Voto: 6/10 Titolo originale: Zombi Child , uscita: 12-06-2019. Regista: Bertrand Bonello.
Zombi Child | La recensione del film horror di Bertrand Bonello
07/02/2020 recensione film Zombi Child di William Maga
Il regista francese rispolvera il voodoo haitiano per un'opera dagli intenti sociali ambiziosi che finisce per dire molto meno di quello che vorrebbe
L’immagine predominante dello zombi all’interno della cultura occidentale di massa proviene dallo scioccante La Notte dei Morti Viventi di George A Romero, probabilmente il film horror più influente mai realizzato. Da allora, nel corso dei decenni, i ‘cadaveri ambulanti’ si sono evoluti fino a divenire controversi sprinter piuttosto che procedendo in modo barcollante e apparentemente innocuo, ma l’immagine del ghoul assetato di carne umana non è cambiata poi tanto.
Molto prima del classico del terrore del 1968, lo zombi aveva una connessione con il folklore popolare di talune culture. Ad Haiti, ad esempio, si diceva che le pratiche voodoo fossero impiegate per resuscitare i morti come fonte di schiavitù, coi ‘resuscitati’ messi crudelmente al lavoro nei campi di canna da zucchero dell’isola. Già nel 1932, con L’isola degli zombies, il cinema iniziò a esplorare questa inquietante tradizione, ma forse il miglior film mai realizzato riguardante questa sottocategoria haitiana è il thriller di Jacques Tourneur del 1943 Ho camminato con uno zombi.
Una volta arrivati i morti viventi di George A. Romero, però, gli zombi haitiani originali sono stati messi da parte, con l’eccezione del solo Il Serpente e l’Arcobaleno del 1988 di Wes Craven a tentare di minare la nuova impostazione hollywoodiana (a meno che non contiate Agente 007 – Vivi e lascia morire, col cattivissimo Baron Semedi. Ora, il regista e sceneggiatore francese Bertrand Bonello (Saint Laurent; Nocturama) prova a infilarsi in quel solco, approfondendo ulteriormente la tradizione caraibica con l’opaco Zombi Child, presentato nel 2019 nella Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes.
Lo svolgimento prevede dei salti temporali tra la Haiti del 1962 e una scuola femminile nell’odierna Francia. Nella prima storia, un uomo di nome Clairvius Narcisse (Mackenson Bijou) viene ‘assassinato’ tramite una pratica vudù, che lo fa apparire morto. Viene quindi sepolto ‘mezzo vivo, mezzo cadavere’ e il suo corpo viene riesumato per trasformarlo in un lavoratore ‘senza cervello’ dentro una piantagione, o, se preferite, in uno ‘zombi’. L’uomo sfugge però alla sua prigionia e vaga per le colline di Haiti, incerto del suo posto nel mondo. Nel presente, Fanny (Louise Labeque) fa amicizia con la nuova studentessa Melissa (Wislanda Louimat), i cui genitori sono morti nel terribile terremoto di Haiti del 2010. Ora vive con la zia, la quale – come lei stessa confida alle nuove amiche, tutte bianche – è una ‘Mambo’, una praticante della religione voodoo. Come potete facilmente immaginare, alla fine accadranno cose brutte …
C’è un commento sul colonialismo francese e sul’appropriazione culturale che attraversa la superficie del film di Bertrand Bonello, ma non è mai così nitido come probabilmente era nella intenzioni. Attraverso il personaggio di Fanny abbiamo una rappresentazione di come agli occidentali bianchi piaccia scegliere e raccogliere elementi da culture ‘aliene’. L’ossessione dell’adolescente per il vudù viene presenta in Zombi Child come una moda passeggera, quasi fosse una tipica ‘soccer mom’ che ha scoperto per caso le sonorità del Buena Vista Social Club e ritiene siano perfette da tenere in sottofondo per le sue cene mondane con le amiche. Si avvicina alla zia di Melissa (Katiana Milfort), una sacerdotessa “Mambo”, con la sciocca richiesta di mescolare l’anima del suo amato con la propria, costringendo con le cattive la donna haitiana a esaudire il suo pericoloso desiderio.
Questo potrebbe essere considerato satira, sulla scorta di quanto fatto ultimamente da Jordan Peele, ma Bertrand Bonello gioca tale carte in modo troppo diretto, finendo per danneggiare il suo film e minando l’argomento che sta cercando di evidenziare, risultando un inerme esercizio intellettualoide. Perdendo l’elemento haitiano, ironicamente resta una parabola più interessante su come il sistema educativo eserciti la propria forma di zombificazione, spezzando gli spiriti liberi dei giovani e trasformandoli in vuoti ‘non morti’ pronti a prendere il posto che spetta loro nei campi di canna da zucchero della società francese / europea.
Come illustrato bene, la scuola femminile al centro di Zombi Child rivaleggia infatti con l’accademia di balletto del Suspiria di Dario Argento in quanto ad atmosfere inquietanti, con le ragazze bizzarramente costrette a inchinarsi quando salutate da un membro della facoltà, col cast diretto in modo da sembrare praticamente privo di qualsiasi emozioni, piatto, rianimandosi soltanto in una scena in cui cantano una canzone con un testo che non riflette per niente le loro vite. Lo stesso fondatore della scuola, Napoleone, è ancora nominato con somma ammirazione, e l’ego delle alunne viene accarezzato dal solo menzionare come l’aver potuto accedere a quella struttura le collochi ai vertici della società francese.
In definitiva, Zombi Child prova ambiziosamente a mescolare due diversi film per sottolineare lo stesso punto, ma non c’è abbastanza carne attaccata alle ossa di entrambe le sottotrame in cui poter affondare i denti con gusto. Restano comunque 100 minuti godibili, specie perché Bertrand Bonello si conferma un regista dotato di occhio e capace di inquadrature visivamente appaganti, che riescono a compensare la mancanza di sostanza. Coadiuvato dal direttore della fotografia Yves Cape, il regista offre infatti puro piacere per gli occhi, ma ben poco cibo per la mente, come l’argomento trattato avrebbe meritato (peraltro il messaggio è piuttosto ambiguo, con gli immigrati che portano reale pericolo per gli europei …).
In attesa di capire quando – e se – verrà distribuito in Italia, di seguito trovate il trailer internazionale di Zombi Child:
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