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Il diario da Venezia 77 | Episodio 0: Al Lido … una Mostra del Cinema rosa shocking

01/09/2020 news di Giovanni Mottola

Primo approccio con una manifestazione diversa dal solito, tra misure di sicurezza anti-COVID, meno film, pochi ospiti e una spiccata votazione al femminile

mostra cinema venezia 77 2020

Nemmeno la Venezia di Charles Aznavour, soltanto un anno dopo, appariva così triste. Dodici mesi fa, di questi stessi giorni, la Mostra del Cinema faceva la conta delle produzioni più attese, dei divi più osannati e soprattutto di una folla di pubblico in festosi assembramenti alla rincorsa delle prime e dei secondi. Quest’anno tutto è ribaltato: le produzioni scarseggiano, a causa dell’interruzione forzata dei lavori sui set nel periodo da marzo fin quasi ad oggi; molti divi, in particolare quelli americani, non possono raggiungere il Lido; e gli assembramenti sono vietati per legge.

È in questo clima che tra poche ore inizierà l’edizione numero 77 della Mostra del Cinema, una delle principali rassegne culturali di un Paese che per la cultura mostra sempre meno attenzione e competenza, soprattutto da parte delle istituzioni. Valga come simbolo la dichiarazione con la quale il Primo Ministro Giuseppe Conte, annunciando in una delle sue numerose conferenze degli ultimi tempi i provvedimenti in favore dei lavoratori dello spettacolo, li ha definiti “I nostri artisti che ci fanno tanto divertire e tanto appassionare”. Non si vuol certo mettere in croce il Premier per una frase, pur infelice e più adatta a un monarca intento a parlare dei buffoni di corte, ma piuttosto perché questo scivolone è solo la manifestazione esteriore di una scarsa considerazione e quasi di un fastidio, ben radicato nella nostra classe dirigente, verso tutto ciò che attiene alla cultura. A fronte di quella dichiarazione alcuni artisti hanno espresso rimostranze, altri hanno schiumato rabbia in silenzio, forse per evitare di disturbare il manovratore.

mostra cinema venezia 77 2020 leoneBisogna però anche dire che spesso sono essi stessi i colpevoli della scarsa considerazione di cui godono. All’infuori dell’ottantasettenne Sandra Milo, incatenatasi davanti a Palazzo Chigi per sensibilizzare le istituzioni sui problemi creati dal coronavirus ai lavoratori dello spettacolo, quasi nessuno è stato capace di esternare un pensiero diverso da: “Restate a casa” o “Lavatevi bene le mani”. In una situazione in cui ogni categoria si lamentava e protestava – commercianti, ristoratori, tassisti, negozianti etc. – i membri di una di quelle più danneggiate, e al contempo più estrose per natura, tacevano o diffondevano messaggi di sconcertante banalità.

Le spiegazioni possono essere due. Da un lato, in Italia tutto il settore culturale e in particolar modo il mondo del cinema sono legati a filo doppio a sussidi e contributi statali, ergo non si può rischiare di giocarseli con qualche dichiarazione sgradita. Dall’altro lato gli artisti, per la convenienza di non finire fuori dal coro o perché si sentono investiti di grandi responsabilità etiche, sono ormai propensi a sposare esclusivamente cause che hanno già trovato numerosi mariti.

Un piccolo episodio lo dimostra.

Un paio di mesi fa, sull’Harper’s Magazine, 150 intellettuali di ogni provenienza geografica e ideologica hanno pubblicato un documento intitolato “Lettera sulla giustizia e sul dibattito aperto” allo scopo di denunciare i rischi del pensiero unico politicamente corretto che infuriava nella società a seguito dell’assassinio di George Floyd. Ebbene, in quell’occasione nessuno tra gli artisti e gli intellettuali italiani – solitamente pronti con la penna in mano per qualsiasi appello – era tra i firmatari né ha ripreso in alcun modo l’argomento. Di questo coro intellettuale che affligge il nostro Paese la Mostra di Venezia è solitamente vittima, ritrovandosi di fatto costretta a seguire le tendenze più in voga, ma qualche volta anche megafono.

Quest’anno, per esempio, sui 18 film selezionati nel Concorso principale, 8 sono diretti da donne. Nulla da eccepire, se non fosse che nel 2018 la proporzione era di uno su ventuno e lo scorso anno 2 su 21. Meglio così, per carità. Bisogna però sottolineare che entrambe le volte la cosa fu fatta notare al Direttore Alberto Barbera, in particolare lo scorso anno, quando la polemica fu innescata dalla Presidente di Giuria, Lucrecia “Carneade” Martel (in prima linea anche contro Roman Polanski e il suo bellissimo L’ufficiale e la spia), che propose di organizzare un’edizione del Festival con almeno la metà di film diretti da donne. In quelle circostanze Barbera replicò che il difetto stava a monte, nelle scarse possibilità fornite alle donne di entrare nel circuito (parola orribile) cinematografico, e che le sue selezioni erano esclusivamente basate su criteri artistici e non certo di genere. Siamo felici di scoprire che, proprio in un anno in cui di film ne sono stati girati assai meno del consueto, il Direttore sia riuscito a trovare così tanti bei film diretti da registe.

Non contento di fare trenta, Barbera ha fatto trentuno, pescando tra il sesso femminile anche i due Leoni d’Oro alla Carriera (la regista di Hong Kong Ann Hui e l’attrice britannica Tilda Swinton), il Presidente della Giuria principale (Cate Blanchett), quello di Orizzonti (Claire Denis) e quello della Realtà Virtuale (Celine Tricart) – i cui film non saranno più visibili all’isola del Lazzaretto Vecchio ma soltanto in streaming – lasciando ai maschietti soltanto la Presidenza del Concorso per la Miglior Opera Prima, nella persona del regista italiano Claudio Giovannesi. Se Alberto Barbera intendeva evitare di essere accusato di maschilismo per il terzo anno consecutivo, dovrebbe esserci riuscito. Restando in tema di giuria, quella principale, oltre all’australiana Cate Blanchett, si compone della regista austriaca Veronika Franz, la regista britannica Joanna Hogg, il regista tedesco Christian Petzold, l’attrice francese Ludivine Sagnier, l’attore americano Matt Dillon in sostituzione del regista rumeno Cristi Puiu, impossibilitato a venire al Lido.

Anna Foglietta e Alberto Barbera venezia 77Quasi tutti nomi europei, in ragione delle restrizioni agli spostamenti, ai quali si aggiunge lo scrittore Nicola Lagioia in rappresentanza italiana. Non essendo quest’ultimo un uomo di cinema, in sede di valutazioni il nostro Paese avrà dunque un peso specifico assai modesto. Con ogni probabilità la Presidente Blanchett non sa nemmeno chi egli sia, ma probabilmente noterà al volo che con la sua espressione smorta sembra la negazione vivente del detto latino secondo il quale nel nome è custodito il destino (Nicola La Tristezza, casomai). In conclusione, resta da dire che la madrina sarà Anna Foglietta. Romana, classe 1979, in carriera ha spaziato dal teatro alla televisione, fino al cinema.

Forse in omaggio alle origini napoletane della sua famiglia, ha cominciato portando in palcoscenico spettacoli della tradizione partenopea ad inizio anni Duemila, per poi specializzarsi in polizieschi televisivi e infine diventare uno dei volti di punta delle commedie cinematografiche di casa nostra (ha lavorato, tra gli altri, con Paolo Genovese, Carlo Verdone e i fratelli Vanzina). Le toccherà un compito difficile. Innanzitutto perché dovrà reggere il confronto con la madrina uscente, Alessandra Mastronardi, che si dimostrò una padrona di casa gentile e aggraziata. Ma soprattutto perché dovrà essere il “braccio” della ditta Anna & Barbera (laddove la mente è ovviamente il Direttore), la cui ragione sociale è convincerci che questo sarà un festival bellissimo come quello degli altri anni, pieno di film interessanti anche se di autori poco conosciuti, dove tutte le varie restrizioni dovute alla pandemia non daranno alcun fastidio. Quando in realtà si preannuncia tutto il contrario.

La Foglietta dovrà ricorrere a tutta la sua bravura di attrice e d’altra parte il suo anagramma, “Finga: à talento“, sembra rivelare che potrebbe farcela. A dirla tutta, del suo nome esiste anche un altro anagramma, che in un certo senso potrebbe essere visto come omaggio alla bellezza della neo-madrina. Al lettore il compito di scoprirlo, perché il tono da caserma non permette di scriverlo.

Di seguito il trailer di Molecole di Andrea Segre, il film documentario che aprirà la Mostra del Cinema: