Voto: 6/10 Titolo originale: Inexorable , uscita: 31-03-2022. Regista: Fabrice Du Welz.
Inexorable: la recensione del morboso film di Fabrice Du Welz
17/10/2021 recensione film Inexorable di Sabrina Crivelli
Benoît Poelvoorde, Mélanie Doutey e Alba Gaïa Bellugi sono i protagonisti di un thriller derivativo, in cui non risaltano le consuete prerogative della poetica del regista belga
A due anni dall’uscita di Adoration (2019, la nostra recensione), Fabrice Du Welz torna ora dietro alla mdp per un thriller teso, sensuale e morboso. Almeno nelle premesse. Con Inexorable, infatti, il regista belga conferma la sua predilezione per i rapporti disfunzionale e gli amori ossessivi, ma rispetto al film del 2019 il tono risulta essai meno estremo e il canovaccio più tradizionale.
La premessa non è inedita: una donna molto disturbata, si innamora di un uomo sposato, che ha lavorato con il regista anche nel precedente Adoration) e si insinua nella sua vita nel tentativo di sedurlo. Thriller dalle dinamiche già viste più volte, Inexorable si apre con una famiglia molto abbiente che si trasferisce nella nuova gigantesca residenza nelle campagne belga. Lo scrittore Marcel Bellmer (Benoît Poelvoorde) e la moglie – e sua editrice – Jeanne (Mélanie Doutey) hanno deciso infatti di andare ad abitare nella casa del padre di lei con la figlioletta Lucie (Janaina Halloyìn). Visto l’enorme parco che circonda la proprietà e l’amore della bambina per gli animali, adottano anche un animale domestico, Ulysses. Qui entra in gioco Gloria (Alba Gaïa Bellugi).
La ragazza si presenta davanti alla porta di casa Bellmer con il cane, che era scappato verso la strada. Ulysses è ancora cucciolo indisciplinato, perciò necessita di addestramento, e la misteriosa giovane si dimostra la candidata ottimale allo scopo. Silenziosa e introversa, come da copione, ha un passato misterioso, cela un segreto e una doppia inquietante personalità. La nuova arrivata andrà – come è previsto – a sconvolgere un equilibrio familiare già piuttosto instabile.
Tutti i protagonisti, a partire da Marcel, sono riconducibili a tipi umani abusati da una nutrita filmografia. Siamo davanti al prototipico scrittore in crisi, minacciato da una figura femminile forte, Lucie, insieme moglie, ricca ereditiera, e suo editore, visto che dirige la casa editrice del da poco scomparso padre (oltre che sua ‘scopritrice’). I sentimenti dell’uomo per la donna, con cui è sposato da 25 anni, appaiono contradditori. Certo si insinua una discreta dose di insoddisfazione e una strisciante insofferenza, che a tratti traspare tra un affettato slancio di affetto coniugale e una défaillance a letto.
Le origini di tale frustrazione non sono del tutto chiare; plausibilmente è dovuta alla pressione delle aspettative per il suo prossimo lavoro, oppure alla sua dipendenza e inferiorità economica nei confronti della consorte. Quest’ultima, oltre che palesemente innamorata, pare avere per lui anche quel senso di reverenza che si prova per i grandi autori e artisti. Tuttavia, a tratti è fin troppo perentoria nell’imporre il proprio parere (impone perfino alla figlia il vestito da indossare al compleanno), e questo mette in discussione l’autorità – e virilità – di lui.
Quando Gloria, assai più giovane e meno imperiosa, rivela quindi al protagonista che ‘il suo libro le ha salvato la vita’, è sicuramente un richiamo irresistibile per l’ego dell’insicuro Marcel. Bella e insistente, la ragazza lentamente si avvicina all’oggetto del suo desiderio, in un gioco di seduzione dagli esiti prevedibili.
Come pure per diversi altri ingredienti di Inexorable, l’epicentro della narrazione, ossia la stalker passivo-aggressiva, non è certo qualcosa di inedito al cinema. Anzi, si può facilmente affermare che la figura della donna ossessionata – come molti dei fondamenti del plot del film – sia un po’ la summa di una serie di psicotiche femme fatale già viste in passato, da Inserzione pericolosa (1992) a la Mano sulla culla (1992), passando per Attrazione fatale (1987).
Va detto che Alba Gaïa Bellugi, nonostante la derivatività del suo personaggio, riesce a dar vita a una giusta combinazione tra timidezza, erotismo e maniacalità. Le delicate sfumature nella mimica e nella gestualità concretizzano la complessa gamma di emozioni che il suo ruolo richiede. Anche le prove degli altri attori principali si attestano su livelli altrettanto credibili. A questo si aggiungono momenti particolarmente riusciti: autolesionismo, manipolazione e un finale cupo e disperato sono tra le qualità migliori di Inexorable.
Parimenti, la fotografia estremamente luminosa delle campagne e le riprese più chiaroscurali e claustrofobiche degli interni conferiscono agli eventi – e al vissuto dei protagonisti – quella contrastante sensazione tra solare e opprimente che ha contraddistinto da sempre il cinema di Fabrice Du Welz.
E se le dinamiche e la trama già visti affliggono inevitabilmente la visione di Inexorable, è soprattutto il modo in cui il soggetto viene sviluppato a zavorrare la riuscita complessiva del film. Il prorompente mix di angoscia, nichilismo e morbosità visti in Calvaire (2004), Alleluia (2014) e Adoration è decisamente – e inspiegabilmente – ridimensionato qui, visto che la storia vi si sarebbe prestata benissimo. Così, sebbene la figura di Giulia sia accostabile alla poetica del malessere profondo tipica dei lavori del cineasta belga, la parabola ossessiva nei confronti di Marcel finisce per essere sbrigativa, superficiale.
Il problema centrale di Inexorable finisce per concernere la sceneggiatura scritta a sei mani da Fabrice Du Welz insieme a Joséphine Darcy Hopkins e Aurélien Molas, che sembra mancare dell’auspicato approfondimento e dello slancio per permettere a personaggi già di per se derivativi di compire il salto per diventare personalità sfaccettate e altre, come era ad esempio avvenuto per i due giovani e controversi amanti di Adoration.
Di seguito trovate una clip di Inexorable, la cui uscita in Italia al momento non è nota:
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