Voto: 7/10 Titolo originale: Gaia , uscita: 18-06-2021. Regista: Jaco Bouwer.
Gaia | La recensione del film horror sudafricano di Jaco Bouwer (NIFFF 20)
20/07/2021 recensione film Gaia di William Maga
Il regista torna sulle scene con un'opera ecologista pregna di riferimenti cristiani, visivamente avvincente ma poco coesa tematicamente
Data la minaccia esistenziale che il cambiamento climatico rappresenta per l’umanità, è sorprendente che non ci siano più film horror ecologisti in giro. Queste opere esistono – soprattutto quando sono coinvolte delle streghe – ma l’incombente crisi ambientale deve ancora trovare il veicolo giusto per sfondare davvero nel cinema mainstream. Questo suggerisce che il terreno è ampiamente fertile per Gaia, ultima fatica del regista sudafricano Jaco Bouwer (Balbesit: ‘n Studie in Stemme).
Gabi (Monique Rockman) sta vivendo il suo sogno. Come ranger di un parco nazionale in una zona non ben identificata del Sud Africa, la ragazza ha il compito di perlustrare la foresta e sostituire le schede di memoria in diverse fotocamere sparse per le vallate. Il suo viaggio però si rivela non poco insidioso: Gabi si ritrova però inseguita all’interno del fitto della giungla da misteriose creature per metà umane e viene ferita a un piede che inizia a sanguinare copiosamente. Inoltre, mentre claudica in cerca di aiuto, un nugolo di spore – che hanno una sorprendente somiglianza con il DNA umano- si diffonde tra la fitta vegetazione …
È qui che Gabi incontra Barend (Carel Nel) e Stefan (Alex van Dyk), un duo padre-figlio di singolari eremiti che conducono da una spartana esistenza nella zona desolata. La ragazza viene condotta alla loro capanna e, mentre la cura, Barend le racconta le cose incredibili che ha visto. Dio esiste come entità biologica che collega tutti gli elementi della foresta, spiega lui, e dopo anni passati a guardarci fare a pezzi la Natura in cerca di ricchezze, lei è pronta a riversare la sua ira su tutta l’umanità. E con alcuni funghi che iniziano a fiorire sulla sua persona, Gabi potrebbe essere la prossima vittima.
Gaia incede in un crescendo. Lo percepiamo attraverso la progressiva presa di coscienza di Gabi, che inizia a focalizzare i contorni di questo ‘dio’ attraverso gli insegnamenti di Barend e a esperire e lei stessa l’essenza, attraverso i sogni vividi quanto inquietanti che le mistiche spore alimentano. Scopre così che la giungla è piena di esseri umani infestati da funghi, creature che hanno una sorprendente somiglianza con lo zombi del popolare franchise della Naughty Dog The Last of Us. Scopre anche che Stefan è un giovane innocente che è cresciuto nella giungla dopo la morte di sua madre e ha imparato a fidarsi del valore di suo padre senza fare troppe domande.
Nonostante la sua premessa fantastica, Gaia è radicato nella mitologia cristiana. La sceneggiatura di Tertius Kapp trae infatti ispirazione dai personaggi chiave sparsi in tutto l’Antico Testamento. Barend ha anche una sorprendente somiglianza con i profeti che si trovano nelle storie bibliche illustrate; ha una barba disordinata e infila la sua figura snella in abiti fluenti e un cappuccio di stoffa (un’iconografia che ricorda il San Paolo eremita). Quando parla, dedica le sue altisonanti parole alle profezie del giorno del Giudizio e a una guerra in corso tra dio e l’umanità. E come Abramo prima di lui, Barend è chiamato a dimostrare la sua fede con un estremo sacrificio.
Nel fondere la micologia con la religione, Gaia vuole cavalcare il suo worldbuilding sulle tradizioni giudaico-cristiane. Quando Gabi chiede a Barend di uscire per un appuntamento con il suo dio, lui ride. “Era qui molto prima che le scimmie iniziassero a sognare gli dei”, sentenzia, suggerendo che la sua ‘dea della Terra’ ha contribuito a formare le credenze religiose dei nostri antenati per millenni. Ma nella scelta di sposare l’iconografia religiosa con elementi di fantascienza, Gaia fatica a trovare un linguaggio comune tra due concetti che si rivelano incompleti e incompatibili. Piuttosto che elevarsi a vicenda, questi temi minano il potenziale complessivo offerto dalla storia.
Dobbiamo credere, come sembra suggerire lo stesso Barend, che il fanatismo sia il risultato naturale della scoperta scientifica? Supponiamo che la biologia di Dio imiti quella del Pando (aka Trembling Giant), il sistema boschivo a radice singola situato nello Utah. Come dovremmo comprendere i vari movimenti dell’ospite e delle spore? In molti casi, Gaia chiede allo spettatore una comprensione più profonda dell’ecosistema in cui si muovono i personaggi, solo per ritirarsi nel simbolismo religioso che mantiene la sceneggiatura in movimento. Il film non ci deve tutte le risposte, ma il divario tra concept ed esecuzione lascia su carta molte delle migliori idee dello script. Non si ha la sensazione che Jaco Bouwer stia lavorando con un manuale particolarmente completo.
Nonostante i facili paragoni con Annientamento di Alex Garland (la recensione), il parallelo migliore per Gaia potrebbe essere allora con Laguna Blu di Randal Kleiser. Proprio come quel film, sia Gabi che Stefan trascorrono la maggior parte del loro tempo intenti con nozioni di sesso, subliminali o meno, aggiungendo un pizzico di Eden ai suoi punti di riferimento biblici.
Dal momento che non sappiamo nulla di Gabi prima che arrivi al capanno, è difficile dire se il suo atteggiamento difensivo verso (e attrazione per) Stefan sia ‘in linea’ con il suo carattere. Proprio come il resto del film, dobbiamo quindi prendere le molte sequenze oniriche per il loro ‘valore nominale’.
Tutte queste mancanze rendono difficile godersi gli elementi che invece risplendono in Gaia. Il direttore della fotografia Jorrie van der Walt cattura la foresta in tutta la sua naturale bellezza, aprendo il film con una serie di riprese aeree mozzafiato che stabiliscono la vastità della giungla (e il mondo capovolto in cui Gabi sta per entrare). Nel frattempo, la colonna sonora del compositore Pierre-Henri Wicomb crea una serie di droni digitali inquietanti e dal suono organico. In un’opera con così tante imperfezioni, è facile identificare i momenti che riescono a distinguersi.
Quando arriva il momento di gettare le basi del tuo film, come regista puoi fare molto peggio di un’ambientazione incredibile e una premessa assolutamente intrigante. Nelle mani degli attori giusti – interpreti le cui scelte possano trasmettere una narrazione interiore avvincente – Gaia avrebbe potuto crescere rigogliosamente solamente sulle musiche e sulle scenografie. Ma il resto manca della coesione necessaria per garantire un’esperienza visiva completa. Gaia troverà senza dubbio il suo pubblico appoggiandosi meramente sulla sua premessa e sull’ambizione, ma non pochi lo vedranno più come un’occasione mancata che una visione capace di restare nel tempo.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Gaia:
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