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Voto: 5.5/10 Titolo originale: Outbreak , uscita: 10-03-1995. Budget: $50,000,000. Regista: Wolfgang Petersen.

Dossier: Virus Letale di Wolfgang Petersen, una visione eroico-centrica di una crisi epidemiologica

27/04/2020 recensione film di William Maga

Nel 1995, Dustin Hoffman e Rene Russo si ritrovavano a fronteggiare una catastrofe sanitaria mondiale, che solo superficialmente si può paragonare a quella che stiamo affrontando nel 2020 a causa del coronavirus

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Solo una manciata di settimane fa, le persone si ritrovavano tranquillamente per gli aperitivi serali, bevendo e facendo baldoria in modo del tutto ignaro o provocatorio, riempiendo bar e locali sottovalutando il grave pericolo sanitario che stavano correndo (per loro stessi e gli altri intorno). Come sappiamo, nel giro di poco tempo c’è stata una escalation della situazione, con una nuova pandemia esplosa a livello globale, resa ancor più minacciosa perché difficilissima da contenere e contrastare. Una malattia spesso mortale, trasmessa ai più vulnerabili da coloro che spesso si considerano invincibili. Danzare mentre il mondo brucia.

virus letale 1995 film posterSicuramente, vista la situazione di lockdown e insicurezza che ci sta costringendo in casa da marzo, in molti hanno inevitabilmente ripensato al mondo del cinema e a quei film nei quali ‘rifugiarsi’ per cercare una sorta di catarsi in salsa hollywoodiana alla crisi. Se ci seguite, saprete che già abbiamo rivisitato Contagion di Steven Soderbergh del 2011 (il dossier), incentrato su un virus sconcertante simile al coronavirus e, parimenti, un’esplorazione di quanto sottile possa essere la linea tra l’apocalittico e il banale.

Ora è il turno di ripensare a un altro titolo ‘profetico’, Virus Letale (Outbreak), che presenta idee simili (un contagio virale, una minaccia invisibile), ma da un punto di vista decisamente meno cerebrale. Il film di Wolfgang Petersen, lanciato nel 1995, mostra oggi i segni del tempo, non va particolarmente per il sottile e non è certo di quelli che offrono considerazioni esageratamente profonde, riflettendo la sua natura anapologetica di disaster movie d’azione da 50 milioni di dollari di budget.

Per un film il cui argomento è l’epidemiologia, Virus Letale presenta un numero sconvolgente di esplosioni. Ma la totale mancanza di sfumature del film è di per sé rivelatrice: la sua schiettezza riesce a catturare alcune delle contraddizioni estreme di questo momento storico che stiamo vivendo: una situazione che alcuni trattano come un’emergenza e altri come un normale lunedì. La sceneggiatura presenta svariate ‘imprecisioni’ scientifiche, ma riesce a catturare uno dei dettagli più importanti della faccenda nel modo giusto. Capisce che, negli Stati Uniti, una delle maggiori minacce alla salute pubblica può essere la stessa cultura americana.

Visto l’impatto pubblicitario che ebbe già nel 1995 (e gli innumerevoli passaggi televisivi successivi), è possibile che in molti ricordino bene molte scene di Virus Letale. Ad esempio, particolarmente scioccanti sono le orribili manifestazioni della malattia semi-fittizia del film (una forma di febbre emorragica i cui sintomi sono molto simili a quelli dell’Ebola): le piaghe, il sudore, il modo in cui le persone sanguinavano dai loro occhi.

O, ancora, il momento in cui Robby (Rene Russo) si punge con un ago infetto attraverso gli strati della sua tuta protettiva, con la sua espressione che passa dal panico all’orrore mentre si toglie i guanti per capire se il proprio sangue sia stato contaminato. O quando il virus si diffonde in una sala cinematografica affollata: le particelle, impercettibili e mortali, che viaggiano – ballano, quasi – dalla bocca di un uomo infetto al corpo di una donna che ha aperto la bocca per ridere di gusto della commedia che passa sul grande schermo.

Tuttavia, tra le sequenze più sorprendenti di Virus Letale c’è quella in cui due famiglie, ‘ribelli’ e arrabbiate, cercano di sfuggire alla quarantena imposta dai militari che è stata indetta per la pittoresca cittadina costiera di Cedar Creek, California, nello sforzo estremo di contenere il contagio. Il tentativo dei nuclei di evadere alla quarantena imposta inizia con un inseguimento ad alta velocità – pickup che rimbalzano caoticamente su terreni non destinati alle automobili – e termina, perdonate lo spoiler vecchio di decenni, con la morte: un elicottero dell’esercito, dopo aver avvertito entrambe le famiglie che sparerà su di loro se continueranno il loro percorso verso la ‘libertà’ oltre le barriere, tiene fede alla minaccia. Gli spari colpiscono il motore di un veicolo (ne consegue un’esplosione).

La telecamera taglia quindi brevemente all’indomani della ‘resa dei conti’: una famiglia, bruciata viva all’interno del mezzo, punita graficamente per la ribellione dei suoi membri.

virus letale film 1995Se ricordate, anche Contagion presenta un tentativo di fuga dalla quarantena. Mitch Emhoff (Matt Damon) e sua figlia cercano infatti di sfondare una barriera della Guardia Nazionale nel loro tentativo di fuggire dal Minnesota, uno dei focolai nevralgici. Il loro sforzo, però – che consiste principalmente nel mite Mitch che cerca di spiegare a un membro della Guardia come lui sia a tutti gli effetti immune al virus – termina in un tranquillo insuccesso.

La differenza tra le due scene è anche la differenza tra i due film. Contagion si preoccupa, principalmente, dei sistemi e dei loro vincoli. È interessato al modo in cui i governi gestiscono le crisi riguardanti la salute pubblica e al modo in cui le diverse società in giro per il mondo interagiscono coi rispettivi governanti. È interessato alle informazioni e alla disinformazione.

Virus Letale, invece, è preoccupato principalmente di idee di più larga scala sull’individualismo eroico. Non è la storia di una rete di persone le cui vite si intersecano a causa di una pandemia; piuttosto, per larga parte, è la storia di un personaggio solo, Sam Daniels (Dustin Hoffman), un virologo militare che comprende meglio di chiunque altro la minaccia che il nuovo virus rappresenta.

Virus Letale è un film estremamente schietto, con eroi e criminali ben definiti. C’è Sam: un po’ Cassandra, un po’ Casanova, un po’ poliziotto cowboy, trascorre gran parte del film cercando di convincere altri personaggi – tra cui Robby, l’ex moglie che ancora ama – che dovrebbero essere molto più spaventati di quanto siano. E spende il resto del film ad aver ragione al 100%.

C’è il Maggiore Salt (Cuba Gooding Jr.), un virologo militare in fase di addestramento che, convenientemente, è anche un pilota di aerei abilissimo. Al rovescio della medaglia c’è il generale dell’esercito Donald McClintock (Donald Sutherland), che era a conoscenza del virus prima che si diffondesse negli Stati Uniti, e che rifiuta di pubblicizzare quella conoscenza, perché lo stava usando per sviluppare un’arma biologica. Con l’eccezione del generale Billy Ford (Morgan Freeman), che è contemporaneamente complice e in conflitto con lo schema di McClintock, in Virus Letale non si trovano praticamente zone grigie.

Mentre l’intuizione principale di Contagion è che la malattia virale colleghi le persone sia fisicamente che simbolicamente – la malattia riduce le persone alle ‘verità’ cellulari dei loro corpi – Virus Letale opta per l’ipotesi opposta, ovvero che c’è dell’eccezionalità da trovare persino, e soprattutto, all’interno delle pandemie.

virus letale 1995 film kkevin spaceyVirus Letale, in questo senso, offre le stesse facili rassicurazioni di qualsiasi altro film d’azione. Crea un universo in cui giusto e sbagliato sono entrambi estremamente – in modo cartoonesco – leggibili. I drammi messi sullo schermo sono, spesso letteralmente, di natura esplosiva. Si tratta di buon intrattenimento made in Hollywood, ma, come sta succedendo, offre un’estremamente scarsa comprensione dell’attuale pandemia che ci ha investiti nel 2020.

Una delle qualità distintive del COVID-19, dopo tutto, è proprio la sua mancanza di spettacolari drammi esplosivi, in dolby surround. Il virus ricorda l’influenza. Viene portato dagli individui, a volte, senza rivelare la sua presenza attraverso alcun sintomo fisico. In parte è micidiale perché sembra così banale. Si nasconde in bella vista. E combatterlo richiede, spesso, l’azione dell’inazione: restare a casa. Non facendo nulla.

Il che significa anche che il COVID-19 è quel tipo di malattia che viene aggravata in modo esponenziale da ipotesi fin troppo americane: che è possibile ‘cavalcare’ la pandemia senza cambiare le proprie abitudini o comportamenti. Che le persone possano — e dovrebbero — affrontarla da sole. Tale indipendenza è moralmente preferibile all’interconnessione.

E quell’eroismo è grandioso, rumoroso ed esplosivo. Virus Letale, in quel modo – nelle sue ipotesi fin troppo semplicistiche – ha anticipato parte di ciò che è accaduto davvero un paio di mesi fa. Ha previsto un momento in cui alcune persone avrebbero sfidato semplicemente le esortazioni degli esperti, o perché non erano a conoscenza dei motivi o perché avevano ritenuto opportuno ignorarli. Ha anticipato situazione in cui alcuni avrebbero risposto alle terribili minacce del contagio virale vantandosi che, invece di auto-mettersi in quarantena o praticare qualsiasi forma di allontanamento sociale, sarebbero usciti di casa per mangiare un hamburger o bere uno spritz, perché​ “Io faccio quello che voglio.” L’individualismo può essere una virtù; durante una pandemia mondiale, tuttavia, è una responsabilità.

È anche, più semplicemente, una bugia.

Di seguito il trailer di Virus Letale:

Fonte: TA