Voto: 6/10 Titolo originale: The Nightingale , uscita: 23-09-2018. Regista: Jennifer Kent.
The Nightingale: la recensione del film di Jennifer Kent (Venezia 75)
11/09/2018 recensione film The Nightingale di Alessandro Gamma
La regista australiana torna sulle scene con una meditazione imperfetta sull'odio e la diversità travestita da rape & revenge ottocentesco, rivisitando la brutalità del periodo coloniale e carpendone l'attualità
Dopo l’annuncio che sarebbe stato presentato alla 75a Mostra del Cinema di Venezia, si è immediatamente creata una certa curiosità intorno a The Nightingale, non tanto perchè si è poi scoperto che sarebbe stata l’unica opera in concorso diretta da una donna (l’australiana Jennifer Kent, balzata agli onori del fandom horror nel 2014 per Babadook), quanto piuttosto perchè, come quasi sempre accade con le anteprime festivaliere, non erano circolati né un trailer né tanto meno una trama precisa dalla quale si potesse ricavare facilmente il genere di appartenenza del film. Ebbene, a conti fatti si può ascrivere al filone del rape & revenge in costume dal forte sottotesto politico.
La 21enne condannata irlandese Clare (Aisling Franciosi) ha scontato la sua condanna a sette anni nella remota e selvaggia Tasmania del 1825 sotto lo sguardo lascivo del brutale tenente Hawkins (Sam Claflin) e dei suoi soldati britannici. Con la sua bella voce la ragazza ha dovuto intrattenere gli uomini ubriachi per molti notti durante i loro bagordi, guadagnandosi il soprannome di “Usignolo”. Hawkins non è tuttavia interessato a liberare Clare – che tra l’altro è da poco madre di un neonato – e continua ad abusare di lei e a vessare suo marito Aidan (Michael Sheasby).
Dopo un confronto che sfocia in una escalation di aberrazioni contro i due prigionieri da parte di Hawkins e di due dei suoi subordinati (tra cui il gretto Sgt. Ruse di Damon Herriman), questi ultimi lasciano in fretta il villaggio e si dirigono a nord, convinti che là otterranno l’agognata promozione.
Clare, sopravvissuta per miracolo ma provata sia fisicamente che mentalmente, decide allora di intraprendere l’oscura via della vendetta, gettandosi all’inseguimento degli aguzzini. Per seguire le loro tracce però, deve affidarsi al riluttante nativo Billy (Baykali Ganambarr), un aborigeno che non può fare altro che rimanere in disparte a guardare il suo popolo ucciso e le sue terre profanate dai colonialisti e che quindi non è esattamente felice di lavorare con una persona dalla pelle chiara. Clare, dal canto suo, nutre a sua volta pregiudizi contro i nativi. Tuttavia, lungo la strada dovranno trovare il modo di mettere da parte le divergenze e collaborare.
La premessa enormemente importante da fare con The Nightingale (più che con altri film) è che le lodevolissime intenzioni, che certo traspaiono limpide, di raccontare una storia di violenza e le sue conseguenze da una prospettiva femminile ripercorrendo la travaglia e violenta storia della colonizzazione dell’Australia, evidente paradigma dei tempi moderni (che a quanto pare non mostrano miglioramenti significativi da allora), provando a far capire come la risposta – un po’ come succede in 22 Luglio di Paul Greengrass (la nostra recensione) – sia da ricercare nell’empatia verso il prossimo, si scontrano con una realizzazione tecnicamente erratica e con una scrittura ondivaga che potrebbero lasciare lo spettatore interdetto.
E molti forse rimarranno spiazzati dall’accostamento non sempre funzionante di registri molto diversi. Se la sequenza dello stupro che dà il là alla vicenda e quasi insostenibile nei suoi 7′ di durata, il film – che si è aggiudicato tra le polemiche il Premio Speciale della Giuria (forse come ‘risarcimento’ per le ingiurie rivolte al termine della proiezione stampa alla regista) – non si può certo equiparare a classici del genere come L’ultima casa a sinistra o Non violentate Jennifer. Il motivo va ricercato non solo nelle righe scritte poc’anzi, quanto nella multidimensionalità di Clare e Billy, il cui destino è ben più grande e simbolico rispetto a quello delle consuete protagoniste del filone (si veda in tal senso il recentissimo Revenge di Coralie Fargeat). Così come già fatto con Babadook, una pellicola che si vestiva di horror per parlare del rapporto tra madre e figlio, The Nightingale offre una meditazione sull’odio e la paura del diverso celata sotto le mentite spoglie di una prevedibile vendetta in salsa western.
Jennifer Kent decide di mostrare quanto irlandesi e aborigeni fossero a tutti gli effetti ritenuti inferiori e sacrificabili dagli inglesi senza il minimo rimorso nella società australiana degli inizi del XIX secolo, fondata su ingiustizie e disuguaglianze razziali. Grazie a questo contesto, la vendetta assume un sapore diverso, più complesso. The Nightingale trova poi nei due attori principali, l’italo-irlandese Aisling Franciosi (che parla con buffa cadenza milanese dal vivo) e il debuttante Baykali Ganambarr (che si è aggiudicato il Premio Marcello Mastroianni), un’atipica coppia di reietti che amano cantare canzoni nelle loro lingue natali che funziona (nonostante alcuni inopportuni momenti troppo ‘simpatici’) dagli inizi difficili alla complicità finale, per quello che in fono è un classico racconto di formazione che li porterà a maturare insieme.
Di fronte a loro c’è invece Sam Claflin, uno dei villain più ripugnanti apparsi sul grande schermo a memoria recente, capace delle azioni più abiette senza fare una piega e reso assolutamente tanto credibile quanto destestabile dalla regista. Se possiamo contestare un mezzo passo falso, per quanto Jennifer Kent offra voce alla triste storia delle tribolazioni degli aborigeni, Billy finisce per incarnare il cliché della persona di colore che aiuta la protagonista (bianca) con sedicenti abilità speciali, spesso di natura spirituale (uno stereotipo che viene sì decostruito, visto che i cerimoniali del ragazzo non servono mai a nulla, ma che non può che apparire comunque tale).
Girato in un insolito formato 4:3, The Nightingale viene raccontato attraverso immagini naturalistiche e semplici, da intendersi però come un avvertimento. I terribili atti di cui sa macchiarsi l’essere umano sono dovuti al timore di tutto ciò che è diverso e questa consapevolezza rende il lungometraggio intramontabile e pertinente. Così, quando negli ultimi minuti Jennifer Kent mostra di nuovo la bellezza di questo paese devastato, lo spettatore viene investito da una nota agrodolce su cui dovrà continuare a riflettere.
In attesa di sapere quando – e se – verrà distribuito dalle nostre parti, di seguito trovate il trailer di The Nightingale:
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