , uscita: 19-01-2001. Budget: $4,500,000. Regista: Richard Kelly.

Riflessione | Donnie Darko di Richard Kelly: un perfetto studio dell’isolamento adolescenziale

08/01/2020 recensione film di Sabrina Crivelli

Oltre a essere un fanta-horror visionario ed ermetico, il film del 2001 è soprattutto un'analisi attenta del difficile vissuto quotidiano dei suoi giovani protagonisti

Jake Gyllenhaal in Donnie Darko (2001) film

Frank il coniglio dell’Apocalisse, i wormhole (cunicoli spazio-temporali), il libro La filosofia del viaggio nel tempo di Roberta Sparrow, gli universi paralleli, una falla letale nella Quarta dimensione e morti predestinate. Molti sono le possibili interpretazioni del complesso e visionario Donnie Darko (le 27 cose da sapere), debutto alla regia Richard Kelly. Se difatti si compie qualche semplice ricerca in rete digitando il titolo del film del 2001, compaiono subito decine di articoli, video, perfino interi siti che cercano di rivelarne l’oscuro significato. Anche noi nel tempo ci siamo più volte soffermati a leggere o guardare una delle tante spiegazioni e teorie interpretative che lo circondano, coinvolgendo loop temporali, realtà alternative e dimensioni oniriche.

donnie darkoAd affascinare ancora così tanto di Donnie Darko dopo quasi 20 anni non sono però solo i sui elementi fantascientifici; altrettanto disturbante e insieme avvincente è l’aspetto umano, introspettivo. In altre parole, se i viaggi nel tempo, le inquietanti visioni e i dilemmi spazio-temporali costituiscono certo una struttura unica e disarmante, a renderlo un vero e proprio cult è anche lo strisciante e cupo esistenzialismo che lo permea. Fondamentale in tal senso è l’intensa interpretazione dell’allora giovanissimo Jake Gyllenhaal, nei panni del ragazzo da cui il film prende il titolo, un adolescente solitario e mentalmente disturbato che vive in una tranquilla cittadina di provincia americana negli anni ’80.

La sua natura schiva e problematica emerge sin dai primi fotogrammi di Donnie Darko; lo vediamo risvegliarsi in mezzo a un prato isolato, completamente solo e in pigiama, a distanza di chilometri da dove abita. Perché ha dormito lì? Quando c’è arrivato? Acuisce il senso di mistero la colonna sonora che lo accompagna mentre ritorna a casa: gli accordi della canzone The Killing Moon di Echo & The Bunnymen, presagio degli eventi sinistri che verranno.

I primi minuti di Donnie Darko ci danno subito un assaggio dello stile narrativo minimale ed efficace di Richard Kelly. Senza bisogno di parole, il regista descrive con pochi tocchi il suo protagonista, un individuo intelligente, solitario e anticonformista, mentre attraversa una cittadina apparentemente idilliaca. Si tratta di Middlesex, un piccolo centro situato tra verdi colline e folte pinete. Altrettanto agiata e tranquilla è la sua famiglia, che perfettamente incarna gli stereotipi della middle-class americana.

Il padre, Eddie (Holmes Osborne), è un repubblicano bonario con un lavoro stabile, che raccoglie d’autunno le foglie secche dal suo praticello ben curato. La madre, Rose (Mary McDonnell), prende il sole su un lettino nel giardino sul retro, leggendo IT di Stephen King, mentre la sorellina minore Samantha (Daveigh Chase) rimbalza felicemente su un trampolino, in attesa di potersi esibire nel suo gruppo scolastico di ballo, le Sparkle Motion. La sorella maggiore, Elizabeth, è invece la tipica adolescente istruita in attesa di entrare al college e in affettuoso attrito con il padre per poter affermare la propria personalità. L’unica anomalia è proprio Donnie. Per aiutarlo, i genitori pagano un costoso psicoterapeuta, la dottoressa Thurman (Katharine Ross), che gli prescrive pillole dai nomi esotici. Eppure, il ragazzo non riesce ad adattarsi alla vita. È ostile alla madre, benché lei cerchi di essere presente e premurosa, e apatico a scuola. Come se non bastasse, sembra soffrire di una acuta forma di sonnambulismo, che lo porta a camminare mentre dorme e a svegliarsi in posti improbabili senza ricordarsi nulla.

Donnie Darko film 2001Tutto però cambia il fatidico 2 ottobre. Donnie Darko è intento in una delle sue involontarie passeggiate notturne, quando il motore a reazione di un aereo di linea precipita d’improvviso, si schianta sulla villetta dove abita con la famiglia e distrugge completamente la stanza da letto in cui avrebbe dovuto trovarsi a dormire. Nel frattempo però lui era inconsapevolmente arrivato, camminando nel sonno, in un campo da golf vicino a casa, scampando così al pericolo mortale. È qui che incontra per la prima volta quello che scopriremo essere Frank (James Duval), un sinistro individuo, proveniente ‘dal futuro’ e mascherato da inquietante coniglio di peluche di Halloween, che gli rivela una funesta profezia, ovvero che il mondo sarebbe finito in 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi.

Tuttavia, il protagonista non è per nulla costernato dall’incontro. Anzi, galvanizzato all’apparenza da quanto accaduto, come se l’apocalisse imminente potesse liberare il lato più oscuro del suo inconscio, intraprende in segreto una campagna di distruzione e caos. Tutto parte con un atto vandalico ai danni della sua scuola, che viene allagata e inondata di feci (ovvero ‘piccoli topi’!). L’identità dell’autore non viene scoperta, ma sappiamo che è lui il colpevole, benché in modo assolutamente inconscio. Segue quindi un pubblico alterco con Jim Cunningham (Patrick Swayze), tipico motivatore / imbonitore televisivo invitato dalla bigotta professoressa Farmer (Beth Grant) per parlare agli studenti del programma di life coaching da lui ideato chiamato Linea della vita, teso a cancellare la ‘prigionia della paura’ in favore di una vita che abbracci ‘l’amore’.

Donnie Darko esprime pubblicamente il suo disprezzo verso la faciloneria (cattiva fede?) dell’oratore, finendo per discutere animatamente con la sua insegnante ed essere espulso. Poco dopo, prende fuoco la lussuosa magione di Jim Cunningham in circostanze poco chiare. Intanto, si avvicina la fatidica data profetizzata da Frank, Donnie si innamora della nuova compagna Gretchen (Jena Malone) e finisce per ossessionarsi a un libro – La filosofia del viaggio nel temposcritto da Roberta Sparrow (Patience Cleveland), un tempo eminente scienziata ora soprannominata ‘Nonna Morte’ dai ragazzi, per il suo aspetto trasandato.

Resta comunque un interrogativo fondamentale: il mondo finirà davvero, oppure – come crede la Dott.ssa Thurman, che ricorre all’ipnosi ‘curativa’ – è solamente frutto della malattia mentale di Donnie, che riemerge forte non appena lui smette di prendere le medicine e gli induce allucinazioni visive e uditive?

Jake Gyllenhaal in Donnie Darko (2001) film kellyDall’inizio alla fine, Donnie Darko procede a cavallo tra incubo e concreto, tra il ricordo patinato di come erano gli anni ’80 e be una più tagliente riflessione sulla realtà. La scuola di Donnie viene introdotta con una delirante panoramica della telecamera, unita a riprese al rallenti sulle note di Head Over Heels dei Tears For Fears. È interessante notare come a Richard Kelly non interessi affatto descrivere le cricche di alunni che siamo abituati a vedere nella maggior parte dei film ambientati delle scuole superiori americane.

Non vediamo ragazzotti atletici e secchioni sfigati divisi nettamente nelle loro rispettive ‘fazioni’. Piuttosto, il regista cattura i suoi personaggi o da soli o in piccoli gruppi di due o tre: sono individui, piuttosto che membri di una cricca. Rappresentata così, l’esistenza adolescenziale rende Donnie Darko un film unico, caustico e commovente (per taluni persino deprimente). C’è un’estrema e cruda onestà nel modo in cui ogni personaggio è delineato, non importa quanto piccolo sia il suo ruolo nel dramma generale. Prendiamo ad esempio Cherita (Jolene Purdy), una tranquilla e schiva studentessa straniera continuamente presa di mira dai violenti bulli per il suo aspetto fisico e il suo modo di parlare, la cui unica replica ai suoi aguzzini sembra essere un lamentoso “Non rompere!”.

Attraverso questi personaggi, il regista mette in scena un dolore privato, il disagio profondo della pubertà – quella strana zona crepuscolare situata tra l’infanzia e l’età adulta, in cui il futuro sembra essere infinito e pieno di incertezza. Donnie è circondato da voci adulte contrastanti – il padre repubblicano, la liberale e provocatoria insegnante di inglese (Drew Barrymore), quella di ballo moralista – e sembrano tutte annullarsi a vicenda piuttosto che offrirgli una chiara tabella di marcia per il futuro. Donnie Darko si scontra quindi con lo stesso dilemma che tutti quanti affrontano nell’adolescenza: capire chi sei esattamente per diventare un adulto. Tuttavia, per lui, tale interrogativo è assai più difficile a causa dei suoi problemi psicologici – una aspetto della personalità del protagonista incarnato magnificamente da Jake Gyllenhaal. Alcune delle scene più toccanti e intime sono proprio quelle tra il ragazzao e il suo psichiatra, oppure con sua madre, Rose.

C’è una tenerezza intrinseca in questi momenti che potrebbe venire improvvisamente offuscata dalla caduta improvvisa di un motore di un Boeing dal cielo e da raggelanti visioni di conigli giganti. A ben vedere, però, la storia di fantascienza che Richard Kelly costruisce intorno al personaggio principale potrebbe essere facilmente letta come un simbolo della travagliata percezione di Donnie Darko del mondo circostante. Frank potrebbe rappresentare così l’area della sua psiche che lo turba e affascina – una parte piccola, ma fastidiosamente persistente, di un ragazzo altrimenti brillante e piacevole.

Donnie Darko (2001) kellyAl di fuori dei suoi episodi psicotici, vediamo difatti Donnie uscire a divertirsi con i suoi amici, avvicinarsi a Gretchen, che sembra incantata dalle sue eccentricità, e intrattenere discussioni filosofiche e proibite con il suo insegnante di scienze, il Dottor Monnitoff (Noah Wyle). Donnie Darko spazia dalla dark comedy pungente (la battuta “Per me sei l’Anticristo” pronunciata dal protagonista verso il il guru / impostore – e pure pedofilo – di Patrick Swayze) al dramma delineato con grande sensibilità, fino alla fantascienza dal sapore apocalittico, con una fluidità del tutto unica e irripetibile, specie per un’opera prima.

Va ricordato che Richard Kelly scrisse la sceneggiatura di Donnie Darko a soli 23 anni. All’epoca ancora portava panini e tazze di caffè alla gente ricca e famosa di una società di produzione di Hollywood. Nel tempo libero, però, aveva iniziato a lavorare al suo script, che sembrava la commistione di un flusso libero di ricordi e di idee surreali; sin dalla prima bozza, erano già presenti comunque gran parte del tono e del carattere del copione definitivo.

È stato proprio questo approccio inedito e onesto alla sceneggiatura che ha reso la versione definitiva di Donnie Darko così coinvolgente. Un’energia giovanile lo pervade, guidandone la trama in ogni suo passaggio, anche quando non si è del tutto sicuri di dove andrà a parare. Il regista non ha paura di raccontare una storia che vada contro i fondamentali teorizzati da Robert McKee; indubbiamente, non vengono rispettate le aspettative connesse ai genere cinematografici. D’altra parte, Richard Kelly ha più volte citato Terry Gilliam e David Lynch come suoi punti di riferimento, e le atmosfere surrealiste tipiche dei due filmmaker emergono in Donnie Darko. Più importante di ogni altro aspetto, il film ha tutti i tratti distintivi e i pregi del lavoro di un autore i cui ricordi della giovinezza sono ancora chiari, vicini. Guardandolo, non si può che ripensare alle emozioni adolescenziali, a ciò che si prova a quell’età. Le risate, le amicizie, ma anche il disagio e la confusione.

Donnie Darko 1Richard Kelly dà una lettura fantastica a ciò che ogni giovane alla fine affronta: l’incombente avvicinarsi della maturità (anagrafica). Se siete fortunati, come Elizabeth Darko, infine ammessa ad Harvard, il futuro è brillante, pieno di speranza. Se la vostra mente è invece tribolata e afflitta, come accade al protagonista, allora il domani non potrà che apparire come una nera tempesta in arrivo. O peggio, come l’Apocalisse stessa.

Come noto, al primo weekend di programmazione negli Stati Uniti, Donnie Darko, costato 6 milioni di dollari, ne raccolse appena 110.494. Sembrò quindi condannato, proprio come il suo protagonista, allo status di bizzarro outsider, che presto sarebbe stato dimenticato. Eppure, con il passare del tempo, è diventato un film di culto, e le richieste pressanti di un numero sempre crescente di fan che non avevano potuto vederlo ha fatto sì che venisse messa sul mercato home video una director’s cut e realizzato nel 2009 persino un blandissimo sequel, S. Darko, diretto da Chris Fisher e incentrato naturalmente su Samantha Darko (sempre incarnata come nel primo film da Daveigh Chase).

La director’s cut aiuta a comprendere molti aspetti che erano stati lasciati da Richard Kelly intenzionalmente oscuri e vaghi, tra cui le regole che dominano l’Universo Primario e di quello Tangente, nonché il ruolo di Donnie e quella del motore dell’aereo nell’intero ciclo di eventi. Questo ci riporta allora al punto di partenza: interpretare ed esplorare gli enigmi che costellano Donnie Darko è di sicuro avvincente di per sé, ma sono i personaggi e il modo in cui la trama li definisce, così insolito e sfuggente, che ci porta ad apprezzarlo sino in fondo ad ogni visione. Considerare Donnie Darko solo come un mero enigma da risolvere significa perdere gran parte della potente umanità propria del lato drammatico. Certo, può essere divertente discuterne e arrovellarsi, ma l’aspetto fanta-horror della vicenda è solo una metafora, avvolta in un’atmosfera retrò ante litteram con musiche nostalgiche, che cela al suo interno un cuore che risuona con sentimenti profondi e radicati nell’esperienza di tutti.

Di seguito il trailer internazionale:

Fonte: DofG