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Voto: 5/10 Titolo originale: Wonder Woman 1984 , uscita: 16-12-2020. Budget: $200,000,000. Regista: Patty Jenkins.

Wonder Woman 1984: la recensione del film di Patty Jenkins (aka come non si fa un sequel)

12/02/2021 recensione film di Gioia Majuna

Gal Gadot, Chris Pine, Pedro Pascal e Kristen Wiig sono i protagonisti di un cinecomic modesto e immotivatamente lungo, incapace di far crescere la sua protagonista

Diana Prince (Gal Gadot) vive ormai tranquillamente tra i mortali nei vivaci ed eleganti anni ’80, un’era di eccessi guidati dalla spasmodica ricerca di possedere ogni cosa. Sebbene abbia raggiunto i suoi pieni poteri, mantiene un basso profilo occupandosi di antichi manufatti e compiendo solamente atti eroici in incognito. Presto, però, Diana dovrà raccogliere tutta la sua forza, saggezza e coraggio per far fronte alla minaccia portata al mondo da Maxwell Lord (Pedro Pascal) e da Cheetah (Kristen Wiig), una donna che possiede forza e agilità sovrumane.

Ogni volta che viene annunciato un nuovo film o una nuova serie televisiva ambientata negli anni ’80 – che si tratti di Stranger Things, It: Capitolo Uno o il recente remake di Valley Girl – il timore che Hollywood abbia deciso di spiattellare ancora una volta in faccia agli spettatori ad ogni inquadratura lo ‘spirito’ di quel preciso decennio è fortissimo. Gli studios – è risaputo – amano semplicemente innescare l’effetto nostalgia con riferimenti costanti alla cultura pop dell’epoca attraverso i dialoghi, le musiche o le ambientazioni e i costumi.

wonder woman 1984 film poster itaUna delle maggiori paure per Wonder Woman 1984 era quindi quanto il film – diretto ancora una volta da Patty Jenkins – avrebbe enfatizzato l’anno in cui si svolge. Per fortuna, non è così. Il sequel presenta sì un’estetica chiara e precisa riconducibile alla metà degli anni ’80, ma non prova mai a colpirci di soppiatto in modo furbetto. Forse il miglior innesco nostalgico (specie per il pubblico americano) è una libreria della catena Waldenbooks all’interno di un centro commerciale durante il primo atto.

Semmai, Wonder Woman 1984 enfatizza la tecnologia in modo bizzarro, eppure orwelliano. È interessante l’idea della regista di cercare di incorporare il concetto di Grande Fratello attraverso Diana ed è così che lei è in grado di fermare i crimini proprio al momento giusto. Avete presente quel cliché secondo cui i supereroi si presentano appena in tempo dove c’è bisogno di loro perché hanno un super udito o simili? Ebbene, Diana è praticamente una ‘Grande Sorella’, tutto vede e tutto sa. Sempre.

Kristen Wiig e Pedro Pascal offrono interpretazioni convincenti nei rispettivi ruoli dei due villain principali (tra le poche cose da salvare del film senz’altro). Se il sottilissimo arco narrativo di Barbara Minerva è sorprendentemente debole, l’attrice riesce a spaziare in un’ampia gamma di sfumature, passando dall’essere quella donna buffa, timida e socialmente imbarazzante che abbiamo imparato a conoscere e amare fino a diventare una vera e propria minaccia dalle insospettabili capacità intimidatorie. C’è un momento del film in cui fa il mazzo a chiunque capiti a tiro e gira felinamente intorno a tutti, specialmente a Gal Gadot.

Pedro Pascal è parimenti godibile nei panni di Max Lord, un cattivo goffo ma carismatico che sembra uscito da quel mondo pazzerello pensato anni fa da Joel Schumacher. Non è sopra le righe, ma sembra essersi palesemente divertito con il materiale che gli è stato affidato … anche se tale materiale è tutt’altro che buono. Tra i tanti archi presenti in Wonder Woman 1984, quello di Max Lord è l’unico che in qualche modo funziona a conti fatti.

L’aspetto probabilmente più riuscito del primo film del 2017 (la recensione) era stata la crescita del personaggio di Diana, capace di intuire poco a poco il proprio reale potenziale di eroina all’interno del mondo degli uomini. Certo, suonava come una versione in salsa DC del classicissimo “pesce fuor d’acqua”, ma il suo percorso verso l’indipendenza e la consapevolezza del suo ruolo sulla Terra aveva un qualche senso compiuto. Quindi, non si può che rimanere sbalorditi – e sconcertati – da come questo sequel riduca la protagonista a un personaggio molto poco interessante, il cui nuovo arco narrativo si basa completamente sulla sua co-dipendenza emotiva da un uomo.

Wonder Woman 1984 si svolge 66 anni dopo gli eventi del predecessore e Diana Prince, che ora ha pienamente abbracciato il suo ruolo di supereroina, non ha ancora superato il dolore per la perdita di Steve Trevor (Chris Pine). Il suo intero mondo è scandito dal fantasma di lui, tanto che è entrata nell’aerodinamica e ha creato una tenuta in suo nome, ma non sembra sia riuscita ad andare avanti davvero. Proprio come quella terribile commedia romantica con Sandra Bullock del 2009, questo film è A proposito di Steve.

wonder woman 1984 film 2020A costo di sembrare insensibili e poco romantici, ma è davvero inverosimile chiedere al pubblico di credere che questa donna sovrumana – che peraltro proviene da un’isola di donne, e solo donne – sia ancora in lutto per l’unico uomo con cui ha fatto sesso oltre 60 anni prima e non l’abbia superato. Diana ha vissuto la seconda guerra mondiale, la guerra del Vietnam, Woodstock e gli anni ’70, ma in qualche modo dobbiamo pensare che non abbia esplorato la sua bisessualità o non sia entrata in intimità con altri partner. Eddai su.

Come detto, i suoi sentimenti per Steve sono alla base del suo arco narrativo, un passo indietro così significativo da non corrispondere nemmeno all’identità del personaggio come l’abbiamo conosciuto fin qui. Steve era stato un’affascinante imprevisto e c’era vero amore tra i due, ma il tempo trascorso insieme nel primo capitolo non è stato abbastanza lungo da giustificare le persistenti emozioni che lei prova in Wonder Woman 1984. Non si può certo dire che Steve fosse l’Ellie per il suo Carl Fredricksen. E anche il modo in cui riportano indietro Steve è piuttosto patetico.

Lo scorso anno su Netflix è arrivato The Old Guard (la recensione), un’opera che ha per certi versi affrontato simili tematiche sul dolore e la perdita tra personaggi immortali, ottenendo un risultato più impattante, perché questi immortali si conoscevano da secoli. In Wonder Woman 1984 abbiamo invece una trama eteronormativa inverosimile che non si percepisce nemmeno lontanamente vicina all’identità di questo personaggio a cui molte donne, specialmente all’interno della comunità LGBT, guardano. Detto questo, la chimica tra Gal Gadot e Chris Pine continua a funzionare.

La relazione tra i due è più forte questa volta e ha un simpatico capovolgimento di ruolo in cui è Steve il pesce fuor d’acqua in questa nuova epoca, basata sulla tecnologia. Il film diventa così più una commedia romantica che un film di supereroi, perché non c’è quasi nessuna Wonder Woman in esso. La sceneggiatura punta così forte sulla storia d’amore tra Diana Prince e Steve Trevor che l’inserimento dell’alter ego Wonder Woman sembra quasi infilato per motivi di contratto, nonostante la varietà di scene action presenti. Sebbene l’azione sia ben coreografata e divertente da guardare, non ce n’è abbastanza per compensare la lunghissima durata. Esattamente per questo motivo, come si diceva sopra, l’unico arco narrativo a cui ci si può relazionare è quello di Max Lord, anche piuttosto toccante. Barbara, d’altro canto … lasciamo stare.

Qualcuno dovrebbe pou dire agli sceneggiatori di Hollywood che fornire i cattivi di turno di un paio di occhiali dalla montatura sottile, capelli disordinati e una personalità goffa / nerd NON rappresenta una storia delle origini efficace? L’abbiamo visto con Michelle Pfeiffer in Batman – Il ritorno, con Guy Pearce in Iron Man 3 e, naturalmente, col peggiore di tutti … il Jamie Foxx versione Electro di The Amazing Spider-Man 2. Wonder Woman 1984 è così impenitentemente anni ’80 che abbraccia il cliché obsoleto per cui indossare occhiali ed essere molto intelligenti ti rende immediatamente uno sfigato per il resto del mondo.

Anche la relazione tra Barbara e Diana come collaboratrice allo Smithsonian (sprazzi di femminismo doverosi) è piuttosto tremenda. A un certo punto Barbara dice a Diana: “Per tutta la vita, hai avuto tutto ciò che volevi, mentre le persone come me non hanno avut nulla”, quasi fosse parte di una minoranza oppressa. Bah.

Pedro Pascal in Wonder Woman 1984 (2020)Per una supereroina semidea che proviene da un mondo di divinità greche e di mitologia, i punti deboli dei film di Wonder Woman sono fin qui i tentativi di integrare gli aspetti mitologici nel mondo degli umani. Pensavate forse che la rivelazione di Ares nel primo film fosse una pigra scappatoia del terzo atto? Ebbene, preparatevi per il MacGuffin che dà il la alla storia di Wonder Woman 1984.

Ricordate quel film di Robert Rodriguez del 2009 intitolato Il mistero della pietra magica? Quello in cui alcuni ragazzini scoprono una roccia capace di garantire loro tutto ciò che desiderano? Già. La trama si dipana da un manufatto roccioso collegato alla mitologia greca e da lì il film diventa caotico.

Fa abbastanza specie che si tratti di un film diretto da Patty Jenkins, quando tutto lascerebbe pensare che al timone ci sia Matthew Vaughn: trama eccessivamente affastellata, personaggi appena abbozzati, mancanza di messaggi chiari di empowerment femminile e nessuna profondità. Wonder Woman 1984 ha una durata di 131 minuti, ma sembra comunque un prodotto affrettato e stiracchiato. Si intravedono sotto la superficie buone intenzioni, ma soffre grandemente una sceneggiatura poco brillante che non rende giustizia alla maggior parte dei personaggi, specialmente alla supereroina del titolo.

Nella tradizione di ‘cugini’ come Kingsman: Il Cerchio d’Oro, The Amazing Spider-Man 2, Animali fantastici: I crimini di Grindelwald e molti altri, Wonder Woman 1984 continua quindi la tendenza dei sequel imbottiti di idee mollate a metà che scelgono di raddoppiare la dose di frivolezza del primo capitolo con trame ancora più sconnesse, script più deboli e una frustrante mancanza di bidimensionalità dei protagonisti (pretendere tridimensionalità per questi prodotti è fuori luogo).

In definitiva, Wonder Woman 1984 è un sequel modesto che non cattura minimamente lo spirito trionfante della sua eroina, peraltro ricorrendo ad archetipi datati quanto l’anno in cui è ambientato.

Ah si, sono un presenti un paio di scene extra dopo i titoli di coda.

Di seguito trovate i primi 10 minuti di Wonder Woman 1984, a noleggio sulle piattaforme di streaming dal 12 febbraio: