Titolo originale: Κυνόδοντας , uscita: 22-10-2009. Budget: $275,000. Regista: Yorgos Lanthimos.
Dossier: Dogtooth (Kynodontas) di Yorgos Lanthimos, il potere del linguaggio e la lezione di Orwell
11/05/2020 recensione film Dogtooth di William Maga
Nel 2009 il regista greco tornava sulle scene con un film scioccante, un monito sui pericoli del totalitarismo con radici nel romanzo 1984
Le parole nuove del giorno sono: mare, autostrada, escursione e carabina. “Mare” è la sedia in pelle con braccioli in legno come quella del salotto. Esempio: non rimanere in piedi, siediti in mare per fare una chiacchierata.
Da un certo punto di vista, è un moderno giardino dell’Eden: la casa è spaziosa e pulita, il giardino florido e lussureggiante, con una piscina in cui tuffarsi in una calda giornata estiva. Abbastanza rapidamente, però, diventa chiaro che ciò che stiamo vedendo è – in realtà una prigione: le alte mura sono progettate per tenere dentro i ragazzini, non per tenere fuori gli intrusi; i genitori controllano con tranquillità ogni informazione che la loro prole vede e sente e li puniscono brutalmente anche per la più piccola infrazione.
Inoltre, questi figli non sono nemmeno dei bambini piccoli. All’inizio, potremmo pensare che siano al massimo degli adolescenti, con il loro modo ingenuo di parlare e i loro giochi infantili (“Mettiamo tutti un dito sott’acqua – chi lo toglie per ultimo è il vincitore”). A poco a poco, arriviamo a renderci conto che i giovani protagonisti di Dogtooth (Kynodontas), ipnotico dramma d’esordio del 2009 dello sceneggiatore e regista Yorgos Lanthimos, sono molto più vecchi di quanto appaiano, molto probabilmente sui 20 anni, e sono stati i loro genitori che li hanno deliberatamente tenuti in uno stato di immaturità perpetua.
Vincendo uno dei maggiori premi al Festival di Cannes nel 2009 e nominato per un Academy Award l’anno successivo, Dogtooth ha contribuito a far arrivare lo stile cinematografico dll’autore greco a un pubblico internazionale. Un prodotto strano, grafico e disturbante. Non esattamente sensazionalista, ma, di fatto, capace di rompere dei tabù, e chiaramente insolito nel suo approccio al cinema – è difficile pensare a un altro film che sia simultaneamente così ben girato e così intento a lasciare la testa di un attore fuori dalla parte superiore delle inquadrature.
Come i film successivi di Yorgos Lanthimos, tra cui The Lobster (2015) e Il Sacrificio del Cervo Sacro (la recensione), Dogtooth non ha esattamente fretta di ‘spiegarsi’ al suo pubblico. Alcuni spettatori possono trovarlo per questo motivo frustrantemente vago, anche se è possibile leggere ogni tipo di significato in esso. Perché un marito e una moglie altrimenti intelligenti e benestanti decidono di esercitare un’influenza così brutale e dannosa sui loro figli? Qualche trauma collettivo li ha spinti a trasformare la loro lussuosa casa in un complesso recintato o è forse nata da un conservatorismo sbagliato?
I significati precisi di Dogtooth sono discutibili, ma il maggiore punto di forza del film è la sua esplorazione del linguaggio: come può essere manipolato e, paradossalmente, come sia potente e delicato allo stesso tempo.
Dogtooth lo esplicita fin dalla prima scena. I ragazzini senza nome sono costretti a imparare nuove parole dalle registrazioni fatte dai loro genitori; stranamente, però, queste registrazioni alimentano intenzionalmente l’ascoltatore con un vocabolario completamente ‘falso’. La parola “mare”, dice la voce, è un’altra parola per dire sedia; “Autostrada” è un forte vento; “Carabina” è invece un uccello.
A poco a poco, il significato di queste registrazioni diventa chiaro: i due adulti non vogliono solo tenere i loro figli lontani dal mondo reale, essenzialmente bloccandoli all’interno di un perimetro chiuso, ma li rendono incapaci di comunicare anche con esso. La loro manipolazione del linguaggio attraverso il loro strano sistema educativo significa che, anche se il figlio maschio e le due figlie femmine dovessero riuscire a sgattaiolare fuori nel mondo esterno, non avrebbero alcun reale mezzo per ambientarsi in una società più ampia.
La mancanza di cultura moderna all’interno della famiglia – film, libri e musica sono severamente vietati – significa che non avrebbero un vero terreno comune su cui ritrovasi con le persone della loro stessa età. Peggio ancora, il loro vocabolario disallineato significherebbe anche che non potrebbero avere una conversazione ‘regolare’, poiché sarebbe offuscata dalle incomprensioni. Con ogni probabilità, i giovani sarebbero costretti a correre indietro in cerca di certezza e riparo dai loro genitori – che, ovviamente, è esattamente ciò che i grandi vorrebbero.
Dogtooth dimostra, in soldoni, quanto la visione del mondo da parte di un bambino sia modificata e curata, in una certa misura, dalle azioni dei suoi genitori. Un film più recente come Hereditary – Le radici del male di Ari Aster (la recensione) mostra come i discendenti, le nevrosi e gli altri demoni di un genitore possano essere tramandati ai suoi figli, che lo vogliano o meno. Dogtooth mostra come la nostra percezione della realtà possa essere scolpita dai nostri genitori, al punto che qualcosa di assolutamente comune come un aereo di linea nel cielo può assumere una sorta di ‘verità parallela’.
Più in generale, la famiglia di Dogtooth, ampiamente governata dal padre senza nome (Christos Stergioglou), inizia rapidamente ad assomigliare a uno stato fascista in miniatura. La lingua che il padre e la madre (Michelle Valley) insegnano ai loro figli ricorda vagamente la Neolingua, la versione semplificata dell’inglese inventata da George Orwell nel suo romanzo 1984: cioè, quello stato in cui vigeva quella distopia credeva che se controlli la lingua, allora puoi controllare il pensiero. Se non c’è una parola che indica la ribellione, allora non può esserci ribellione.
Yorgos Lanthimos potrebbe non aver intenzionalmente deciso che il suo claustrofobico dramma familiare dovesse essere (anche) un’allegoria del fascismo, ma colpisce quanto la famiglia di Dogtooth assomigli a una specie di stato totalitario. Nel suo saggio estremamente influente Ur-Fascismo, lo scrittore Umberto Eco descriveva il fascismo suddividendolo in un elenco di 13 caratteristiche comuni. Queste sono troppo numerose e difficili da riportare in breve qui, ma ancora una volta sono notevolmente applicabili a Dogtooth.
Come la Germania di Adolf Hitler, la casa di Dogtooth è uno stato chiuso fondato su valori “tradizionali” – ci si aspetta che le due figlie siano pudiche e schive, mentre il maschio è super lodato – e viene loro insegnato che il mondo esterno è pericoloso e che probabilmente li distruggerà. In una scena strabiliante, il padre riesce a convincere la sua prole che i gatti domestici siano i loro nemici mortali – un predatore mortale che deve essere evitato a tutti i costi. (“La vita”, dice Umberto Eco di uno stato fascista, “è una guerra permanente”.)
Soprattutto, tuttavia, il punto finale dello scrittore tocca la tendenza del fascismo a manipolare e conoscere il linguaggio per controllare i gli individui:
“Tutti i libri di scuola nazisti o fascisti si sono avvalsi di un vocabolario impoverito e di una sintassi elementare, al fine di limitare gli strumenti per partorire ragionamenti complessi e critici. Ma dobbiamo essere pronti a identificare altri tipi di Neolingue, anche se assumono la forma apparentemente innocente di un talk show popolare”.
Come in 1984, Dogtooth può essere letto, quindi, come in modo satirico, un monito contro il pericolo del fascismo e il controllo e la manipolazione del pensiero in tutte le sue forme. Potremmo non vivere in uno stato fascista come la Germania nazista o l’Italia del Duce, ma vale la pena rimanere sempre vigili per captare i segnali di allarme che potrebbero portare a sistemi di governo così orribili. Oppure, per guardarlo in un altro modo, Dogtooth dimostra che il tipo di genitorialità della peggior specie può arrivare a assomigliare a un paese guidato da un leader totalitario, con le relative conseguenze.
In entrambe le letture, la conclusione di Dogtooth è sorprendentemente ottimista. Con mezzi illeciti, la figlia maggiore (Angeliki Papoulia) riesce a entrare in possesso di alcuni film di Hollywood su videocassetta e, attraverso essi, comincia a trovare la lingua per esprimersi – e con essa, la consapevolezza che ha bisogno di fuggire dai confini soffocanti della sua casa. Pur provando con ogni mezzo, il padre e la madre non riescono a fermare il mondo reale, con tutto il suo gergo, i colori e le tentazioni, dall’infiltrarsi nella piccola isola ‘felice’ che hanno creato per i loro figli.
Che si tratti dello stato o di una famiglia, sembra dirci Yorgos Lanthimos, il fascismo è destinato a fallire.
Di seguito il trailer italiano di Dogtooth (Kynodontas), nei cinema italiani dal 27 agosto:
© Riproduzione riservata