Voto: 5/10 Titolo originale: The Offering , uscita: 23-09-2022. Regista: Oliver Park.
The Offering: la recensione del film horror di Oliver Park
22/02/2023 recensione film The Offering di William Maga
Jumpscare, demoni mutaforma, bambine fantasma e antiche leggende ebraiche non bastano a salvare un prodotto modesto, che usa male le carte a sua disposizione
L’horror di possessione di solito ricorrono pesantemente all’iconografia cattolica per rappresentare la lotta contro i demoni. Frasi urlate in latino, crocifissi branditi con forza, spruzzi di acqua santa e libri rilegati in pelle nera alzati in aria possono contribuire a creare immagini convincenti se vengono usati contro creature maligne dalla voce cavernosa e dagli occhi senza vita che si stanno rintanando in un ospite umano.
E anche se tali simboli religiosi vengono utilizzati per aumentare il senso di terrore generale, il fatto che un demone sia vincolato da certe regole arcaiche fornisce una certa dose di conforto allo spettatore. Tale ‘regola’ rimane immutata anche ora in The Offering, sebbene l’ambientazione e il contesto siano meno familiari del solito, poiché la maggior parte del film diretto da Oliver Park si svolge tra le mura di un’impresa di pompe funebri gestita da una famiglia ebrea ortodossa.
Dicevamo ‘meno familiari’ ma comunque non certo inediti, vito che negli ultimi anni questo nuovo sottogenere dell’horror legato al folklore ebraico ha offerto opere molto diverse tra loro, come il riuscito Demon di Marcin Wrona del 2015 (la recensione), il piacevole The Vigil di Keith Thomas (la recensione) e il dramma queer Attachment.
Anche se i dettagli possono differire da altri film horror di possessione, The Offering utilizza la medesima estetica e le tradizioni religiose per aumentare il carico di inquietudine, in particolare in una scena che coinvolge un demonio mutaforma sotto forma di una bambina che si ‘nasconde’ dietro uno specchio coperto da un drappo mentre la famiglia è immersa nello shiva (il periodo di lutto).
Per quanto molti degli elementi di The Offering siano ampiamente rodati – un antichissimo spirito che vuole divorare neonati, prove raccolte su nastri sfarfallanti e VHS, potenti amuleti, elaborati sigilli incisi sul pavimento ecc. ecc. – il setting insolito (basta non pensare troppo ad Autopsy) e gli interpreti slegati dalla Chiesa di Roma offrono almeno uno spunto di interesse iniziale.
Lo stesso vale per l’abilità tecnica di Oliver Park e del direttore della fotografica Lorenzo Senatore, che si preoccupano di dare al film un aspetto ricco e raffinato a dispetto del budget contenuto (che emerge invece prepotente nella CGI che illustra la primigena forma caprina del demone). Sfortunatamente, però, l’eccessiva dipendenza dai jumpscare e dalle ‘finte’ sequenze oniriche smorza gran parte dell’impatto emotivo di The Offering a causa dei soliti trucchetti da quattro soldi.
Sebbene un male antico si aggiri tra le ombre di un obitorio, la sceneggiatura scritta da Hank Hoffman offre la tensione narrativa più efficace nelle dinamiche familiari al centro della trama. Mentre Art (Nick Blood) e sua moglie Claire (Emily Wiseman), una donna non ebrea e incinta, si preparano per andare a trovare il padre di lui, Saul (Allan Corduner), nella casa/mortuario di famiglia, i due bisticciano su come l’anziano, chassidico convinto, non l’abbia accettata completamente in quanto di altra fede.
Una volta arrivati, Saul si dimostra molto più ospitale di quanto lei pensasse, ma il suo assistente, Heimish (Paul Kaye), si scontra con Art, rimproverandolo per aver lasciato il padre da solo dopo la morte della madre e definendo Claire una “shiksa” in modo derisorio. Eppure, per quanto Heimish possa sembrare poco minaccioso, una vera minaccia mortale si trova al piano di sotto, in uno dei cassetti dell’obitorio.
Non è tanto il corpo freddo del vecchio (Anton Trendafilov), quanto piuttosto ciò che è intrappolato al suo interno a rappresentare un pericolo per tutta la famiglia. Nella scena d’apertura di The Offering, infatti, vediamo quest’uomo creare un anello di polvere nera intorno a un complesso simbolo scolpito nel pavimento, prima che una forza sinistra si impossessi di lui e gli affondi un coltello nel petto uccidendolo.
Saul lascia così al figliol prodigo il compito di preparare il cadavere dell’uomo e, dopo che Art ha compiuto un notevole sforzo per rimuovere la lama – che reca antichi e indecifrabili segni sul manico – dal petto, trova un amuleto appeso al collo. Naturalmente, il peggio arriva quando lo fa accidentalmente cadere rompendolo dopo essersi spaventato per l’apertura improvvisa degli occhi del cadavere.
Purtroppo, alla fine The Offering fa ben magro uso del potenziale derivante dall’impostazione ebraica (peraltro piuttosto libera …) che appare per lo più ‘usa e getta’, come se fosse stata trapiantata direttamente dalla teologia e dal folklore in una narrazione senza considerare il motivo o il modo in cui avrebbe potuto essere resa in modo efficace, o di tematiche che avrebbero meritato di essere esplorate meglio, come quella intrigante della religione usata come stampella quando le emozioni umane più genuine e il dolore sono troppo difficili da affrontare.
La lotta contro il senso di appartenenza – all’interno di una famiglia, di una cultura, di una religione – è forse il tema più efficacemente reso da The Offering, ma, l’ennesimo jumpscare a caso buttato lì appena prima dei titoli di coda non fa che contribuire e cancellare i piccoli spunti positivi di un’opera che non si cura nemmeno di aggiornare i cliché di cui abusa per la sua ambientazione specifica, preferendo riciclare le situazioni ormai trite degli innumerevoli predecessori senza alcuno sforzo reale per farle funzionare.
Di seguito trovate il trailer italiano di The Offering, nei nostri cinema dal 23 febbraio:
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