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Voto: 4.5/10 Titolo originale: I Spit on Your Grave: Déjà Vu , uscita: 23-04-2019. Regista: Meir Zarchi.

I Spit On Your Grave: Deja Vu, la recensione del rape & revenge di Meir Zarchi

02/05/2019 recensione film di William Maga

Il regista 81enne sceglie di girare una sorta di remake del suo classico Non Violentate Jennifer, richiamando Camille Keaton, ma il risultato è tutt'altro che memorabile

i spit on your grave deja-vu 2019

Nonostante le inevitabili polemiche suscitate al momento dell’uscita (e in seguito), è abbastanza innegabile che I Spit on Your Grave (da noi uscito come Non violentate Jennifer) sia stato un film piuttosto potente, per molti aspetti. Normale quindi (?) che i fan dell’originale abbiano poi guardato con interesse al remake diretto da Steven R. Monroe del 2010. E poi ad successivi due sequel (2013 e 2015). Come chi ci ha perso qualche ora di vita saprà bene, la nuova ‘trilogia’ si è rivelata tutt’altro che appassionante o pregevole, dimenticandosi molta della crudezza e persino del messaggio implicito al capostipite, preoccupandosi più che altro di lavorare soprattutto a una confezione pulita e ‘aggiornata’.

I Spit On Your Grave Deja Vu film posterIn ogni caso, quasi dal nulla, e dopo ben quattro anni di attesa, è infine stato distribuito I Spit on Your Grave: Déjà vu, non il quarto capitolo della recente saga, bensì sequel diretto del classico del sottogenere rape & revenge del 1978. Questa operazione, rivelatasi a conti fatti fondamentalmente – e pietosamente – commerciale, aveva al momento dell’annuncio rinnovato l’attenzione sul titolo perché vede addirittura il clamoroso rinnovo del sodalizio artistico tra la star – oggi 71enne – Camille Keaton e lo sceneggiatore / regista Meir Zarchi. Una coppia che lasciava intendere possibili ‘faville’, visto il tempo che ci avevano messo per mettersi d’accordo e provarci. Missione fallita.

La storia vede ancora protagonista Jennifer Hills, che ha pubblicato un libro in cui ha raccontato la sua straziante esperienza di 40 anni prima e attualmente lo sta promuovendo in giro per gli Stati Uniti. Dopo aver pranzato con sua figlia Christy (Jamie Bernadette), le due donne vengono rapite da alcuni membri superstiti delle famiglie degli assalitori / stupratori, che cercano vendetta per i loro cari uccisi. Questa ‘fase’ del film si dilata per i primi quarantacinque minuti; il resto delle estenuanti 2 ore e ventotto è nient’altro che l’ennesimo remake dell’originale, questa volta con l’avvenente ventenne progenie di Jennifer come perno centrale della narrazione. “Déjà vu” appunto.

Per capirci, il primo atto di I Spit On Your Grave: Deja Vu è disseminato di clip tratte dal film del 1978 sotto forma di flashback (completi di esilaranti sibilanti effetti sonori), e la conversazione telefonica iniziale alla radio è essenzialmente uno di quei terribili video di YouTube che spiegano i finali di un dato film, che ci racconta le ovvietà sul perché Jennifer abbia fatto quello che ha fatto, nel modo in cui lo ha fatto. Per dimostrare ulteriormente che abbiamo a che fare con un lavoro assolutamente grossolano, veniamo quindi immediatamente catapultati dentro al ristorante di cui sopra, tra spiegazioni abbozzate, riprese digitali poco curate e un livello di recitazione generale prossimo all’amatoriale.

Camille-Keaton-In-I-Spit-On-Your-Grave-Deja-Vu1-1024x574Proprio quest’ultimo elemento affligge l’intero minutaggio. Sembra che Camille Keaton abbia perso gran parte della scintilla drammaticamente selvaggia di un tempo, ritrovandosi ora a ricorrere spesso a urla d’ordinanza con espressone vacua.

A tal proposito, la 31enne scream queen dedita ai C movies Jamie Bernadette (The 6th friend, American Satan) interpreta sua figlia con tutta l’assenza di emozioni possibile, e non esattamente perché è il ruolo più o meno a richiederlo. Maria Olsen, interpretando la moglie del Johnny di Non violentate Jennifer, prova a dare una connotazione odiosa al suo personaggio, ma spesso finisce sopra le righe e fuori posto per il suo essere eccessivamente forzata e ‘lampante’ nelle esposizioni. In realtà, peggio di lei riesce però a fare Jonathan Peacy, nei panni del fratello di un altro membro della gang originale, che evidentemente ha cercato di ispirarsi al Bill Moseley apprezzato svariate volte nei film di Rob Zombie, ma finendo per buttarla malamente sulla caricatura esasperata di uno di quei redneck sdoganati da Un tranquillo weekend di paura.

Ah, per chi se lo domandasse, non manca nemmeno il gigante mentalmente disabile, ovviamente balbuziente e con la stessa iniziale reticenza a fare qualcosa di sbagliato già vista nel 1978. In sostanza, tutti i cattivi di I Spit On Your Grave: Deja Vu riescono in un modo o nell’altro a risultare ridicolmente fastidiosi e, francamente, non molto minacciosi, prosciugando il lungometraggio del suo potenziale più orrorifico e credibile, nonostante lo splatter e i soprusi non manchino. Le interazioni tra i personaggi sono completamente imbastite esclusivamente su frasi urlate e grida o, quando fisiche, sono brutalmente imbarazzanti (vedere la scena del rapimento all’inizio). Se solo non sprizzasse pressapochismo da ogni poro, sarebbe pure divertente.

Maria Olsen in I Spit on Your Grave Deja Vu (2019)Quello che davvero infastidisce di più guardando scorrere le immagini è che, al di là delle scene scioccanti e provocatorie, l’idea aveva delle potenzialità. Come intuibile, attorno a una vittima di violenza sessuale che viene trascinata a distanza di anni nel suo inferno personale proprio quando sembrava fosse finalmente sul punto di lasciarsi la traumatica esperienza alle spalle, si sarebbe potuta imbastire una narrazione importante e non per forza superficiale, anzi.

Ad esempio, il rapimento avrebbe potuto innescare ricordi dolorosi che avrebbero potuto condurre ad una esplorazione psicologica non banale della PTSD o di altri disturbi traumatici. Lo stato della moglie come manifestazione fisica dell’incolpare le vittime (nonché ulteriore ingranaggio nella perpetua ruota della vendetta) avrebbe potuto essere arricchito ed approfondito. Come vedete, ci sarebbe del materiale, quindi l’aver privilegiato la facile via dell’ennesimo sciapo rimpasto di Non violentate Jennifer è una sorta di insulto agli appassionati.

In definitiva, se 4 anni di ‘limbo’ distributivo e 142 minuti di durata non rappresentassero un biglietto da visita sufficiente per starne lontani, dovrebbero pensarci la prevedibilità, i momenti ridicoli e la mancanza di idee messe sul piatto dall’81enne Meir Zarchi a convincervi a non perderci del tempo prezioso.

Di seguito il trailer internazionale di I Spit On Your Grave: Deja Vu: