Voto: 7/10 Titolo originale: The Whale , uscita: 09-12-2022. Budget: $3,000,000. Regista: Darren Aronofsky.
The Whale: la recensione del film oversize di Darren Aronofsky
22/02/2023 recensione film The Whale di Raffaele Picchio
Dopo The Wrestler il regista costruisce un altro straziante 'one-man drama', forse con minore efficacia del precedente ma con lo stesso cinico approccio che lo contraddistingue e contando su una letteralmente gigantesca e dolente interpretazione di Brendan Fraser
Evidentemente, quando a Darren Aronofsky parte la frizione dell’ambizione e della follia più incontrollate, subito dopo ha bisogno di frenarsi bruscamente come per riprendere fiato e mostrare una cinica lucidità, ma soprattutto una sobrietà di messa in scena fino a quel momento impensabili.
Parlo ovviamente di quando dopo l’inafferrabile (e ingiudicabile …) flop di The Fountain – L’albero della vita del 2006, che sembrava destinato ad essere il suo nadir, Darren Aronofrsky tirò fuori con The Wrestler quello che forse ancora ad oggi rimane il suo apice assoluto.
Un film che non sarebbe stato certo la stessa cosa senza il mettersi in gioco del protagonista Mickey Rourke tanto come attore che come ‘freak’, capace di imporre la sua presenza con tutti i suoi fallimenti umani e le piccole tenerezze che il regista, uno che sicuramente non ci va con il guanto di velluto quando vuole torcerti le budella, impietosamente ha messo in scena con innegabile efficacia emotiva e tecnica.
The Wrestler fu un enorme successo e permise a Darren Aronofsky di tornare a rimettersi in gioco commercialmente, alzando sempre di più la posta del suo schizofrenico cinema, ma quella storia deve aver colpito tra i tanti anche l’immaginario del giovane commediografo americano Samuel D. Hunter, che infatti pochi anni dopo scrisse per il teatro The Whale, la storia del professore universitario Charlie, un uomo che per una fortissima depressione decide di lasciarsi andare fino a diventare un obeso impossibilitato ad avere un qualsiasi tipo di rapporto sociale.
La commedia di Hunter praticamente portava nel linguaggio del teatro un approccio veramente molto simile a quello che Darren Aronofsky fece per il suo The Wrestler ed è stato un attimo che lo stesso regista, fondamentalmente specchiando se stesso in questo testo, ha trovato acque perfette in cui far sguazzare le sue ossessioni e manie.
Ed è così che la storia si ripete e proprio come al tempo di The Fountain, il buon Darren dopo il folle flop di Madre! nel 2017 (la recensione) tenta di nuovo il colpaccio assoldando lo stesso Samuel D. Hunter come sceneggiatore per la versione cinematografica di The Whale, trovando in Brendan Fraser il nuovo interprete perfetto pronto a gettare anima e corpo nell’impresa di stracciare l’anima dei poveri spettatori.
Il miracolo è destinato a compiersi di nuovo?
Intanto è giusto premettere subito che chiunque ha detestato (e detesta) la cinica e ricattatoria ‘pornografia del dolore’ che tendenzialmente accompagna da sempre il buon Darren Aronofski (che parli del tumore, di un fallito, del giudizio di Dio è lo stesso) lasci pure perdere ogni tentativo di avvicinamento a The Whale.
Basti sapere che dopo una manciata di minuti ci viene presentato Charlie intento a masturbarsi su uno squallido divano rischiando di avere un infarto mortale in un’agonia che pare infinita.
The Whale non ci risparmia assolutamente niente del degrado mostruoso umano che mette in mostra e mira dritto a prenderti a cazzotti in pancia in modo da scatenare un senso di malessere tanto doloroso quanto indubbiamente ‘meccanico’.
Tra l’altro, il regista – ancor più che in The Wrestler – sfrutta l’evidentissima natura teatrale ambientando l’intero film dentro al desolato appartamento-prigione in cui si è rinchiuso Charlie, amplificando il tutto con un formato 4:3 dove il suo gigantesco e decadente corpo (perennemente inquadrato) tende a rendere ancora più opprimente tutto.
Ma in 4:3 è anche la finestrella nera con cui Charlie tiene le sue lezioni universitarie online a dei studenti che sono l’unico contatto con il mondo esterno che ha oltre a Liz, un’amica infermiera che lo cura, e la voce del fattorino della pizzeria che gli lascia cartoni fuori dalla porta tutte le sere.
Arriva però il momento in cui a Charlie, in seguito all’ennesimo quasi infarto, verrà data una diagnosi che praticamente lo dà spacciato, a meno di un ricovero immediato, che puntualmente lui rifiuta con tutte le sue forze. Prossimo alla morte, deciderà così di recuperare gli impossibili rapporti con la giovane e problematica figlia (Sadie Sink), che abbandonò con la madre all’età di otto anni SPOILER per scappare con uno studente di cui si era innamorato.
Sarà una settimana in cui Charlie affronterà tutte le sue colpe, il disprezzo che ha causato intorno a se, i segreti del suo passato e le menzogne portate avanti nel presente.
The Whale è un film che sa far male, ma – paradossalmente – questo gli riesce meglio quando tutto diventa meno urlato e aggressivo, permettendo di far uscire quei tanti sottotesti improvvisi seriamente in grado di strapparti le budella senza alcun appiglio. A tal proposito viene in mente lo straziante desiderio di Charlie di voler morire mentre qualcuno gli legge la tesina di Moby Dick della figlia (da qui anche il gioco nel titolo) o i piccolissimi gesti di rottura quotidiana, come quando si fa una doccia e la barba per cercare di apparire goffamente ‘ordinato’ davanti a lei.
Ed è inutile parlare di The Whale senza citare la devastante performance di un ritrovato Brendan Fraser il quale, nonostante le tonnellate di trucco che porta addosso riesce a far trasparire un’umanità e un senso di malessere tangibile che rimanda tranquillamente al Mickey Rourke di The Wrestler (ma dove là era una ‘messa in mostra’ del freak, qui troviamo un oggettivo lavoro di ricerca attoriale più sottile).
Sono i suoi occhi che si portano dietro tutto il dolore del mondo e che ti rimangono appiccicati anche dopo la visione ed è nella sua pacatissima e rotta voce che pulsa tutto il cuore di The Whale.
Purtroppo, non è tutto rose e fiori, perché – come si diceva all’inizio – il film soffre profondamente il suo voler camminare sicuro lungo un solco decisamente già visto e pure affrontato meglio (ci sono anche con le medesime trovate visive) ed è proprio nello script di Hunter che si trovano i peggiori inciampi.
Difetti che emergono prepotentemente ogni qual volta che la storia inizia a raccontare ‘altro’ oltre al dolore di Charlie: inguardabile ed inutile tutto il personaggio maschile del giovane predicatore che prende inspiegabili derive risultando pura zavorra atta ad allungare – e ingolfare (visto il tema religioso gettato a cazzo di cane nel mucchio) – un’opera già non leggera di suo; ma anche la giovane e ribelle figlia Ellie, oltre a incarnare veramente in modo esagerato una versione teen della Evan Rachel Wood di The Wrestler, risulta un personaggio troppo “finto” e idealizzato e con poche sfumature (tutte ben visibili tra l’altro).
Viene difficile da consigliare senza giuste premesse un film duro e immerso nello squallore come The Whale, che è quanto di più lontano può esserci da un catartico melodramma ‘da Oscar’, ma Darren Aronofski si conferma uno dei pochi ai livelli alti che ancora non si vergogna di piegare il cinema d’autore ad una sorta di ‘exploitation teorica e spietata‘ che mira dritto al suo fine ultimo (raggiungendolo indubbiamente) fottendosene del ‘come’ ci arrivi.
Evviva opere capaci ancora di provocare reazioni come The Whale e siano benemeriti registi come Darren Aronofski, capaci di farsi amare e odiare ogni volta in egual misura: pure scariche di vita nell’inesorabile linea piatta dei nostri tempi.
Di seguito trovate il trailer italiano di The Whale, nei nostri cinema dal 23 febbraio:
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