Voto: 6/10 Titolo originale: Bina , uscita: 16-10-2020. Regista: Orçun Behram.
The Antenna | La recensione del film horror turco di Orçun Behram
06/11/2020 recensione film The Antenna di Marco Tedesco
Il regista esordisce con un'opera molto ambiziosa e dallo stile lynchiano, che però si dilunga in dettagli non necessari e finisce per depotenziare la pregnante metafora su cui è costruito
C’è molto da rispettare in The Antenna (Bina). Lo sceneggiatore e regista esordiente Orçun Behram non è infatti privo di uno stile visivo inusuale ed è chiaro che possieda una passione volta a ritrarre artisticamente la lenta ma inesorabile caduta nell’autoritarismo del suo paese natale, la Turchia. Ci sono momenti di lodevole narrazione d’avanguardia avvolti da un sound design assillante in cui è in grado di spingersi attraverso il velo dell’oscurità e regalarci alcune immagini davvero inquietanti. Purtroppo, lo sfortunato rovescio della medaglia è che nei suoi 115 minuti complessivi, il film possiede solamente dei fugaci momenti di ispirazione estetica, che in mezzo a un ritmo estenuante e all’incapacità di rendere coesi il racconto, si perdono come gocce di pioggia in una pozzanghera.
Mehmet (Ihsan Onal) è il sovrintendente di un rigido condominio popolato da residenti coi loro variopinti problemi emotivi, relazionali e finanziari. In previsione del nuovo Midnight Bulletin, una trasmissione televisiva propagandistica del governo, il capo di Mehmet, Cihan (Levent Ünsal), ha fatto issare una speciale parabola satellitare in cima all’edificio, in modo che tutti i possano riceverla al meglio nei loro appartamenti. L’uomo addetto all’installazione della parabola scivola e cade, morendo. Tuttavia, Mehmet scopre che una misteriosa sostanza melmosa nera gocciola dall’antenna, che inizia a scivolare lungo i muri e nella fornitura d’acqua dell’edificio, influenzando ben presto la vita degli abitanti e alterando irrevocabilmente il loro ambiente e le loro vite.
La ‘promessa’ insita nella premessa di The Antenna dovrebbe essere evidente: mostrare gli effetti fisicamente personificati della propaganda di Stato che iniziano a devastare il microcosmo della società turca. L’inevitabile presenza della ‘morte nera’ strisciante, sia letterale che metaforica, è concettualmente angosciante e molto spesso dimostra come le persone cadano vittime delle loro circostanze più che di qualsiasi colpa propria quando si ritrovano in circostanze così pericolose. Apparentemente, sarebbe facile l’accostamento con certe opere di David Cronenberg, invece c’è una qualità molto lynchiana nello stile visivo di Orçun Behram, poiché trascorre pochissimo tempo a spiegare i particolari del suo simbolismo, ma consente ai temi del controllo e della conformazione al sistema di vegliare sullo spettatore.
Il problema è che, a differenza dei lavori di David Lynch, non abbiamo una dimensione sufficiente per le metafore di The Antenna affinché possano essere analizzate in modo soddisfacente. I dettagli possono essere ‘offuscati’, ma ci sono tantissimi modi per accennare sottilmente all’idea che il totalitarismo è il Male senza sembrare di star semplicemente danzando intorno alla questione. Per far riferimento a un altro autore altamente stilizzato, The Antenna ricorda un film di Terry Gilliam, con la tecnologia mescolata ‘a casaccio’ all’interno della banalità della vita quotidiana con effetti orribili, ma tutto l’umorismo e l’assurdità ammiccante tipica dell’ex Monty Python sono qui stati risucchiati, per essere rimpiazzati da una ‘perdita di segnale’. Ciò che resta è così un collage di ottuso simbolismo autoritario e tecnologico, presentato come un viaggio attraverso Silent Hill senza alcun pathos riflessivo.
Il problema di The Antenna risiede principalmente nella scrittura, che premia il suo messaggio più dei suoi protagonisti o della sua storia. Mehmet e Cihan sono probabilmente gli unici personaggi che si può apprezzabilmente asserire abbiano degli archi personali completi, ma viene spesa un’enorme quantità di tempo per conoscere le tragiche vite degli altri inquilini, la maggior parte dei quali può essere ridotta a un unico simbolico tratto distintivo.
Questa scelta fa ‘gonfiare’ la durata a dismisura e la ricompensa per il pubblico è vedere quei personaggi unidimensionali venir ‘spenti’ senza tante cerimonie, come impone l’oleoso dispositivo della trama. Persino Mehmet, che ha più libertà d’azione di chiunque altro, è per lo più soltanto un ‘passeggero’ della surreale disintegrazione della sua realtà, prendendo l’iniziativa solo per dare a The Antenna la mera parvenza di un finale.
The Antenna è, più di ogni altra cosa, una delusione. È un ‘body horror sociale’ molto ambizioso, che si rivela troppo poco sviluppato per la complessità che farebbe presagire. Sebbene occasionalmente non manchi di fornire un’adeguata metafora grafica di un’orribile tragedia del mondo reale, il suo messaggio è troppo ampio e semplice per diventare così timido nella sua presentazione cinematografica. A volte, la mente di un artista non riesce a trasmettere al grande schermo la totalità del suo intento e così solo un segnale statico può colmare le lacune.
Di seguito il trailer internazionale di The Antenna:
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