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Voto: 7.5/10 Titolo originale: Prince of Darkness , uscita: 23-10-1987. Budget: $3,000,000. Regista: John Carpenter.

Riflessione | Il Signore del Male, l’Anticristo secondo John Carpenter

24/01/2023 recensione film di Francesco Chello

Nel 1987, il Maestro realizza il secondo capitolo della Trilogia dell’Apocalisse. Un titolo audace, rilevante dal punto di vista narrativo e creativo per il modo in cui gioca sul dualismo scienza/religione, fondendo visioni generalmente e diametralmente opposte. Una rappresentazione cupa e insolita dell’Anticristo avvolta da un clima inquietante, ansiogeno, tensivo e per niente rassicurante

Donald Pleasence e Victor Wong in Il signore del male (1987)

Lo scorso 16 gennaio, il grande John Carpenter ha compiuto 75 anni. La celebrazione con un pezzo a tema ci stava tutta. Siamo in leggero ritardo, direte voi. E invece no, semplicemente volevamo darvi il tempo di ripassare con calma tutti gli articoli dedicati ai film del Maestro presenti nel nostro succoso archivio, come del resto vi aveva prontamente suggerito il nostro efficientissimo super mega social media manager.

La scelta è caduta su uno dei film che ancora non avevamo coperto. E di certo non perché non lo meritasse. Mi riferisco a The Prince of Darkness, da noi arrivato come Il Signore del Male. Che qualcuno definisce un Carpenter ‘minore’. Facendoci poi notare che non averlo ancora coperto potrebbe avvalorare la sua tesi. Quando invece era solo una questione di tempo. Altro che minore, in realtà io lo definirei un Carpenter sottovalutato.

Magari non da voi che per stare qui avete l’anima giusta. Che poi dietro quel sottovalutato non ci sono pretese snob di riscoperta di chissà quale film di nicchia. Chi ama l’horror e/o John Carpenter sa di cosa parlo, conosce Il Signore del Male così come i suoi meriti e la sua collocazione nella carriera del regista. Diciamo che parlavo in generale, di chi genericamente generalizza. Supercazzole a parte, alla fine chissenefrega di mettere in chissà quale ordine un curriculum di pregio come quello del vecchio John. L’importante è che sia lì a nostra disposizione, per intero, e ringraziamo il Signore (del Male) di averlo ricevuto in dono.

signore del male poster 1987Siamo nel 1987, John Carpenter è reduce dal flop di Grosso Guaio a Chinatown dell’anno prima. Che a leggerla così sembra un’assurdità per un cult di quella portata. Flop, dicevamo, che insieme alla frustrazione di lavorare per gli studios, portò il filmmaker alla decisione di tornare a cimentarsi con una produzione indipendente (la Alive Films, con cui realizzerà anche Essi Vivono l’anno dopo), cosa che non avveniva dai tempi di Fuga da New York del 1981.

Realizzare il secondo capitolo della cosiddetta Trilogia dell’Apocalisse, dopo La Cosa del 1982 e prima de Il Seme della Follia del 1994, film notevoli contraddistinti da influenze lovecraftiani. L’intenzione è quella di dare vita ad un horror suggestivo, terribile; in un periodo in cui il regista aveva come l’impressione di una diffusa tendenza a girare film di genere derivativi, voleva provare qualcosa di nuovo che coinvolgesse e sconvolgesse meccanica quantistica e religione.

Per l’occasione, sceglie di infilarsi in un sottogenere come quello a sfondo demoniaco, ma di farlo col suo stile. Con un approccio personale, anche inusuale per il filone. Affrontare il satanismo attraverso una connotazione fantascientifica, unire scienza e religione, laddove la prima diventa la chiave per spiegare e sviscerare la seconda. La scienza che fornisce una spiegazione a ciò che la religione tenta di mistificare e mitizzare, dando un senso a quel male che la chiesa dipinge in chiave mistica.

Un dualismo audace, figuriamoci se poi all’interno di un film a budget modesto. Budget che spinge Carpenter ad essere preciso, quasi chirurgico, in quello che definisce come uno dei suoi film più controllati dal punto di vista visivo, in cui ogni inquadratura è progettata per uno scopo, per comunicare qualcosa. Il Signore del Male è un’idea ambiziosa nel contenuto, ma intelligentemente semplice nella messa in scena che non cerca un plot cervellotico quanto piuttosto un’inquietudine perpetua che viene sviluppata e diffusa partendo da un presupposto affascinante.

La genesi è attribuibile ad un incubo di Debra Hill, che aveva sognato una figura oscura uscire da una chiesa terrorizzandola, idea da cui parte Carpenter nel tentativo di ricreare quella stessa paura; la scrittura è quindi tutta del buon John, che si diverte a firmare la sceneggiatura come Martin Quatermass come quel Bernard Quatermass personaggio protagonista di The Quatermass Experiment del 1953 (e di diverse incarnazioni cinematografiche e televisive successive), con le note stampa originali che definivano lo screenwriter come il fratello del Professor Bernard capo del programma missilistico britannico.

Insomma, un chiaro omaggio a quel fantahorror a lui caro, non l’unico considerando altri esempi come il personaggio di Frank Wyndham il cui nome unisce quelli degli autori Frank Herbert (Dune) e John Wyndham (che, tra le altre cose, ha scritto I Figli dell’Invasione da cui verrà tratto Il Villaggio dei Dannati, di cui John Carpenter realizzerà una nuova versione nel 1995), o quello di Susan Cabot (come l’attrice protagonista di The Wasp Woman del 1959).

Così come la battuta (a sessi invertiti) sulla cattiva opinione degli uomini prelevata da Acque del Sud del 1944. Dalla copertina dell’album del 1972 dei Blue Öyster Cult viene ripreso il simbolo di Kronos (Saturno), molto simile all’antico simbolo greco del caos, per riproporlo come segno cutaneo sul braccio di Kelly. Sottile la citazione a 2001 Odissea nello Spazio attraverso l’allineamento della luna simile a quello della scena del monolite, più esplicito lo spezzone di un episodio di Tom & Jerry in cui Tom si ritrova all’inferno.

signore del male carpenterUna sorta di teologia futuristica, quella al centro de Il Signore del Male. Strani sogni condivisi (girati in video e filmati attraverso uno schermo televisivo) che in realtà sono messaggi inviati da un futuro che il presente deve ancora scrivere. Audio dei sogni di Brian che sarà rielaborato da Marilyn Manson nella sua Down in the Park. Rielaborare un tema classico come quello del bene e del male in chiave sci-fi, tramutandoli in materia e anti-materia.

Un contenitore cilindrico seppellito dall’alba dei tempi in Medio Oriente (e finito negli States, custodito da una setta di sacerdoti che vegliavano sul suo sigillo), capace di imprigionare una incredibile forza occulta – Satana rinchiuso da Dio, suo padre – che cerca di liberarsi attraverso la psicocinesi. Un’intelligenza superiore che genera energia della mente che spinge per liberarsi, per uscire, per creare mutamenti all’esterno.

Un gioco di contrasti, come ritrovare equazioni differenziali in un libro in latino di 2000 anni, un’entità che parla attraverso i computer (d’impatto il semplice ripetersi di un ‘I live!’ sullo schermo) e farnetica su spirito santo e Dio Plutonio – come l’elemento radioattivo che prende il suo nome dal dio romano Plutone (equivalente del greco Ade) che governa gli inferi e la terra dei morti.

Parlare di Gesù come di un extraterrestre venuto per combattere l’anti-Dio, ucciso perché divenuto potente grazie al seguito dei suoi discepoli umani che terranno nascosto il cilindro in attesa di una scienza sufficientemente sofisticata e avanzata per dimostrare e sconfiggere ciò che Cristo diceva. La notizia al telegiornale dell’arrivo di una supernova dell’era precambriana che rappresenta un riferimento al ritorno di Satana dopo settemila anni.

Dipingendo (in maniera, volendo, condivisibile) il Vaticano, la Chiesa e i preti come dei venditori che alimentano un inganno, quello del Male come forza di uno spirito celato nell’oscurità dell’uomo, in modo da rendere l’uomo stesso un finto epicentro su cui costruire una menzogna che possa controllare le masse. Per arrivare alla forza di un finale sospeso che vuole ricordarci come sia impossibile sfuggire al destino, creando un paradosso temporale in cui il futuro che si tenta di cambiare è in realtà il frutto del tentativo di sfuggirgli.

Susan Blanchard in Il signore del male (1987)Il Signore del Male poggia quindi su un suggestivo nucleo narrativo, su cui John Carpenter costruisce uno dei suoi film più inquietanti. Si respira una tensione quasi opprimente, anche nella prima parte di pura costruzione quando il male non si è ancora manifestato eppure è percepibile nell’aria. Gli ambienti diventano climaticamente freddi, come se qualcosa si fosse mosso nella stanza.

Merito anche di uno score musicale assillante contraddistinto da linee di basso e sintetizzatori, realizzato dallo stesso John Carpenter (come di consueto, aggiungerei) insieme ad Alan Howarth in quattro o cinque settimane di lavoro, utilizzando un registratore a 24 tracce per sovrapporre i suoni, con ogni emozione che viene enfatizzata da un effetto sonoro.

La chiesa abbandonata si rivela location azzeccata ed ospita buona parte del film, mentre qualche scena viene girata alla University of Southern California dove Carpenter aveva studiato cinema. Elementi su cui il regista sviluppa un lungo clima di assedio, prima all’esterno della chiesa con gruppi di persone che sembrano svuotate dell’anima, a circondare l’edificio ed impedire (con sanguinosa violenza) agli occupanti di lasciarlo.

Per poi passare prevalentemente all’interno, quando il pericolo viene da volti amici e non sai più di chi fidarti – un po’ come l’espediente de La Cosa, con la differenza che qui lo spettatore sa di chi si tratta, giocando quindi su un piano diverso rispetto a quello dei protagonisti. Quello dell’assedio non è l’unico fattore che John Carpenter sembra mutuare dal filone zombesco, vedi il tipo di possessione che in virtù di un’ottica scientifica assume le caratteristiche di un vero e proprio contagio virale trasmissibile per via orale.

Momenti di repulsione che sono solo il preludio alla trasformazione satanica di Kelly (Susan Blanchard) che sfocia nel body horror con un make-up decadentemente rivoltante. Comparto disgusto che può avvalersi di un utilizzo mirato di insetti in momenti visivamente significativi, dalle formiche a lumache, vermi e scarafaggi, mentre il campionario di violenza può vantare anche un bodycount da undici vittime che include un collo spezzato, un accoltellamento plurimo con forbici da giardino, un corpo che collassa in pezzi (con Robert Grasmere che conserverà la testa del suo Frank per ricordo), una gola tagliata.

signore del male film aliceEd un tizio infilzato dalla canna di una bicicletta spezzata, omicidio che ha il privilegio di essere compiuto da un Alice Cooper (con la sua Prince of the Darkness che si sente dalle cuffie della vittima) che riprende un trucco utilizzato nei suoi spettacoli (la bici era un suo oggetto di scena personale); la sua è una partecipazione (in perfetta versione vagabondo schizzato) nata quasi per caso dopo una visita al set (il suo manager era uno dei produttori del film) per assistere agli special effects con John Carpenter che decise di offrirgli un ruolo suggerendogli di recitare senza emozioni, come fosse cerebralmente morto.

Effetti speciali tra i quali rientra quello al mercurio utilizzato per ricreare l’effettistica di quegli specchi che ricoprono un ruolo chiave nella storia, con i personaggi che cercano un contatto con la mano sinistra (come quella di Satana). Girato in pellicola 35 mm, il quadro tecnico viene completato dalla fotografia di Gary B. Kibbe, alla prima di sette volte con John Carpenter (otto se contiamo anche Blood River – La Vendetta Corre sul Fiume, western televisivo del 1991 di cui John Carpenter firma solo la sceneggiatura), in pratica tutti i film successivi ad eccezione di Avventure di un Uomo Invisibile del 1992 e The Ward del 2010.

Il cast de Il Signore del Male può fregiarsi di due nomi come Donald Pleasence e Victor Wong, classici co-protagonisti preziosi, che rappresentano rispettivamente religione e scienza, due facce opposte della stessa medaglia, confronteranno le proprie visioni per venirne a capo. Ruoli scritti appositamente per loro da quel John Carpenter con cui avevano già lavorato, al pari di Dennis Dun, le cui battute fanno da intermezzo leggero.

Quello che forse manca è un vero protagonista di carisma, non me ne voglia Jameson Parker – noto soprattutto per Simon & Simon, da cui cerca di differenziarsi con un paio di baffoni – che suggerisce il gioco delle carte, si sacrifica nonostante un infortunio alla gamba subìto sul set della serie tv, fa il suo compito ma non ruba la scena, complice anche un personaggio non troppo stratificato o particolarmente energico.

Il signore del male (1987)Lisa Blount ha la fragilità necessaria al ruolo di una donna disillusa, che sul filo di lana troverà il suo nobile scopo nella vita; per il resto si opta per attori che agiscono come adeguato contorno, tipo Peter Jason (alla prima di sei collaborazioni col regista) che si fa male a una spalla quando tenta di sfondare una porta, improvvisa la trovata della tromba con la bocca, suggerisce (su consiglio di David Warner) l’idea di tornare dalla morte e provare un grande dolore, e che in una scena vediamo confuso e imbarazzato, reazioni reali e spontanee dovute all’uscita dal set imprevista e senza preavviso di Victor Wong.

Il Signore del Male segna il ritorno all’horror di John Carpenter dopo Starman del 1984 (la recensione) e Grosso Guaio a Chinatown del 1986. Negli States esordisce ad ottobre del 1987, mentre in Italia ci arriva a marzo del 1988. Girato in trenta giorni con un budget da 3 milioni di dollari, ne incasserà circa 14 in tutto il mondo. Lo stesso John Carpenter dirà che il film è morto rapidamente in sala, per poi ‘risorgere’ in home video come altri suoi film.

Un titolo audace, rilevante dal punto di vista narrativo e creativo, per il modo in cui gioca sul dualismo scienza/religione, fonde visioni generalmente e diametralmente opposte. Una rappresentazione cupa e insolita dell’Anticristo, avvolta da un clima inquietante, ansiogeno, tensivo e per niente rassicurante. E che fornisce una conferma, quella del talento di un Maestro come John Carpenter che andrebbe custodito in un contenitore cilindrico in attesa di una scienza che sia in grado di clonarlo.

Di seguito la scena finale di Il Signore del Male: