Voto: 2/10 Titolo originale: The Crow , uscita: 21-08-2024. Budget: $50,000,000. Regista: Rupert Sanders.
The Crow – Il Corvo (2024): la recensione del film diretto da Rupert Sanders
26/08/2024 recensione film The Crow - Il corvo di Raffaele Picchio
Un reboot / remake che ha la capacità di andare ben oltre le più nere aspettative, travalicando il concetto stesso di 'film sbagliato' in un monumento totale di incapacità e mancanza di comprensione di cosa si abbia tra le mani. Non solo la palma di 'peggiore film dell’anno', ma anche il non facile compito di essere di gran lunga il più brutto capitolo della saga
The Crow – Il Corvo di Rupert Sanders (Ghost in the shell) si apre sull’immagine di un cavallo bianco sanguinante e morente incastrato nel filo spinato. E per chiunque abbia vissuto – e amato – visceralmente l’opera originale di James O’Barr, davanti ad una scena del genere è impossibile non provare, anche per un istante, un brivido da pelle d’oca.
Perché era proprio con questa onirica, straziante e simbolica immagine che iniziava l’oscuro capolavoro a fumetti, un’immagine tostissima che era solo apertura e assaggio al tragico viaggio nei tormenti mentali dell’anima vendicativa di Eric Draven. Una cosa che neanche il mitologico adattamento cinematografico di Alex Proyas aveva osato fare, scegliendo invece di smussare gran parte di quel sanguinario orrore trovando un compromesso accettabile tra l’anima da vendicatore reazionario e implacabile a quella di una messa in scena cupa, inedita e giustamente oggi entrata nell’immaginario cinematografico comune.
Ma torniamo all’immagine iniziale del Corvo di Sanders: ecco, in questo singolo istante e per questi pochissimi secondi, sembra poter finalmente illuderci di assistere ad un miracolo. E sarebbe davvero bellissimo fermarci qui e poter decantare le lodi di un’opera coraggiosa capace di aggiornare ad oggi, con rispetto e intelligenza, l’opera originaria, rispedendo al mittente tutte le dicerie, le pernacchie e i dubbi che hanno accompagnato produttivamente da quasi quindici anni questo progetto infausto e tutti i poveracci che si sono susseguiti in staffetta cercando di tirarci fuori qualcosa.
Invece, The Crow – Il Corvo di Rupert Sanders riesce sì a sorprendere, ma andando ben oltre le più nere aspettative che potevano esserci dietro questo progetto. Perché siamo davvero davanti ad un’ecatombe totale, che lascia sbigottiti per il coraggio con cui è stata presentata a un pubblico pagante senza passare come un’offesa diretta. Un vero mistero come possa esser stat pensata così.
Per capire però il perché con The Crow – Il Corvo si va ben oltre quello che è semplicemente un “brutto film” bisogna cercare di comprendere le cose per bene fin dall’inizio.
Il Corvo è di suo un’opera particolare, profondamente intrisa di dolore e sofferenza che si era fatta “spugna” di tutta una cultura popolare intrisa di decadentismo e oscurità (il fumetto inizialmente portava una non casuale dedica all’Ian Curtis dei Joy Division) capace di mixare Robert Smith e Baudelaire, il reazionario e concreto moralismo dei giustizieri notturni con il più utopico ed idealizzato romanticismo possibile.
Un’opera che James O’Barr scrisse per esorcizzare il dolore e la rabbia di un suo lutto inconciliabile, poco accomodante e interessata ad affascinare persone, tanto che in un certo senso il passaggio da “successo underground” a vero e proprio fenomeno di costume avviene indubbiamente proprio con l’abile adattamento cinematografico di Alex Proyas, che un po’ per la sua intelligente capacità di sapersi rendere fruibile “a tutti” e un po’ per il funereo mito della tragica morte di Brandon Lee durante le riprese, ha contribuito in un certo senso a “cristallizzare” in un immaginario visivo universale cinematografico quest’opera, diventando una sorta di Dolmen reverenziale intoccabile a cui impossibile dare una replica o un seguito.
Tanto che l’inevitabile sequel diretto dal povero Tim Pope già nel 1996 che alzava la posta in gioco della mitologia tentando di tracciare linee diverse ed inedite venne immediatamente massacrato dalla produzione e trasformato in una sorta di remake abbozzato del primo, attirandosi (diciamo in modo decisamente esagerato e più di pancia che di altro) una serie di insulti e ostracismi che hanno immediatamente traghettato la saga verso i territori dell’home video e della serialità TV, con prodotti via via produttivamente sempre più poveri e incapaci di essere all’altezza delle buone idee di varianti che proponevano alla saga riuscendo sempre con più difficoltà a mascherare la loro esistenza più per mere questioni contrattuali e di scadenze di diritti che di una effettiva necessità produttiva e artistica.
La cosa curiosa di tutto questo è che se sotto il profilo cinematografico le cose come abbiamo visto si sono stagnate per tutti i motivi che si sono detti, per quanto riguarda la sua vita attraverso fumetti e romanzi Il Corvo invece ha sempre continuato a volare piuttosto alto, riuscendo a dare vita a tantissime varianti (quasi sempre molto interessanti) e facendo fede alla mitologia base del “il corvo che accompagna le anime nella terra dei morti e che le riporta indietro a volte per sanare le ingiustizie” e contestualizzandola ogni volta con elementi diversi (il passato remoto, l’omosessualità, il futuro, la famiglia, etc), offrendo così tantissimi elementi, idee e variabili che il cinema avrebbe potuto sfruttare ampiamente se solo non si fosse fissato a voler riproporre non un film, ma un “mito”, assolutamente irripetibile.
Ed eccoci allora di nuovo al 2024, e con questo bagaglio di premesse ad ormai trent’anni dal prototipo per poter rimettere in piedi questo progetto ce ne stavano davvero a bizzeffe. Ma l’uomo non impara mai dai propri sbagli, ed ecco allora che invece di pescare tra le tantissime varianti che la storia originale agevolava, questo The Crow – Il Corvo va a ripizzicare anagraficamente proprio Eric Draven e Shelly Webster e ne reinventa completamente il proprio destino.
Dimenticatevi le atmosfere dark, il maledettismo, le soggettive del corvo e i suoi voli sulla città e state pure attenti a non dimenticarvi proprio di stare a guardare un titolo riconducibile alla saga del Corvo, perché per quasi 50 minuti di film su poco meno di due ore non accadrà nulla di quello che ci si aspetta da un film del genere.
Si racconta di come Shelly (l’improponibile cantante-ora-anche-attrice inglese FKA Twigs, di una cagneria rara) entri in possesso di un misterioso video ‘scomodo’ riguardante il riccone Vincent Roeg / Danny Huston (che non sapremo mai lungo il film chi sia, forse il Diavolo? Boh …), che inizia a sguinzagliare in giro per la città i suoi sicari per ucciderla e recuperarlo.
La ragazza però si salva, in quanto arrestata per possesso di droga, e spedita di volata in una sorta di comunità che viene raccontata come fosse la versione infernale di San Patrignano, ma che a vederla nient’altro è che un lussuoso resort dove tutti i tossici mischiati uomini / donne a celle libere con indosso tutine rosa disegnano e interagiscono tra loro nella quiete più assoluta.
In quel luogo incontra Eric Draven (Bill Skarsgård al suo minimo storico, roba da disintegrare un curriculum), un timido scemone con cui però scatta immediata l’intesa pazzerella, tanto che quando in questo centro di recupero un giorno si presenta la madre di Shelly accompagnata da alcuni scagnozzi del misterioso Roeg, i due decideranno di scappare insieme (senza che nessuno se ne accorga o allerti mai la polizia), intraprendendo un viaggio fatto di scopate dietro a bianchi veli, falò all’aperto e natura selvaggia, giurandosi quanto perdutamente si amino.
Tutto questo copre all’incirca un terzo di The Crow – Il Corvo. Poi, de botto, accade quello che normalmente era stato finora l’opening di ogni capitolo sul Corvo, ovvero i sicari di Roeg che raggiungono i due insopportabili piccioncini e li ammazzano malamente.
Ed è solo in questo momento che finalmente il film inizia. Ma la cosa più incredibile è che si arriva quasi a rimpiangere il nulla cosmico visto fin qui. Erica Draven si risveglia in una stazione dei treni abbandonata / Limbo dove un barbone di colore (Sami Bouajila) che pare uscito dal Ghost con Demi Moore gli / ci scarica addosso un bel pippone sul destino che lo aspetta, buttandogli lì al volo la storiella del corvo e lo rispedisce veloce nell’Aldiquà, dove il demente Eric inizierà la ricerca dei fantomatici responsabili e del contenuto del misterioso video di Shelly.
Strada facendo, il protagonista scoprirà di provare dolore ma di guarire anche immediatamente dalle ferite, e grazie agli insegnamenti del barbone-spirito guida nella stazione dei treni / Limbo si trasformerà finalmente nel vendicatore che tutti stavamo aspettando traghettando The Crow – Il Corvo nel suo terzo atto e verso la sua scellerata e veramente destabilizzante parte finale, in cui si faticherà seriamente a credere alla scelta intrapresa dagli autori e successivamente approvata dallo studio.
Oltre ad essere totalmente privo di ritmo, senso del racconto e tensione, ad andare ulteriormente contro al remake / reboot di Rupert Sanders sono stati evidentissimi e scriteriati tagli di montaggio, che rendono spesso assolutamente incomprensibili dinamiche, eventi e personaggi ,tanto che è sconvolgente vedere un film in cui non si capisca mai chi sia e cosa voglia il villain e dove tutto ciò che ruota intorno a lui – e che sembrerebbe servire chiaramente per comprendere il senso di tutto – scompaia improvvisamente senza lasciar traccia (esemplare in questo senso la figura della ragazza-pianista e del legame di Roeg con il pianoforte).
Tra l’altro, Rupert Sanders si dimostra completamente incapace di creare un qualche tipo di atmosfera e quando all’improvviso The Crow – Il Corvo decide di concentrare tutto il discorso revenge in un’unica lunghissima sequenza inspiegabilmente e inutilmente super gore (elemento concentrato esclusivamente solo in questo singolo momento) tra katane, pistole e teste mozzate, veramente non si capisce più cosa si stia guardando o se sia partito un rullo di un altro film.
Il senso stesso del corvo (inteso come volatile) e la sua figura scompaiono e perdono di significato (non indica nulla, non è più il suo punto debole e fondamentalmente non serve a un cazzo, tanto che sembra più un jack russell che gli scodinzola intorno che un messaggero di morte, in favore della figura del barbone / guida che sarà protagonista tra l’altro anche di uno dei più pietosi twist possibili e immaginabili, roba che veramente è impossibile credere che sia stata pensata nel 2024.
Insomma, qui non si parla di essere ‘vecchi’ o di non accettare nuove versioni o incarnazioni di un personaggio, qui si sta semplicemente davanti a qualcosa incapace di soddisfare ogni più piccola e lontana aspettativa, totalmente inetto anche nel raccontare una storia attraverso gli occhi delle generazioni attuali e di altre culture musicali (club, trap, rave, etc).
Tanto che in questa versione del Corvo perde di significato anche tutto il discorso della colonna sonora (sempre particolarmente curato anche quando il budget ha iniziato a scendere drasticamente nei vari sequel), al punto che si piazzano a caso brani che puntano a strizzare inutili occhiolini ipocriti ai Joy Divison e una scena “atmosferica” con la Boadicea di Enya (complimenti per l’originalità).
The Crow – Il Corvo si colloca ad un livello che va ben oltre il povero (poverissimo) e bistrattato Il corvo – Preghiera maledetta del 2005: qui si sta con 50 milioni di dollari di budget e un star lanciatissima, e il risultato finale è davvero ben al di sotto anche di quel film e anche al di sotto di tantissima monnezza anonima da straight-to-dvd.
Se si pensa che sono circa quindici anni che produttivamente è in ballo questo progetto di “reboot” di Il Corvo e che alla fine di tutto il risultato è sta roba uscita ora nelle sale a firma Rupert Sanders, non si sa se sia più forte lo sgomento o la desolazione.
Perché – per carità – si può anche sbagliare un film e addirittura, come probabilmente questo caso, ci sono film che già prima di nascere partono “sbagliati”. Fa parte del gioco e del meccanismo e tutto fa brodo.
Ma quando poi approvi e pensi che questo risultato sia qualcosa che possa piacere o anche solo che possa funzionare al cinema, allora non hai più alcuna giustificazione e significa solo ed esclusivamente che pensi all’intero pubblico come ad una massa di imbecilli mangiamerda che tanto si fanno andare giù tutto quello che passa il trend hollywoodiano del momento.
Non vi divertirete a vedere questo The Crow – Il Corvo. Non troverete nulla che possa anche lontanamente piacervi. E si sappia che non riesce neanche a giocarsi la carta del ‘cappottone’ con dell’esilarante trash. Rimane solo un’atroce agonia che si spera (e con noi probabilmente anche tutti i nomi coinvolti) finisca il più presto possibile nel dimenticatoio e non resta che augurare alla creatura magnifica e intaccabile nata dalla penna di James O’Barr di essere un giorno vittima della sua stessa mitologia e quindi che “un corvo possa portare indietro l’anima di chi ha subito ingiustizia per poter correggere i torti subiti”.
Di seguito – sulle note di Take what you want di Post Malone e Ozzy Osbourne – trovate il trailer italiano di The Crow – Il Corvo, nei nostri cinema dal 28 agosto:
© Riproduzione riservata