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Voto: 8/10 Titolo originale: The Thing , uscita: 25-06-1982. Budget: $15,000,000. Regista: John Carpenter.

Recensione Story | La Cosa di John Carpenter

31/05/2019 recensione film di William Maga

Nel 1982, il regista rielabora gli stilemi della sci-fi degli anni Cinquanta, infondendoli di pessimismo e sospetto

Kurt Russell, Richard Masur e Donald Moffat in La Cosa (1982)

«È l’uomo il posto più caldo in cui nascondersi», spiega la didascalia che introduce La Cosa (The Thing) di John Carpenter. Siamo subito avvisati, dunque: lassù, tra i ghiacci dell’Antartide, in quell’asettica, pura, incontaminata bianca distesa sta per succedere qualcosa di tremendo che ha a che fare con le nostre viscere e le nostre forme.

La prima mezz’ora del film del 1982 è da manuale: un cane lupo che corre a perdifiato sulla neve, un norvegese impazzito che spara alla bestia da un elicottero, la reazione dell’equipe americana, i primi, inquietanti, segnali del contagio. Poi, la rivelazione: risvegliata dalla curiosità degli uomini, quella «cosa» caduta sulla Terra centomila anni fa e sepolta nel ghiaccio si sta prendendo la propria rivincita. Penetra nei corpi, li squarcia atrocemente dopo averne stravolto il tessuto cellulare, e alla fine li restituisce «umani» ma non troppo: perché dentro, adesso, c’è Lei.

la cosaA trent’anni di distanza da La cosa da un altro mondo (la nostra recensione), il film che Christian Nyby e Howard Hawks trassero liberamente dal romanzo di John Campbell Jr. Who Goes There? del 1938, John Carpenter – all’epoca 34enne e reduce da 1997: Fuga da New York – si cimenta con la stessa materia narrativa (il progetto in precedenza era stato affidato a Tobe Hooper). E, forte di un budget di 11 milioni di dollari, fa le cose in grande: riprese in esterni nella Columbia britannica, trucchi ed effetti speciali mirabolanti (curati da Rob Bottin), studios hollywoodiani occupati per mesi. Ma è difficile parlare di remake vero e proprio, soprattutto perché ora il mostro vagamente alla Frankenstein (era ‘interpretato’ da James Arness) del primo film qui lascia spazio a una creatura mille volte più subdola e terrificante: il nostro vicino.

Insomma, se negli anni Cinquanta quel piccolo legume capace di autoriprodursi poteva apparire come l’incarnazione della paranoia anti-comunista, come allegoria del «pericolo rosso», ora John Carpenter preferisce eliminare ogni lettura politica della vicenda, per fame una storia di puro terrore. D’accordo, l’idea / forza del suo film (l’altro, in La Cosa, è il massimo della normalità: se stessi) si presta a parecchie divagazioni psicanalitiche; ma più  l’avventura si srotola sui binari del fanta-horror, più noi capiamo che il regista ha escluso volutamente ogni riferimento colto alla perdita dell’identità, alla natura filosofica del Male, o magari agli incubi degli anni Ottanta.

Semmai, c’è da notare come abbia saputo fondere curiosamente scenografie, situazioni e dialoghi tipici del film di fantascienza degli anni Cinquanta con gli allora modernissimi ritrovati del make-up prostetico e con quell’atmosfera quasi «crepuscolare», da tecnologia già corrosa, del vari Dark Star (la nostra recensione), Alien (il dossier) e Atmosfera Zero.

carpenter la cosa 1982Fateci caso: nelle baracche, si passano stancamente le giornate giocando a biliardo o ai videogame, rivedendo fino alla nausea vecchie videocassette e ascoltando il rock di Stevie Wonder. Soltanto MacReady (Kurt Russell), una bottiglia di «J & B» in tasca, un incredibile sombrero sopra il passamontagna, un fucile per amico, aspetta qualcosa: chissà, forse proprio quella «Cosa»…

Inutile dire che, al compiersi della prima allucinante mutazione (un tripudio di gelatine, di filamenti colorati, di zampe di ragno, di budella schiumose, di membra accartocciate, di visi deformati alla Francis Bacon), il terrore si impadronisce di quella disperata dozzina di uomini, fino a metterli l’uno contro l’altro. E a quel punto, l’orrore fisico della «cosa» sarà niente in confronto all’orrore del sospetto. «Io so di essere ancora umano», grida MacReady agli amici che vogliono bruciarlo; ma anche lui, per un attimo, avrà paura di essersi trasformato nel suo doppio «cattivo».

Film essenziale, scarno, tutto giocato su inquadrature geometriche e su un ritmo che annulla la suspense, La Cosa funziona molto sul piano dello spettacolo e poco su quello delle psicologie: il che, conoscendo John Carpenter, non è un difetto. È la Grande Minaccia che conta, una minaccia ancora una volta notturna, gelida, informe, indecifrabile. Un occhio all’ossessione nevrotica di H.P. Lovecraft, un altro al cinema fantastico di Roger Corman, di Val Guest, di McLeod Wilcox, La Cosa può essere vista, insomma, come la risposta pessimista agli «incontri ravvicinati» e all’amabile «extraterrestre» di Steven Spielberg. Nessun contatto con lo spazio è possibile, sembra dirci il regista. Anzi, d’ora in poi sarà bene non fidarsi nemmeno dell’amico più caro.

Se volete delucidazioni su come riconoscere sempre l’alieno, a rivelarcelo è il direttore della fotografia Dean Cundey.

Di seguito trovate la scena della defibrillatore di La Cosa: