Voto: 7/10 Titolo originale: Venus , uscita: 02-12-2022. Regista: Jaume Balagueró.
Venus: la recensione del film di orrore cosmico di Jaume Balagueró
10/10/2022 recensione film Venus di Sabrina Crivelli
Il regista spagnolo torna sulle scene con un'opera visionaria e sanguinosa, pregna di reminiscenze argentiane e delaiglesiane, che vede convincente protagonista Ester Expósito
Sono passati 15 anni da quando Jaume Balagueró ha girato il primo memorabile [REC] insieme a Paco Plaza – anche di più per Nameless – Entità nascosta – e lentamente il regista spagnolo sembrava aver smarrito la via. Dopo Bed Time del 2011 (la recensione), difatti, [REC] 4 e – ancor peggio – La settima musa (la recensione), erano stati il primo l’ennesimo capitolo che si dilungava su una saga che ormai aveva detto quello che doveva, l’altro un pastiche con qualche buona idea, molte lungaggini e ancor più incongruenze.
Eppure, a sorpresa, con Venus, opera di apertura del Festival di Sitges 2022, Jaume Balagueró ritrova il perduto tocco, forse anche per l’influenza di Álex de la Iglesia (produttore e curatore della Fear Collection, l’antologia di pellicole del terrore curate per Prime Video di cui il film fa parte), soprattutto nella seconda metà.
Venus ha infatti una cesura netta che ne divide lo svolgimento in due emisferi abbastanza coesi tra loro, ma assai diversi in termini di vocabolario di genere messo in campo.
Il film si apre con Lucía (Ester Expósito), la ballerina di un nightclub che una notte decide di rubare un grosso carico di droga ai proprietari mafiosi del locale dove lavora. Tuttavia viene scoperta e, dopo una violenta collocazione – dove viene accoltellata a una gamba-, riesce a scappare. Non sapendo dove nascondersi, Lucía decide di rifugiarsi dalla sorella Rocío (Ángela Cremonte) con cui non ha rapporti da anni e dove non è sicura di non essere cercata. Così approda al Venus, grattacielo popolare circondato da sinistre leggende metropolitane che si erige nei sobborghi di Madrid.
L’overtoure di Venus usa i toni del gangster movie, con la sua variegata galleria di piccoli malavitosi un po’ stereotipati, un po’ eccentrici, ma veraci. Tra questi spiccano lo sgherro violento, ma elementare, incarnato da Fernando Valdivielso e Federico Aguado che recita nel ruolo di un più inquietante “cacciatore di taglie”. La caccia all’uomo ha quindi inizio e, sebbene si tratti più che altro di una parentesi narrativa funzionale al disvelarsi dei successivi eventi, non mancano anche qui momenti contraddistinti da un certo estro creativo: primo tra tutti, la seduta da una peculiare sensitiva che, dopo aver mangiato parte di un oggetto posseduto da colui che si cerca, ne intuisce la posizione sputando su una cartina, e ci azzecca.
Allo stesso tempo sono notevoli alcuni scontri contraddistinti da incredibile veemenza, come quello che vede Lucía difendersi con ogni mezzo prima di scappare dal locale in cui lavora. Nel mentre che i membri della cosca della zona si danno da fare per ritrovare Lucía – e la sua borsa piena di pasticche -, la fuggitiva si ritrova bloccata nell’appartamento della sorella, che scompare d’improvviso lasciandola sola con la figlia undicenne, Alba (Inés Fernández).
E qui iniziano a emergere in un crescendo presagi sinistri e visioni oniriche e funeste di memoria lovcraftiana. Tutto infatti nel Venus ha qualcosa di ambiguo e sinistro, a partire dall’edificio stesso, cattedrale decadente della post-modernità razionalista che svetteggia lugubre sul circondario un po’ come il Cabrini-Green di Candyman o l’anonimo grattacelo di The Horde.
Sin dai primi esterni in notturna, e poi nelle successive inquadrature diurne dal basso in alto del Venus, si ha come la sensazione che una forza oscura e silenziosa operi al suo interno, sensazione acuita dalla fotografia opaca e a tratti metafisica di Pablo Rosso.
Le suggestione horror continuano poi all’interno del Venus. Lungi dal solito repertorio da casa stregata, la presenza demoniaca è segnalata da elementi visivi inventivi ed efficaci spesso relegati al mondo dei sogni e degli incubi.
Come spiega infatti Alba con infantile innocenza, questa è la porta attraverso cui comunica la “Servitrice”. Profusioni di scarafaggi, ferite purulente e atti estremi di lesionismo popolano le visioni di una sconcertata Lucía, che prendono vita in maniera vivida con una commistione di effetti pratici e CGI.
Dall’onirico al reale, una successione di aggressioni violentissime e accoltellamenti annaffiati di sangue, apparizioni demoniache agghiaccianti, stregoneria e riti diabolici completano l’impalcatura visiva che rimanda all’argentiana Mater Suspiriorum e alle Le streghe di Salem di Rob Zombie e, al contempo, si nutre della mitologia religioso-apocalittica di Álex de la Iglesia – in particolare Il giorno della bestia – con tanto di imminente arrivo di una eclissi di sole e dell’immaginario di Rosemary’s Baby (citato apertamente come maggiore influenza da Balagueró stesso).
Meno riuscita è invece la parabola emotiva dei personaggi. La tematica sociale e familiare affiora sfuggente all’inizio di Venus, in alcuni dialoghi tra Lucía e Rocío sulla morte della madre, o nei vaghi riferimenti al passato travagliato della fuggitiva. Tuttavia questi aspetti non vengono particolarmente approfonditi rimanendo riferimenti vaghi a un passato che inquadra il presente di Lucía.
Il suo personaggio, tuttavia, è tutt’altro che superficiale o stereotipato anche grazie alla performance della 22enne Ester Expósito, la quale riesce a concretizzarne tutte le complesse sfumature e contraddizioni di colei che incarna, dalla superficialità al senso di colpa, fino al dolore fisico accecante nelle numerose volte che viene aggredita e ferita gravemente.
Inoltre, la sensazione di claustrofobia e mancanza di possibilità di redenzione – che emerge in certi primi piani della protagonista mentre si affaccia alla finestra guardinga o nella disperazione quando parla con la sorella o telefona al suo misterioso complice – sembra allora nutrire la forza oscura che impera al Venus e, in qualche modo, intensifica ancor più la sensazione di angoscia che a diversi livelli permea il film di Jaume Balagueró.
Ciò non vuol dire che ogni dettaglio in Venus sia perfettamente coerente, anzi. Come detto, la caratterizzazione e il background dei personaggi è – forse volontariamente – solo abbozzato, e come esso anche l’oscuro passato dell’edificio maledetto e delle forze sovrannaturali che operano nei suoi corridoi decadenti.
Gli eventi sinistri, i simboli esoterici, le incarnazioni demoniache, i riti di stregoneria e alcuni elementi della trama sono lasciati in sospeso, o addirittura risultano forzati soprattutto per quel che concerne il finale ad effetto, con un colpo di scena imprevedibile quanto poco spiegato.
Più in generale, l’eccesso e il grottesco connotano alcuni degli apici di Venus, ma senza togliere potere al suo lato più prettamente orrorifico. Se il film ha difatti più di un’incongruenza, la suggestività dell’impalcatura visiva e delle atmosfere ci fa dimenticare dei piccoli difetti o degli sviluppi un po’ improbabili.
Jaume Balagueró e il suo sceneggiatore Fernando Navarro paiono seguire la strategia di suggerire più che spiegare e, se a volte la tenuta della narrazione vacilla, l’economia generale del racconto e il coinvolgimento dello spettatore non ne vengono intaccati; anzi, in qualche modo la mancanza di chiarezza diventa funzionale all’aura oscura e sibillina della profezia alla base del film e della rappresentazione dell’edificio maledetto, regalandoci un horror teso, gore e decisamente ispirato.
In attesa di capire quando – e se – lo vedremo anche in Italia, di seguito trovate il teaser trailer spagnolo di Venus:
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